Smartphone, capitolo 1 di Tecnologie radicali, di Adam Greenfield, naturalmente versione eBook

di Emiliano Chirchietti
Pubblicato il 21 Febbraio 2018 - 05:38 OLTRE 6 MESI FA
Adam Greenfield

Adam Greenfield

ROMA – Aprendo questo libro, Tecnologie radicali, di Adam Greenfield, nella pagina che precede l’introduzione, troverete una frase del filosofo Peter Sloterdijk: “ Bisogna diventare esperti di cibernetica per restare umanisti ”. Cercando di interpretarla, scavando nello spazio imbevuto di paradosso che si delinea ad una prima analisi, emerge un significato che è ben più profondo. Le parole che lo studioso tedesco ci sussurra alle orecchie hanno la forza di un vero e proprio monito, quasi a voler mettere in guardia l’umanità da un futuro che sta forgiando ma del quale ignora natura e rischi.

Sloterdijk non lascia spazio al fraintendimento ed abbraccia la chiarezza: occorre conoscere e comprendere le tecnologie evolute che stanno cambiando radicalmente il  nostro modo di vivere. In gioco c’è la nostra identità di uomini e donne.

Ecco, troverete proprio questo nel saggio: un’attenta esplorazione delle vette più alte dei saperi innovativi che la tecnologia  scala ad una velocità inedita e densa di contraddizioni.

“ Tecnologie radicali ” si dispone su dieci capitoli. L’indice ci accoglie con familiarità. E non potrebbe essere altrimenti, perché i titoli che si susseguono scorrendolo, riportano chiunque a temi centrali, e talvolta intrusivi, della nostra quotidianità: smartphone, internet delle cose, realtà aumentata, fabbricazione digitale, criptovaluta, blockchain, Bitcoin, automazione, apprendimento automatico ed intelligenza artificiale; sono queste le mappe da interpellare.

E non sorprende che il primissimo capitolo parli proprio di « Lui », deus ex macchina, l’estensione moderna del nostro corpo, lo Smartphone.

Con attenta analisi Greenfield setaccia ogni aspetto di questo strumento che ha trasformato l’esperienza con la quale guardiamo al mondo: “ l’integrazione di più tecniche della vita quotidiana all’interno di questo singolo dispositivo ci priva di un’ampia gamma di luoghi urbani, gesti e pratiche peculiari e riconoscibili: camminare per strada e alzare una mano per fermare un taxi; radunarsi di fronte alla vetrina di un negozio di elettrodomestici per guardare in una batteria di schermi i risultati delle elezioni o un’acrobazia in una partita di calcio; fermarsi in un’edicola per il giornale del pomeriggio; entrare da un fiorista o chiedere informazioni alla polizia municipale; darsi appuntamento sotto l’orologio della Grand Central di New York, o al grande magazzino Wako di Ginza a Tokyo, o nella hall del Saint Francis Hotel di San Francisco.” ( posizione 207 ).

Greenfield non preclude al suo ragionamento di andare anche oltre, facendo emergere peculiarità invisibili agli occhi dei più. “ In questo senso [ afferma ] il cellulare si mostra per ciò che è realmente: una finestra che si apre su quell’intreccio di connessioni e accordi tecnici, finanziari, legali e operativi che costituiscono un dispositivo e un ecosistema di servizi al giorno d’oggi ” ( posizione 296 ).

Un modo per sfuggire alla trama che questo diabolico mezzo tesse con minuziosa malvagità ci sarebbe, ma non è semplice metterlo in atto: disconnettersi, scollegarsi. Beato chi può farlo. A tutti gli altri, in bocca al lupo.

Non c’è dubbio che anche dopo aver letto questo capitolo continueremo ugualmente a tenere smaniosamente tra le mani i nostri smartphone, ma la maturata consapevolezza con la quale lo utilizzeremo, forse, lo farà pesare un po’ di più.

Se il 2007, con il lancio ufficiale del primo iPhone, è l’anno nel quale scoppia la « rivoluzione », quelli successivi sono come nidi nei quali, innovazioni sempre più performanti, nascono e crescono trasformando le nostre vite.

È ad esempio l’internet delle cose – capitolo secondo – ovvero smart city  e smart home, e soprattutto il tentativo di monitorare ogni nostro passo e gesto. “ Per quanto la città sia disseminata di sensori, questi potranno captare solo le qualità del mondo che si rendono disponibili alla cattura … un’immagine parziale del mondo… ”, afferma l’autore ( posizione 951 ), evidenziando quali e quanti problemi di incompletezza, inaffidabilità del dato, privacy e sicurezza si nascondono negli interstizi del sistema tecnologico radicale. Oppure la fabbricazione digitale – quarto capitolo – che con l’introduzione delle stampanti 3d sta ribaltando il modo di intendere la produzione e che forse “ può ripristinare nella nostra esperienza un senso del rapporto tra il pensare e il fare, e forse anche una nuova forma di rispetto nei confronti delle complessità del mondo materiale. ” ( posizione 1893 ).

A metà del libro i temi si fanno succosi ma anche più complessi. È il momento infatti dei capitoli dedicati alle criptovalute come il Bitcoin, croce e delizia di tutti gli economisti ed investitori mondiali; alla blockchain, ovvero una nuova infrastruttura tecnologica non facile da spiegare in poche parole ma che ci basti dire potrebbe aprire ad uno scenario, inimmaginabile solo pochi anni fa, nel quale nuove entità collettive potrebbero costituirsi ed esistere in modo indipendente dalle istituzioni globali e locali; e soprattutto i capitoli sull’automazione e l’intelligenza artificiale che hanno il merito di produrre una riflessione quanto mai essenziale.

Greenfield inizia a lavorarla citando John Maynard Keynes, che nel 1928 coniò, in netto anticipo sui tempi, l’espressione

“ disoccupazione tecnologica ”, e l’articola poi seguendo un ragionamento che vuol dimostrare come la robotica, le tecniche di autoapprendimento e automazione costituiscono un insieme di tecnologie volte alla produzione di un’esperienza che definisce “ post – umana ” nella quale i bisogni non sono più i nostri ma quelli di un sistema che nominalmente dovrebbe essere al nostro servizio. “ La svolta post – umana cambierà profondamente l’ambiente in cui viviamo e operiamo, ma comporterà anche un cambiamento politico e il riallineamento di convinzioni e responsabilità su un sistema di nuove coordinate” ( posizione 3591 ).

Per dirla come il filosofo Emanuele Severino – ed un po’ lo tiriamo per la giacca – è il progressivo prevalere dell’agire tecno – scientifico, che dunque va progressivamente soppiantando l’agire capitalistico e politico.

Questa recensione inizia con l’interpretazione di una « frase monito » di Sloterdijk sulle contraddizioni insite nel futuro tecnologico, e la svolta post – umana annunciata dall’autore in questo saggio ne è una conferma almeno in termini di preoccupazione.

Tuttavia, l’approccio che emerge dalla lettura del libro è all’insegna dell’equilibrio, essenziale per Greenfield al fine di valutare impatto, effetto e reale efficacia delle tecnologie radicali, e comunque la si veda, forse, quest’ultimo periodo del libro che segue riportato, coglie perfettamente l’inconsapevole ossimoro racchiuso nel gesto automatico che quotidianamente accende il nostro smartphone.

“Poichè tutti gli obiettivi che si credevano impossibili da raggiungere cedono all’avanzata dell’automazione, cadendo uno dopo l’altro come tessere di un domino, molti di noi s’aggrappano all’ipotesi, o alla speranza, che esista qualche lavoro creativo che i sistemi tecnologici non saranno mai capaci di fare – attività che tendiamo a pensare nei termini di quell’accesso all’ineffabile che si presume essere un carattere unico e distintivo dell’essere umano, che prenda la forma sia dell’ispirazione artistica sia dell’alta spiritualità. ” ( posizione 5150).

Tecnologie radicali, di Adam Greenfield, Einaudi, pp. 329, € 9,90 versione eBook.