Guerra, morte e cronaca: “In prima linea”, articoli e reportage di Marie Colvin, uccisa in Siria

di Emiliano Chirchietti
Pubblicato il 14 Marzo 2021 - 11:39 OLTRE 6 MESI FA
Guerra, morte e cronaca: “In prima linea", articoli e reportage di Marie Colvin, uccisa in Siria

Guerra, morte e cronaca: “In prima linea”, articoli e reportage di Marie Colvin, uccisa in Siria

Marie Colvin era una giornalista di guerra, reporter pluripremiata, corrispondente per gli Affari esteri per il Sunday Times. 

Fu uccisa in Siria il 22 febbraio 2012 mentre documentava l’assedio di Homs.  “In prima linea” è il libro che raccoglie tutti i suoi articoli e reportage. 

Il volume è edito da Bompiani per la collana “Munizioni”. 

Una parte dei proventi ricavati dalla vendita sarà devoluta al “Marie Colvin Memorial Fund”, istituita dalla famiglia per onorare il suo ricordo. E per portare avanti l’impegno che aveva profuso per tutta la vita nel campo degli aiuti umanitari, dei diritti umani, del giornalismo, e del diritto allo studio. 

Appena si comincia a leggere si avverte immediatamente di avere tra le mani un libro importante. 

“A interessarmi è l’esperienza delle persone che vivono sulla propria pelle le ricadute più immediate della guerra,” scriveva Marie Colvin. “Le persone che vengono mandate a combattere e quelle che cercano solo di sopravvivere”.

Americana per un giornale inglese sui teatri di guerra

Nata negli Stati Uniti nel 1956, Marie Colvin si laurea all’Università di Yale.

Inizia la sua carriera di reporter a New York, per poi approdare al quotidiano britannico Sunday Times nel 1985. 

Questa raccolta propone la sua produzione giornalistica, cominciando da un articolo del gennaio 1987 dal centro di Bassora assediata dalle forze iraniane. Fino all’ultimo pezzo, quello del 19 febbraio 2012, scritto da Homs, Siria, martoriata dal fuoco.

Venticinque anni di coraggio e passione dentro questo libro.

Diviso in tre parti, ci porta negli scenari di guerra più cruenti.

Marie Colvin ce li ha raccontati senza sconti per nessuno, a schiena dritta.

“Andare sul posto di persona per vedere che cosa succede è l’unico modo per giungere alla verità” scriveva nel 2001. 

Dalla guerra del Golfo alla Siria

La necessità – e forse anche qualcosa di più – che aveva di testimoniare i fatti per dare voce alla verità, è ben rappresentata in questo libro. La Guerra Iran-Iraq, la Guerra nel Golfo, i conflitti in Kosovo, in Cecenia, in Etiopia, nella Sierra Leone, nello Sri Lanka. Le varie crisi in Medio Oriente, le Primavere Arabe, la caduta di Gheddafi, di Saddam, il conflitto tra Palestina ed Israele. E molto altro ancora, sono i drammatici eventi che ha voluto raccontare, fino alle estreme conseguenze.

Questo itinerario, fatto di grandi e piccole storie, restituisce al lettore una mappa inedita del mondo, dove i confini sono labili, ridisegnati ogni volta secondo i criteri della politica, delle guerre, tirannie, speranze, morte e potere.

“All’orizzonte brillavano immensi lampi gialli. Il suono di un impatto alla mia destra, lo spostamento d’aria mi scaraventa dall’altra parte della stanza. Dall’edificio si alzano volute di fumo. Ormai era impossibile illudersi che fosse un falso allarme, che a tirare fossero degli artiglieri con i nervi poco saldi. Erano le 2.35, ora irachena, e Baghdad era sotto attacco” (pagina 77).

 

“Ho visto con i miei occhi le voragini aperte nei tetti e nelle pareti delle tre abitazioni della famiglia Jashari: una per i nonni di Besarta, una per Hamëz e una per Adem. Ho visto le pareti butterate dai fori bruni che lascia il fuoco delle mitragliatrici a distanza ravvicinata. Sull’aia fangosa erano sparpagliati i resti di una vita domestica: la sacca sportiva di un ragazzino, ridotta a brandelli, le cartoline dei parenti che vivono in Germania e un piatto satellitare ammaccato dalle pallottole. Tra quei poveri resti spiccavano le ogive e gli alettoni di coda di due razzi” (pagina 153).

Una scrittura semplice, diretta, asciutta, che fa il suo compito. 

Ma c’è anche altro, qualcosa che non ti aspetti, poesia. Certo, sono echi lontani, dosi microscopiche sapientemente miscelate qua e là, ma ci sono. 

Eccone un esempio: “Al mio arrivo i caccia russi hanno aggredito e distrutto il veicolo a bordo del quale stavo viaggiando, poi erano tornati alla carica, più e più volte, sparando missili nel campo dove avevo cercato rifugio all’ombra di una betulla nana” (pagina 215).

“All’ombra di una betulla nanna”, uno sprazzo di poesia, il fioco lume di una lanterna nel buio. Ed è forse questa la misura della Colvin, la capacità di utilizzare le parole per dare voce alla verità senza mai abdicare all’esercizio della speranza, anche nei momenti più difficili. 

Questa raccolta, tra articoli e reportage, conta ben 99 scritti. Ne ho scelti tre.

Il primo, “Sono stata colpita. Mi colava del sangue dall’occhio – ho provato un’immensa tristezza al pensiero che stavo per morire” del 22 aprile 2001. 

Marie Colvin subisce un’aggressione in territorio srilankese mentre rientra da un incontro con i leader delle Tigri Tamil. Rischiò di morire e perse un occhio. Ad un certo punto scrive: “I miei scopi erano quelli di qualunque giornalista. Sono penetrata nelle aree controllate dai ribelli perché raccogliere le dichiarazioni delle Tigri Tamil e scrivere di una crisi umanitaria sulla quale nessuno aveva ancora speso una parola mi sembrava una cosa importante” (pagina 297). 

Il secondo, 21 ottobre 2001, “Il coraggio? È non avere paura di avere paura”.

Premiata come “Donna dell’anno” la Colvin illustra nel suo discorso la natura complessa del coraggio. Ci sarebbe da citarlo tutto: “ Il tuo compito è riferire con tutta la sincerità di cui sei capace, dire quello che hai visto e farlo mettere agli atti. E informazioni di quel genere, in guerra, non si ottengono senza andare nei posti dove la gente si becca le pallottole, e dove sparano addosso anche a te. La cosa davvero difficile è conservare una briciola di fiducia nel genere umano, scommettere sul fatto che a qualcuno importerà.” (pagina 317). 

Il terzo, 19 febbraio 2012, “Ultimo aggiornamento da Homs martoriata dal fuoco”. 

Marie Colvin è l’ultima giornalista rimasta nell’enclave siriana di Baba Amr per riferire sull’assedio in corso: “Il freddo e la fame la fanno da padrona su uno sfondo di boati e raffiche. I telefoni non funzionano più e la fornitura di corrente elettrica è interrotta. Alcuni hanno piccole scorte di carburante diesel per le stufe di latta che li riscaldano nell’inverno siriano più rigido a memoria d’uomo. La pioggia gelida riempie le buche nell’asfalto e la neve entra a folate dalle finestre senza più vetri. Non ci sono più negozi aperti, per cui le famiglie condividono il poco che hanno con parenti e vicini di casa. Spesso i morti e i feriti sono persone uscite dai nascondigli in cerca di cibo. (pagina 751). 

Questo è il suo ultimo articolo. Pochi giorni dopo cadrà vittima dell’esplosione di un razzo.

“Non si può scrivere di guerra e farlo come si deve senza esporsi a degli imprevisti”, affermava Marie Colvin. 

“In prima linea” è uno di quei libri che quando finisci di leggere lo senti più pesante tra le mani.  

“In prima linea. Tutti gli articoli e i reportage”, di Marie Colvin, Bompiani, pp.784, €24,00 formato cartaceo, €15,99 formato digitale.