Nazisti, a Roma una rete clandestina lo salvò, sterminò 500mila ebrei

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Ottobre 2018 - 06:54 OLTRE 6 MESI FA
Otto Gustav von Wächter, il barone nazista che mandò a morire 500mila ebrei

Otto Gustav von Wächter, il barone nazista che mandò a morire 500mila ebrei

ROMA – Durante la Seconda Guerra Mondiale, il barone Otto Gustav von Wächter, Gruppenführer delle SS, mandò alla morte 500.000 ebrei, nel 1940 fu responsabile dell’espulsione di 68 mila ebrei da Cracovia e della creazione del Ghetto per gli altri 15 mila che rimasero nella capitale.

A raccontare la fuga del “gentiluomo” dopo la guerra è lo scrittore Guy Walters, autore del libro “Hunting Evil. Intrigue: the Ratline”, che è diventato il soggetto di un podcast della BBC, scaricabile gratuitamente su iPhone, iPad, tablet e smartphone. Una sera dell’aprile del 1949, un bell’uomo di mezza età scese da un treno alla stazione centrale di Roma. Senza un posto dove stare e solo una manciata di contatti, probabilmente era estremamente insicuro e ansioso ma il 47enne era abituato a a queste emozioni poiché negli ultimi quattro anni, fin dalla fine della guerra, era stato in fuga. Per più di tre anni si era nascosto in capanne e baracche nelle Alpi austriache, accompagnato da un ex delle SS. Con le truppe britanniche e americane che perlustravano le valli sottostanti, l’uomo avrebbe riflettuto sulla sua vita precedente durante la guerra, quando era governatore nazista della provincia polacca della Galizia, un generale delle SS con il potere di vita e di morte su milioni di persone.

Ed era un potere che l’aristocratico Otto Gustav von Wächter era stato più che felice di esercitare. Durante i due anni trascorsi nella provincia, circa 500.000 ebrei furono inviati alla morte, mentre centinaia, forse migliaia di altri, furono uccisi in rappresaglie. Come grande criminale di guerra, accusato dal governo polacco fin dall’ottobre 1942, non sorprende che alla fine del conflitto mondiale, Wächter si sia rifugiato di corsa sulle colline.

Ma a Roma, quella notte,l’ex pezzo grosso nazista era ormai solo un pesce piccolo, un relitto: non aveva amici, nessun potere né idea di cosa sarebbe accaduto in futuro. Horst von Wächter, figlio del barone, sostiene che suo padre fosse un “buon nazista” e non fu responsabile dei terribili crimini commessi contro gli ebrei e di tanti altri quando era il governatore della Galizia. Cercando di stabilire la verità, il conduttore del podcast, Philippe Sands, un avvocato specializzato in diritto internazionale, è apparso come avvocato alla Corte internazionale di giustizia e alla Corte penale internazionale dell’Aia.

L’interesse di Sands per la famiglia von Wächter e il destino di Otto non è solo in relazione alla professione ma, inoltre, perché il nonno e altri familiari furono uccisi in Galizia dai nazisti durante la guerra. Ciò significa che il padre di Horst è stato responsabile della loro morte, il che rende il rapporto tra Sands e Horst a dir poco difficile. Nonostante i due uomini abbiano interpretazioni così diverse della colpevolezza di Otto von Wächter, in tutta la serie Horst condivide oggi privati di famiglia che si trovano nella soffitta del magnifico castello. Ci sono centinaia di lettere dei suoi genitori scritte durante la guerra, numerosi cimeli, tra cui un libro regalato a Otto per il 43° compleanno dal capo delle SS, Heinrich Himmler. In una lettera di von Wächter inviata alla moglie il 29 agosto 1942 c’è tutto il divario tra mondanità e l’orrore di quel momento:

“Non c’è molto lavoro in giro. Gli ebrei vengono deportati in numero crescente ed è difficile per questo procurarsi la terra per il campo da tennis”.

In quelle semplici frasi, von Wächter ha reso l’essenza di quella frase famosa di Hannah Arendt dopo l’Olocausto, “la banalità del male”. La cosa più tremenda di tutte, la più notevole che ha da dire sulla distruzione della vita umana riguarda il fatto che un minor numero di lavoratori ebrei influirà sulla manutenzione del campo da tennis. Sand ricostruisce l’immagine di von Wächter: la vita di giovane privilegiato fin quando è diventato uno dei primi austriaci ad abbracciare il nazismo nei primi anni Venti. L’amore per il fascismo rese fuggiasco von Wächter per due volte. La prima fu nel 1934, in seguito alla sua partecipazione all’uccisione del cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss in un fallito tentativo di colpo di stato nazista.

La seconda volta nel maggio 1945. Dopo la guerra, von Wächter scappa dalla Galizia nelle Alpi austriache e, infine, a Roma, dove finisce con i personaggi più diabolicamente sfuggenti che si possano immaginare. Tra loro c’era il famigerato vescovo Alois Hudal, il capo della congregazione austro-tedesca a Roma, che ha aiutato a scappare molti nazisti. La ratline, da cui il podcast prende il nome, era un sistema di vie di fuga per mezzo del quale criminali di guerra nazisti e collaborazionisti fuggirono, in prevalenza verso l’America Latina, dai processi a loro carico in Europa alla fine della seconda guerra mondiale. I nazisti sono fuggiti utilizzando varie reti ad hoc che sono state mantenute attraverso il passaparola informale e non attraverso un’organizzazione ufficiale. Quando Guy Walters intervistò il criminale di guerra e l’ex ufficiale della Gestapo, Erich Priebke, che era riuscito a fuggire in Argentina dopo la guerra, alla domanda se esistesse un’organizzazione di quel tipo, rise e disse che lo avrebbe desiderato ma era arrivato in Sud America senza un soldo.