Caso Orlandi: Sarzanini brucia lo scoop a Fittipaldi che lo anticipa su L’Espresso

di redazione Blitz
Pubblicato il 19 Settembre 2017 - 07:29 OLTRE 6 MESI FA
Caso Orlandi: Sarzanini brucia lo scoop a Fittipaldi che lo anticipa su L'Espresso

Caso Orlandi: Sarzanini brucia lo scoop a Fittipaldi che lo anticipa su L’Espresso

ROMA – I corvi sono tornati in Vaticano, ne è prova il nuovo “dossier” sul caso di Emanuela Orlandi, che oltre alle ire della Santa Sede ha scatenato pure una curiosa gara tra i due principali gruppi editoriali italiani.

Il “documento inedito” che fa tremare il Vaticano è un appunto che rendiconta le strane spese sostenute dal Vaticano, dal 1983 al 1997, per la ragazza scomparsa, tra spostamenti, vitto e alloggio in un pensionato di Londra, cure mediche. Un bilancio di ben 483 milioni di vecchie lire.

A scovarlo è stato il giornalista Emiliano Fittipaldi che nel suo nuovo libro “Gli impostori” pubblica l’inedito carteggio ma a parlare del dossier è anche Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera. Et voilà lo scoop è bello che bruciato, con il giornalista dell’Espresso costretto ad elargire la preziosa anticipazione sul settimanale.

Poco dopo, su tutti i siti sono comparse le clamorose carte sulla cui veridicità tutti esprimono dubbi, a partire dallo stesso Fittipaldi. “Se fosse vero è gravissimo, ma anche se è un falso costruito ad arte ci troveremmo di fronte all’inizio di Vatileaks 3”, ha sottolineato lo stesso giornalista de L’Espresso.

Dalla Santa Sede è arrivata immediata e dura la reazione: “Falso e ridicolo”. Così il portavoce vaticano Greg Burke lo ha definito. “Non ho mai visto quel documento, non ho mai ricevuto alcuna rendicontazione su eventuali spese effettuate per il caso di Emanuela Orlandi”, ha detto il cardinale Giovanni Battista Re, porporato che risulta tra i destinatari del documento datato 1998.

Ma la Sarzanini è sicura: quel documento “circola negli uffici della Santa Sede”. Mentre Fittipaldi rivela: “Qualsiasi documento può essere falso, ma questo era in una cassaforte del Vaticano. Io ho faticato molto per averlo e ora la Santa Sede ci deve delle spiegazioni”.

Circolava o era chiuso a doppia mandata in una cassaforte? Vallo a sapere. Eppure del contenuto di questo resoconto, cinque pagine in tutto che rinviano ad allegati al momento non noti, era a conoscenza da mesi anche Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela che con la sua famiglia da 34 anni cerca la verità. Lo ha rivelato il loro avvocato Laura Sgrò precisando che materialmente però hanno visto quel dossier solo in queste ore.

Anche la famiglia Orlandi non è in grado di dire se sia vero o falso “ma è in ogni caso gravissimo. Perché era in possesso di mons. Balda? chi lo ha messo lì?”, si chiede l’avvocato che ribadisce la richiesta della famiglia Orlandi di un incontro con “il Segretario di Stato Vaticano, con serenità, non contro ma per cercare insieme la verità. Papa Francesco dice sempre che la verità non è negoziabile, vorremmo cercarla insieme”. Pietro Orlandi commenta su Facebook: “Il muro sta cadendo”.

Il documento pubblicato da Fittipaldi è datato marzo 1998. La lettera in questione è scritta “al computer o, forse, con una telescrivente, ed è inviata dal cardinale Lorenzo Antonetti, allora presidente dell’Apsa, ai monsignori Giovanni Battista Re e Jean-Louis Tauran” ai vertici della Segreteria di Stato, riferisce il giornalista aggiungendo che “la lettera sembra, o vuole sembrare, un documento di accompagnamento a una serie di fatture e materiali allegati di quasi duecento pagine che comproverebbero alla Segreteria di Stato le spese sostenute per Emanuela Orlandi in un arco di tempo che va dal 1983 al 1997”. Fino ad un presunto “trasferimento” presso lo Stato Città del Vaticano “con relativo disbrigo pratiche finali”.

Il documento non è firmato a penna, non è protocollato e presenta una serie di errori grossolani per l’inflessibile e centenaria burocrazia d’Oltretevere. Dall’intestazione a “sua riverita eccellenza”, affermazione mai usata in Vaticano, alla conclusione “in fede”, più da atto notarile che da cardinale.

Anche il nome di Tauran non è scritto correttamente (Jean Luis invece di Jean Louis), come anche uno degli indirizzi londinesi citati. Si parla, inoltre, di spese sostenute a partire da “gennaio 1983”, quando invece la ragazza era stata rapita a giugno di quell’anno. Non ultima l’indicazione in un documento così delicato e riservato, destinato a non uscire dalle mura vaticane, del nome e cognome (con tanto di data di nascita) della ragazza, per anni ricercatissima in Italia e anche nel resto del mondo.