Monaco 1938, la tesi dello scrittore Harris: “Altro che disastro, fu un successo di Chamberlain”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Settembre 2017 - 05:24 OLTRE 6 MESI FA
Monaco 1938, la tesi dello scrittore Harris: "Altro che disastro, fu un successo di Chamberlain"

Monaco 1938, la tesi dello scrittore Harris: “Altro che disastro, fu un successo di Chamberlain”

LONDRA – L’accordo a Monaco del 1938 tra Chamberlain e Hitler rappresentò un successo per il primo ministro inglese e non per il Furher: è la nuova tesi di Richard Harris, noto scrittore e giornalista inglese, che nel nuovo libro “Munich” sostiene che molti storici abbiano dato una lettura del “vertice” assolutamente sbagliata.

Monaco, per i britannici, è un nome che è sinonimo di tradimento. Nel suo Fuhrerbau, l’ufficio di Hitler, un monumentale edificio in pietra bianca nel cuore della città, costruito 79 anni fa, il primo ministro britannico Neville Chamberlain firmò accordo con Adolf Hitler, impegnandosi a risolvere le dispute future fra Germania e Regno Unito con mezzi pacifici.

Il 30 settembre 1938, Chamberlain tornò a Londra, mostrando l’accordo scritto a mano, affermando che aveva persuaso Hitler a firmare. Questo, dichiarò con orgoglio, rappresenta “pace e onore, garantirà la pace”.
Frasi che hanno echeggiato nei decenni successivi, danneggiando la reputazione di Chamberlain, scrive il Daily Mail.

“Pacificatore” è diventata una delle invettive più dure da lanciare a un politico.
Il ricordo di Monaco fu strumentalizzato nella disastrosa invasione dell’Egitto di Eden nel 1956 in cui cercò di riprendere il Canale di Suez, così come l’attacco di George Bush e Tony Blair, all’Iraq nel 2003.
Saremo fortunati, osserva il tabloid britannico, se Donald Trump non lo sfrutterà per giustificare un’azione militare contro la Corea del Nord.
E se la l’opinione diffusa sulla malvagità di Monaco non fosse sbagliata? E’ un dato di fatto che Hitler fosse infuriato del risultato.

Ma allora qual è la verità? Chamberlain fu il grottesco protagonista descritto dalla storia o, come suggerisce Harris, un uomo che portò alla rovina Hitler con un colpo da maestro?
L’incontro tra Chamberlain e Hitler ebbe luogo a meno di 20 anni di distanza dalla fine della Grande Guerra, che costò milioni di vite: una generazione di donne è cresciuta dovendo fare in conti con l’assenza di fidanzati, mariti e padri.
L’idea di un’altra guerra era orrenda al punto che nel febbraio 1933, la mozione “l’House of Commons, non combatterà in alcun modo per il re e il Paese”, della Oxford Union, ebbe 138 voti favorevoli su 275.
Per la prima volta lo spettro di un attacco aereo massiccio previsto dagli esperti, aveva perseguitato le società occidentali. Stanley Baldwin avvertì la House of Commons il 10 novembre 1932:”Penso che i cittadini debbano rendersi conto che non c’è potere sulla Terra che possa proteggerli dai bombardamenti. I cacciabombardieri avranno sempre la meglio”.

L’unico modo per sfuggire a un’altra catastrofe, era ricorrere al pacifismo, il rifiuto delle armi in qualsiasi circostanza.
Quando è scoppiata la seconda guerra mondiale, tra i più accesi accusatori di Neville Chamberlain, c’era il laburista Michael Foot uno degli autori di Guilty Men, sul fallimento della politica estera britannica pre-bellica, e nel 1940 fu un libro influente.
Ma Foot, ha mancato di ricordare che negli Anni Trenta il suo Partito laburista ha combattuto con le unghie e con i denti contro il riarmamento.

Anche successivamente a quando Hitler prese il potere in Germania nel 1933, pochi cittadini britannici, e pochi politici salvo Winston Churchill, erano d’accordo a sacrificare la vita di milioni di persone per ricostruire le difese del Regno Unito.
Nel 1938, le forze armate britanniche erano in condizioni disperate  a causa di una totale mancanza di volontà nazionale di migliorarle.
La Cecoslovacchia era un Paese giovane, con meno di 20 anni, e come molte delle nazioni nuove e vecchie dell’Europa Orientale, aveva una minoranza di lingua tedesca, quasi 3 milioni di persone ossia un quarto della popolazione.
Per anni, Hitler aveva sfruttato la difficile situazione dei “tedeschi sudeti”, la maggior parte dei quali erano cechi contro la loro volontà.

Un’altra frase per la quale Chamberlain è spesso deriso, è la sua descrizione della Cecoslovacchia come “un paese lontano di cui non sappiamo nulla”, quando parlava dell’assurdità dei soldati inglesi che morivano.
Tuttavia, va considerato quanto sia difficile trovare un moderno primo ministro, in grado di conciliare l’elettorato attuale con la nozione di truppe britanniche che sfidano l’aggressione russa contro gli Stati baltici, membri della NATO e dell’UE.

Nel 1938, Chamberlain era certamente nel giusto quando credeva che il popolo britannico si sarebbe tirato indietro da una guerra per impedire alla Germania di annettersi la Cecoslovacchia, abitata da tedeschi Sudeti. Molti di loro pensavano di appartenere alla Germania di Hitler e che il Trattato di Versailles del 1919, dopo la prima guerra mondiale, avesse commesso un’ingiustizia decretando in modo contrario.
Per quanto riguarda il Primo Ministro Chamberlain, nel 1938 era il politico più rispettato della Gran Bretagna, aveva perseguito delle politiche economiche che avevano salvato la Nazione dalla depressione e portato una nuova ondata di prosperità, se non al nord, al sud dell’Inghilterra.

Quando volò a Monaco, era al culmine della carriera. E stringendo la mano di Hitler capì chiaramente che era arrivato a Monaco non avendo quasi nessuna carta da giocare.
L’esercito ceco era una forza formidabile e con i rinforzi avrebbero liquidato le ambizioni tedesche, dicono i detrattori di Chamberlain,  ma  come potevano i britannici e i francesi combattere adeguatamente, separati da centinaia di chilomentri dal luogo dell’alleato ceco?
Il punto chiave del nuovo lavoro di Robert Harris, è che nella mente di Hitler la porzione dei Sudeti ha offerto la migliore giustificazione per una guerra, che mai altrimenti avrebbe avuto luogo, migliore perfino del pretesto usato quando un anno dopo ha invaso la Polonia.
Nel contempo, come riconosceva Hitler, il popolo inglese non aveva il minimo desiderio di combattere per la Cecoslovacchia. I dominions, guidati dal Canada e dall’Australia, avrebbero quasi certamente rifiutato di associarsi a quella causa.

Per cui, Hitler a Monaco di Baviera voleva e si aspettava una guerra, fiducioso di vincere. E s’infuriò quando il Primo Ministro britannico, persuadendo la Francia a unirsi nel cedere alla Germania il suddetto territorio, lo privò del suo “momento di gloria”.
L’errore storico di Chamberlain, che egli stesso ha rapidamente riconosciuto, fu quello di tornare nel Regno Unito e presentare il suo sordido tradimento nei confronti della Cecoslovacchia come un trionfo, salutando dal balcone di Buckingham Palace accanto al re e alla regina.
Nessuno avrebbe puntato un centesimo sul “pezzo di carta” che descriveva l’accordo ceco come “simbolo del desiderio dei nostri due popoli di non combattersi a vicenda”.

Nell’arco di sette mesi, Hitler aveva usato l’annessione come un lasciapassare per “mangiarsi” la Cecoslovacchia.
Le conseguenze fondamentali dell’accordo di Monaco e che tutti scoprirono furono le menzogne di Hitler e le sue illimitate ambizioni. Aveva dato la sua parola a un onesto e onorato Primo Ministro britannico e poi lo aveva irrispettosamente distrutto.
Nel settembre 1939, quando la Gran Bretagna entrò in guerra a sostegno della garanzia del trattato di Chamberlain per proteggere la Polonia, era una nazione unita di fronte al male, come non era accaduto un anno prima.
Altrettanto importante, fu il riarmamento che nel frattempo aveva fatto passi da gigante.
La precedente accettazione del Primo Ministro, e l’autocompiacimento nel presentare l’accordo come risultato personale, lo hanno condannato anche agli occhi dei posteri.
“Sono parzialmente d’accordo con Robert Harris, rifiuto di vedere una virtù in ciò che ha fatto Chamberlain, radicato in una crudele realpolitik. Tuttavia condivido l’opinione dello scrittore, per cui l’accordo era inevitabile e, in ultima analisi, serviva bene agli interessi della Gran Bretagna”, scrive Max Hastings sul Daily Mail.

Infine, Chamberlain, durante i primi mesi del conflitto scoppiato l’anno successivo, si addossò la colpa, diventò sinonimo nazionale dei fallimenti della diplomazia e del disastro della guerra in Norvegia nel 1940, quando una spedizione di anglo-francese mandata nella Nazione invasa dalla Germania, fu costretta a ritirarsi con pesanti perdite.
“Un ex Primo ministro, Stanley Baldwin, aveva intenzione di essere spiritoso, anzi maligno, quando nel 1935 scrisse ad un amico  spiegando perché si rifiutò di nominare Churchill per il suo Gabinetto: “Dobbiamo tenerlo fresco per quando sarà primo ministro nel corso della guerra”, scrive Hastings.

“Se il “Grande Inglese” fosse diventato Primo ministro nel 1937, 1938, 1939, sarebbe stato totalmente incapace di eludere le sventure a quel tempo in corso in Gran Bretagna. Churchill entrò in carica nel maggio del 1940, Chamberlain lo ha sostenuto fedelmente”.
Sir Michael Howard osserva che se Chamberlain fosse morto prima di Monaco, oggi sarebbe considerato un grande uomo, mentre se Churchill fosse morto nel 1938, sarebbe ricordato come un fallimento.
Se Adolf Hitler fosse stato sincero nell’effettuare l’annessione, l’accettazione di Chamberlain oggi potrebbe essere vista come una mossa del tutto ragionevale.
Ma il Fuhrer, invece, voleva una guerra e dominare il mondo.
“La giusta lezione di Monaco non è, come spesso viene fatto in modo errato, che dovremmo evitare di contrattare con i tiranni. Il mondo andrà molto meglio quando i leader occidentali moderni accetteranno la necessità di fare accordi con Putin e il presidente cinese Xi”.
“Dobbiamo tuttavia riconoscere che non c’è alcuna possibilità di convincere queste persone a mantenere la parola data o rispettare i nostri interessi, a meno che non si abbiano forze armate adeguate per difenderli, se necessario, con la forza”, conclude Hastings.