Lega e mafia, Castelli querela gli autori del libro Metastasi

Pubblicato il 24 Gennaio 2011 - 16:27 OLTRE 6 MESI FA

Roberto Castelli

Il viceministro Roberto Castelli ha depositato oggi presso la Questura di Lecco un atto di querela nei confronti di Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli, autori del libro ‘Metastasi’ e nei confronti di Chiarelettere, casa editrice del libro. Castelli ha anche annunciato di aver dato mandato ai propri legali per intentare causa civile alla Rai per la puntata di Annozero del 9 dicembre scorso, intitolata ‘L’amico terrone’ che ebbe tra gli ospiti Nuzzi e lo stesso viceministro.

A questo proposito nel testo della querela si legge: ”Quanto narrato nel libro, in relazione ai presunti rapporti tra il boss della ‘ndrangheta Coco Trovato e il sottoscritto ha una chiarissima valenza diffamatoria. Accostare una qualsiasi persona, a maggior ragione un esponente politico, a un comprovato boss mafioso è lesivo della sua reputazione e provoca discredito pubblico”. ”Il sottoscritto – prosegue Castelli – non ha mai avuto alcun tipo di frequentazione con il boss Franco Coco Trovato, che nel 1990 era già famoso per le sue attività poco commendevoli ed anzi ha sempre combattuto la criminalità, in specie quella organizzata, sia come politico sia come ministro della Giustizia: in tale veste infatti ha stabilizzato il 41 bis e lo ha applicato a centinaia di mafiosi, compreso Coco Trovato”.

In relazione poi alla responsabilità diretta dei giornalisti la querela riporta: ”Gli autori del libro non possono liberarsi di ogni dovere di verifica prima di scrivere, sottoscrivere e proporre all’editore alcunché, solamente precisando che sarà la magistrature a verificare i fatti (…). Il giornalista ha il dovere di controllare per evitare che la stampa diventi cassa di risonanza delle contumelie e delle malevoli critiche di terzi. Nel caso in specie gli autori hanno evitato anche i controlli più semplici, che avrebbero portato a riconoscere immediatamente la assoluta falsità del racconto proposto dal Di Bella”.

“Assolutamente puerile appare poi l’uso di un nome in codice, Gamma, quando, come nel caso in specie, è accompagnato da così tanti elementi riconoscitivi da risultare superfluo: gli autori, lungi dal voler tutelare l’esponente politico e tenerlo lontano dalla gogna mediatica fino alla fine delle indagini giudiziarie, lo hanno indicato chiaramente nel libro con una serie di indizi inequivocabili e appena sette giorni dopo il Di Bella lo ha chiamato per nome e cognome durante una delle trasmissioni a più alto indice di ascolto su Rai2 in prima serata”.