Papa russo, amico di Putin, “ponte” con gli ortodossi: dopo Bergoglio andrà così?

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 8 Settembre 2016 - 11:06 OLTRE 6 MESI FA
Papa russo, amico di Putin, "ponte" con gli ortodossi: dopo Bergoglio andrà così?

Papa russo, amico di Putin, “ponte” con gli ortodossi: dopo Bergoglio andrà così?

La vigilia dell’elezione di un nuovo Pontefice non è affare della sola cattolicità. Il mondo è interessato. Sicché l’interesse travalica i confini del Vaticano per assumere connotati di natura geopolitica e, quindi, interessare anche i non-credenti, oltre chi professa altre confessioni.  La premessa, per quanto scontata, è d’obbligo perfino davanti ad un romanzo incentrato sulle vicende inerenti la scelta del successore di Pietro. Del resto è stato sempre così. Il capo della Chiesa cattolica è qualcosa di più di un leader religioso.  Ancor più oggi, visto ciò che accade tra le sacre mura e si diffonde ben oltre di esse.

Alla morte di Papa Bergoglio i cardinali riuniti in conclave non riescono ad eleggere il suo successore. Riunione dopo riunione, scrutinio dopo scrutinio nella Cappella Sistina sembra che lo Spirito Santo si neghi ai porporati gettandoli nello sconforto. Qualcuno è meno sconfortato di altri, comunque. Si tratta del cardinale Emmanuel Bernhardt, arcivescovo di Parigi, indomito sostenitore della “Chiesa di sempre”, un “tradizionalista” si potrebbe dire, e perciò considerato principale esponente dell’ala continuista  nel Sacro Collegio.

Davanti al blocco determinatosi, l’autorevole porporato ritiene che non vi sia alternativa al suo piano, coltivato per lungo tempo, frutto di una meditazione profonda sullo stato della Chiesa,  volto ad evitare  la radicale divisione tra i grandi elettori. Avvicinando, con prudenza e circospezione, prima coloro che ritiene più prossimi alle sue idee, poi quanti sono titolari di consistenti “pacchetti di voti”, infine i più scettici ma non per questo meno consapevoli della gravità della situazione, il cardinale francese ottiene il consenso della maggioranza intorno al nome di Nikolaj Sofanov, arcivescovo di San Pietroburgo, autorevole pastore non meno che influente “politico” che coltiva ottimi rapporti tanto con il mondo ortodosso che con la nomenclatura russa.

È, insomma, un  uomo apprezzato anche da chi non condivide totalmente le sue idee.  Il prelato, comunque,  non è tra gli elettori in quanto non fa parte del collegio cardinalizio, ma questa non è una difficoltà insuperabile dal momento che soltanto una prassi consolidata vuole che il Papa  sia un cardinale, ma nessun canone lo statuisce: nella storia della Chiesa non sono stati infrequenti i papi che non avevano neppure un titolo vescovile. Chiamato in Vaticano in tutta fretta, dunque, Sofanov arriva a Roma, sospettando che qualcosa di grandioso e di tragico al tempo stesso si stia realizzando. Condotto nella Cappella Sistina, davanti a cardinali entusiasti, scettici e contrari diventa, per necessità, Pontefice romano assumendo il nome di Metodio nel ricordo di uno dei due evangelizzatori degli slavi, l’altro fu Cirillo.

Sull’intera operazione politica-religiosa veglia una sorta di “Spectre”, la Fratellanza, organizzazione senza volto e senza patria, di ispirazione laicista e mondialista, che vede come il fumo negli occhi l’ascesa al Soglio di Pietro di un russo custode dell’ortodossia e, per di più, amico di Vladimir Putin con il quale ha condiviso l’infanzia e l’adolescenza a Pietroburgo. Con lui l’avvicinamento tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa, cominciato con l’incontro cubano tra Papa Francesco ed il Primate di Mosca Kirill, avrà un impulso decisivo: la profezia di Fatima probabilmente si avvererà e la Cristianità uscirà vittoriosa dallo scontro con le forze più o meno oscure illuministiche e massoniche. Metodio è, insomma, il nemico implacabile del modernismo i cui nemici si annidano anche in Curia.

Come andrà a finire non lo sveleremo qui.

L’avvincente romanzo di Mauro Mazza, appassionante e stilisticamente elegante, dischiude orizzonti imprevedibili che non mancheranno di suscitare interrogativi anche di carattere geo-politico e geo-religioso in chi vorrà addentrarsi in una trama costruita sull’attualità appena mitigata dalla fiction. L’autore, con una competenza formidabile sulle problematiche anche squisitamente religiose, unita ad una felice scrittura che rende la narrazione piacevolissima alla lettura, offre un quadro delle vicende ecclesiastiche che dischiudono un orizzonte sul quale già si soffermano gli osservatori, vaticanisti e non.

Il futuro, infatti,  su cui Mazza si esercita  è, in una certa misura, già qui tra noi. In Vaticano come nelle periferie della Chiesa la confusione è grande. Il narratore, con finezza e grande conoscenza delle problematiche che scuotono la cristianità, offre uno spaccato tutt’altro che irrealistico di ciò che potrebbe accadere in un tempo non molto lontano. Il “destino” del Papa russo, insomma, ci riguarda da vicino.

 

MAURO MAZZA, Il destino del papa russo, Fazi Editore, pp. 253, 16,00 euro