Hitler 1918-20: nell’esercito l’apprendistato decisivo. Il libro di Plöckinger

Pubblicato il 11 Marzo 2013 - 08:54| Aggiornato il 13 Settembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Hitler 1918-20: si svolse nell’esercito l’apprendistato decisivo per la carriera di dittatore sanguinario del futuro Fuhrer. E’ la tesi dello storico austriaco Othmar Plöckinger, illustrata nel suo ultimo libro (“Unter Soldaten und Agitatoren. Hitlers prägende Jahre im deutschen Militär 1918-1920”- Fra soldati e agitatori. La formazione di Hitler nella Germania militare 1918-1920) recensito con grande evidenza dal settimanale Der Spiegel.

Se per l’Hitler del Mein Kampf l’assunzione del destino di politico inizia con la fine della prima guerra mondiale, Plöckinger sposta di due anni questa consapevolezza. Non decise nel ’18 di diventare un tribuno, né disponeva degli strumenti intellettuali e organizzativi per tentare una carriera politica. Del resto, cosa poteva fare un povero soldato alla fine di una guerra disastrosa e persa? Solo riuscire a restare un soldato.

E infatti il caporale Hitler, pluridecorato, senza legami, senza arte né parte, ottiene, 10 giorni dopo l’armistizio, l’assegnazione al reggimento del presidio di Monaco di Baviera. Pasti gratis, 40 marchi al mese, un posto caldo dove dormire che, in quel freddo inverno tedesco, non era affatto poco.

Per decenni gli storici hanno provato a stabilire come e quando un rachitico aspirante pittore si sia potuto trasformare in un tiranno assassino e dove il giovane Hitler abbia ricevuto le influenze più rilevanti. Forse nelle sue prime peregrinazioni e vagabondaggi austriaci, oppure più tardi, nella “tempesta d’acciaio” della guerra?

No, per Othmar Plöckinger “il periodo decisivo che ha dato forma alla vita di Hitler coincise con l’ambiente militare a Monaco dal ’18 al ’20”.  E’ qui che sviluppò in forma definitiva il suo latente anti-semitismo, il suo anti-bolscevismo e dove maturò le esperienze che gli servirono come propagandista e leader del futuro partito nazional-socialista dei lavoratori.

Gli archivi cui ha avuto accesso Plöckinger, gli consentono di elencare i “talenti”, le capacità apprese nell’esercito. In qualità di membro della commissione d’inchiesta del reggimento (siamo nell’epoca delle sollevazioni rivoluzionarie filobolsceviche) apprende le tecniche di contrasto dei politici rivali.

Frequentò i corsi di anti-comunismo dell’esercito, studiando su testi reazionari che (contro Weimar) aspiravano a una estinzione rapida delle procedure democratiche-parlamentari, imparò a tenere discorsi con vasti uditori e affinò l’arte della propaganda. E’ all’età di 30 anni, dopo aver lasciato gli studi a 16, che Hitler si trovò ad acquisire, è la conclusione di Plöckinger, “le conoscenze chiave per guidare un movimento”. Una lezione, anche per coloro che si ostinano a distinguere, discettando di totalitarismi, improbabili origini “buone”, da opporre agli sviluppi calamitosi. “Il fascismo degli inizi aveva alto il senso dello Stato”, ha sostenuto Roberta Lombardi, capogruppo 5 Stelle alla Camera: siamo sicuri che anche Adolf Hitler, negli anni decisivi della sua formazione politica, alla patria tedesca ci tenesse con altissimo senso dello Stato. Difficile capire come ciò possa rappresentare un’attenuante storica.