La Croazia riscrive la storia: “Marko Polo era un nostro connazionale”

Pubblicato il 22 Aprile 2011 - 15:59 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Marko Polo avrà un suo museo a Yangzhou, in Cina. Avete letto bene: Marko Polo, con la “k”. Perché sarebbe questo il nome dell’esploratore secondo l’ex presidente croato Stjepan Mesic, che rivendica l’autore del Milione come suo connazionale. Dopo i catalani con Cristoforo Colombo, ora i croati vogliono fregare all’Italia la paternità di Marco Polo.

A raccontare la notizia, riportata dall’agenzia cinese Hina, è Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. Il giornalista autore del celebre “La Casta” ricorda che non è la prima volta che lo scopritore della Cina viene additato come  croato: qualcuno farebbe risalire questa’attribuzione di nazionalità alla leggenda secondo cui Marco Polo venne catturato dai genovesi nel 1298 in una battaglia navale al largo dell’isola di Curzola, in Dalmazia. Una leggenda smentita dallo storico della zona Alvise Zorzi, che spiega: “«Pare piuttosto che, durante uno dei suoi viaggi, fosse finito nelle mani di corsari genovesi davanti a Laiazzo, sulla costa della Cilicia”.

Ma il punto, sottolinea Stella, è che, anche se Marco Polo fosse nato casualmente a Curzola, l’isola era all’epoca “venezianissima”. E attribuire la nazionalità croata a chi nacque in quell’isola a quell’epoca, nota stella, è “una stravaganza storica”. Come se Giuseppe Garibaldi, nato a Nizza, venisse definito francese.

“Con tutto il rispetto per Stjepan Mesic, conclude Stella, possiamo accettare che vada lì a ringraziare “per l’onore concessogli di essere lui a inaugurare un museo dedicato “a un viaggiatore del mondo nato in Croazia, il quale ha aperto la Cina all’Europa, e che con i suoi scritti ha anche risvegliato l’interesse dell’Europa per la Cina”? Alla larga dal nazionalismo rancoroso e dal risentimento per l’espulsione di 350 mila italiani dall’Istria, dal Quarnero e dalla Dalmazia: abbiamo già visto, proprio nella ex Jugoslavia, cosa può succedere se si coltiva l’odio. È andata così, amen. Lo sgarbo di Yangzhou, però, è l’ultimo di una serie di ‘appropriazioni indebite’ da parte dei nazionalisti di Zagabria di un patrimonio culturale che non è loro.”