Sergio Saviane, il “rompicoglioni” pioniere della critica tv. (Massimo Del Papa)

di Daniela Lauria
Pubblicato il 13 Gennaio 2015 - 08:15| Aggiornato il 8 Febbraio 2015 OLTRE 6 MESI FA
Sergio Saviane, il "rompicoglioni" pioniere della critica tv. (Massimo Del Papa)

Sergio Saviane, il “rompicoglioni” pioniere della critica tv. (Massimo Del Papa)

ROMA – Sergio Saviane fu innanzitutto un giornalista scomodo, un paroliere dalla penna affilata, libero e indomabile che non risparmiava nessuno, neppure gli amici, proprio per questo persi per strada. Fu l’irriverenza fatta persona. Anzi, fatta critico televisivo, genere di cui fu certamente il pioniere e che gli valse la popolarità con la sua fortunata rubrica sul settimanale L’Espresso. E pure la “rovina”.

Oggi a ripescarlo dall’oblio in cui è sprofondato ad appena 13 anni dalla sua morte è il libro di Massimo Del Papa intitolato, non a caso, “Il rompicoglioni. L’eredità perduta di Sergio Saviane“. Non una biografia, ma “un ritratto appena”, come si è sommessamente etichettato lo stesso Del Papa.

Un condensato di 92 pagine, che ripercorrendone brevemente scritti e opere, oggi quasi introvabili, si allarga poi a una considerazione, triste, sul giornalismo in Italia. Su quell’eredità mai più raccolta e un modo di fare giornalismo che, secondo Del Papa, non esiste più. “L’attualità di Saviane sta nella sua assenza, nella sua scomparsa”.

E’ a Saviane che dobbiamo neologismi strepitosi ormai entrati nella Treccani e nello Zingarelli, come “mezzobusto”, che coniò per i conduttori del telegiornale dopo aver osservato che Mario Pastore del Tg2 nella sua fissità somigliava a una delle statue dei padri della patria al Pincio. O i “pippibaudi“, nomignolo con cui si riferiva metonimicamente a tutti i presentatori televisivi. E ancora “velinaro“, espressione anche questa inventata per i giornalisti Rai, intesi come specialisti in censura preventiva. Altrimenti detti “capotreni del punto e virgola“, “frenatori“, “piantoni della forbice“.

Saviane fu un giocoliere delle parole ineguagliabile. Fu il primo a intuire le trame di quel grande carrozzone della spartizione politica che era la tv di Stato ai tempi di Fanfani e Bernabei. E a dissacrarne i protagonisti con le sue feroci critiche. Ma fu soprattutto un bastian contrario e un campione di meschinità.

Critico e criticato, persino il Quartetto Cetra gliene cantò quattro, dedicandogli “La ballata del critico tv”. Fino al suo allontanamento dall’Espresso, dopo 23 anni di (dis)onorata carriera. Ad accoglierlo fu un altro grande alfiere del giornalismo controcorrente, Indro Montanelli, che a fine carriera, quando tutti lo avevano piantato in asso, si offrì di ospitare i suoi “mal di pancia quotidiani”, sulla Voce.

Saviane, ha scritto Nanni Delbecchi sul Fatto Quotidiano, era “uno che si sceglieva i nemici con la stessa cura con cui di solito in Italia si scelgono gli amici”.