Umberto Eco morto. Diventò ricco: cultura sinistra pop-chic

di redazione Blitz
Pubblicato il 20 Febbraio 2016 - 00:58 OLTRE 6 MESI FA
Umberto Eco è morto. Lo scrittore, autore del celebre "Il nome della rosa", aveva 84 anni

Umberto Eco

MILANO – Umberto Eco è morto. Lo scrittore, indiscutibilmente tra i più importanti intellettuali italiani del ‘900, autore tra gli altri del celeberrimo giallo storico “Il nome della rosa”, aveva 84 anni. La morte è avvenuta intorno alle 22:30 di venerdì 19 febbraio sera nella sua abitazione.

Nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932, Umberto Eco è stato semiologo, filosofo e scrittore, autore di saggi di semiotica, estetica medievale, linguistica e filosofia, oltre a romanzi di successo.

Nel 1988 aveva fondato il Dipartimento della Comunicazione dell’Università di San Marino. Dal 2008 era professore emerito e presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna.

Il suo ultimo libro è stato pubblicato nel 2015. Si intitola “Anno Zero”, e racconta di una immaginaria redazione di giornale nell’Italia del 1992, con riferimenti alla storia politica, giornalistica e giudiziaria italiana, da Tangentopoli al terrorismo rosso, dalla P2 a Gladio.

Dopo la fusione di Mondadori e Rcs (in quella creatura da lui definita ‘Mondazzoli’) Eco decise, insieme a colleghi come Sandro Veronesi, Hanif Kureishie Tahar Ben Jelloun, di non pubblicare più per il nuovo colosso controllato dalla famiglia Berlusconi e di seguire Elisabetta Sgarbi nell’avventura della nuova casa editrice indipendente “La nave di Teseo”.

Le opere. Nel 1962 Umberto Eco pubblica Opera aperta, analisi di testi letterari in termini strutturalisti a partire da Ulisse di Joyce, che fa discutere e diviene uno dei manifesti della neoavanguardia riunita l’anno dopo nel Gruppo ’63. Nel 1980 esce invece il romanzo storico medioevale Il nome della rosa, che suscita consensi internazionali, best seller da oltre 12 milioni di copie. Si svolge tra queste due tappe, meno lontane e diverse di quanto possa apparire, il lavoro di Umberto Eco che aveva festeggiato il 5 gennaio scorso gli 84 anni e che è scomparso ieri sera alle 22.30 nella sua abitazione.

Da osservatore ironico e semiologo avvertito oltre che creativo, infatti, ha dimostrato in ogni occasione di saper cogliere lo spirito del tempo. Il suo Lector in fabula, saggio del 1979 (non a caso periodo in cui stava scrivendo proprio Il nome della rosa), e’ appunto il lettore che in un testo, in particolare se creativo, letterario, arriva a far interagire col mondo e le intenzioni dell’autore, il proprio mondo di riferimenti, le proprie associazioni, che possono creare una lettura nuova: ”generare un testo significa attuare una strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui”.

Un”opera aperta’ e’ proprio quella che piu’ riesce a produrre interpretazioni molteplici, adattandosi al mutare dei tempi e trovando agganci con scienze e discipline diverse. Una tesi che apparve dirompente in un paese legato alle sue tradizionali categorie estetiche, diviso tra crocianesimo e marxismo storicista. E il discorso di Eco non riguarda, ovviamente solo la forma, la struttura di un’opera, come intesero molti autori di quegli anni, tanto che poco dopo dette alle stampe La struttura assente, che spostava il discorso sulla ricerca semiologica e le sue interazioni.

Cosi’, forse, il tentativo piu’ esemplare nel mettere in pratica le sue teorie, e’ nel 2004 La misteriosa fiamma della regina Loana, romanzo illustrato con foto di libri e riviste, manifesti, tavole di fumetti, che fanno parte del racconto e contribuiscono a far rivivere l’atmosfera dell’epoca (da fine anni ’30 alla guerra) a ogni lettore anche con i propri ricordi.    Insomma, anche un romanzo di un personaggio e studioso di questo tipo, attento alla cultura di massa e gia’ autore di paradossali e ironiche pagine su aspetti minori della realta’ raccolte in Diario minimo negli anni ’60, nasce entro questo spettro di riferimenti con una sapienza, non solo costruttiva  e intellettuale. E il successo internazionale, col Nome della rosa, di un saggista raffinato, di uno studioso che aveva debuttato laureandosi sui problemi estetici in San Tommaso, fini’ per suscitare piu’ polemiche delle sue innovative teorie saggistiche. Se in tanti parlano di ”libro geniale e assai notevole” come sintetizzava Maria Corti, ecco che per Geno Pampaloni c’era ”difetto di genio letterario”, Francesco Alberoni lo definiva ”libro privo di emozioni” che deve la sua fortuna all’essere divenuto un feticcio di cultura, mentre Stefano Benni ha ”chiuso a pagina trenta, assalito dalla noia”.

Poi verranno gli altri romanzi, altri best seller che ne consolidano la fama e stemperano le astiosita’: Il pendolo di Foucault nel 1988, L’isola del giorno prima 1994 e Baudolino 2001, La misteriosa fiamma della regina Loana 2004 e l’anno scorso Il cimitero di Praga. Ancora una volta, attraverso la storia nel XIX secolo del tragico e graduale prosperare di quella falsificazione nota come I protocolli dei Savi di Sion, che ispirera’ anche Hitler, un romanzo di ampio intreccio, ricco di erudizione divulgata con eleganza e in quella misura che impegna il lettore comune, ma non troppo, introducendolo con sapienza narrativa in una coinvolgente realta’ di idee e storica. Fino all’ultimo romanzo sul mondo dei giornalisti e dell’editoria, Numero Zero, uscito l’anno scorso.

Insomma, ragioni per celebrare la grandezza di Umberto Eco ce ne sono molte, basta accettare che siano convissute in questo discreto e simpatico signore, che da amatore suonava il flauto dolce e non temeva certo di esporsi dichiarando le sue idee anche politiche, come ha fatto negli anni berlusconiani, il curioso e ironico autore delle Bustine di minerva o di romanzi ambientati nel passato e lo studioso altamente scientifico del Trattato di semiotica generale, che conta ormai 25 anni