Congresso Anm, Sabelli: no a magistrati faziosi e a braccetto coi giornalisti

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Ottobre 2013 - 20:23 OLTRE 6 MESI FA
Congresso Anm, Sabelli: no a magistrati faziosi e a braccetto coi giornalisti

Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm (LaPresse)

ROMA – Nella sua relazione al congresso dell’Anm Rodolfo Sabelli ha parlato anche del rapporto fra magistrati e informazione e in particolare di intercettazioni, rispetto sulla privacy e regole deontologiche. Queste le parole del presidente dell’Associazione nazionale magistrati:

“Il rispetto delle regole deontologiche è imprescindibile anche per la condotta che noi magistrati dobbiamo tenere
nel rapporto con i mezzi di informazione. I magistrati condividono con gli altri cittadini il diritto di manifestare il proprio pensiero e di intervenire nel dibattito pubblico, soprattutto quando esso riguardi la giustizia, il suo
funzionamento e le proposte di riforma. E’ un diritto che non può essere compresso oltre quanto sia strettamente
richiesto dalla peculiarità della funzione giudiziaria e dai doveri ad essa connessi di garantirne l’imparzialità di sostanza e di immagine.

Occorre dunque individuare il punto di equilibrio fra l’esercizio di quel diritto e il dovere di imparzialità
e, a tal riguardo, per il magistrato assume un rilievo decisivo la deontologia. Tale equilibrio è individuato con chiarezza dal codice etico della nostra Associazione, che, nell’affrontare nell’articolo 6 il tema dei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione di massa, stabilisce i seguenti principi:

il magistrato non sollecita la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio;
quando occorre garantire la corretta informazione, evita la costituzione o l’utilizzazione di canali informativi personali riservati o privilegiati;
non partecipa a trasmissioni nelle quali sappia che le vicende di procedimenti giudiziari in corso saranno oggetto di rappresentazione in forma scenica;
nel rilasciare dichiarazioni ed interviste si ispira a criteri di equilibrio, dignità e misura e uguale cautela osserva in ogni scritto e in ogni dichiarazione destinati alla diffusione.

Il tema delle dichiarazioni pubbliche dei magistrati, degli eventuali eccessi e della conseguente responsabilità è stato ed è tuttora al centro di un vivace dibattito, alimentato, di recente, anche da una proposta di modifica della
legge disciplinare, che prevede l’introduzione di nuove ipotesi di illecito. Con riferimento a tale proposta abbiamo
denunciato il pericolo che essa, per la genericità che viola il principio di tassatività, possa prestarsi a un impiego strumentale e mirato, sulla base di valutazioni effettuate a posteriori.

Non va dimenticata, infatti, l’estrema delicatezza della materia, così come non va dimenticato che non tutto ciò che è irrilevante sul piano disciplinare è anche deontologicamente e professionalmente lecito e che non va trascurato il valore della disapprovazione diffusa.

Noi magistrati abbiamo il dovere, prima ancora che il diritto, di portare, senza reticenze e autocensure, il nostro contributo nel dibattito pubblico sui temi della giustizia ma per primi dobbiamo accuratamente evitare atteggiamenti non misurati che rischiano di appannare la nostra immagine di imparzialità e di professionalità. È proprio muovendo da questa consapevolezza che l’Anm, anche nei tempi recenti, di fronte ad alcuni eccessi, è intervenuta nel richiamare i doveri di equilibrio e riserbo ai quali ogni magistrato deve attenersi nel rapporto con i mass media.

Rientra nei compiti di un’Associazione che vuole tutelare, in modo responsabile, l’immagine di serietà e professionalità dell’intera categoria l’invito ai propri iscritti a non intervenire su quanto costituisce l’oggetto specifico della propria attività di ufficio e a evitare di partecipare a dibattiti e manifestazioni, ove ciò possa comportare un proprio coinvolgimento in logiche di schieramento politico.

Infine, l’Associazione ha ricordato i rischi che possono derivare dalla ricerca del consenso della pubblica opinione, consenso che va tenuto distinto dalla fiducia nella magistratura e nei principi della legalità, la quale è fondamento stesso della nostra legittimazione.

Il dovere di tutelare il decoro della magistratura lo abbiamo esercitato anche reagendo con fermezza a vergognose campagne denigratorie nei confronti della nostra categoria e nei confronti di singoli magistrati, con intimidazioni, offese personali e violazioni della sfera privata. Ancor più pericoloso è l’attacco portato alla professionalità del magistrato e alla stessa credibilità dell’intero sistema giudiziario, che si realizza con interpretazioni e ricostruzioni giornalistiche false e distorte, a volte vere e proprie banalizzazioni, degli atti giudiziari.

In questi casi è fondamentale il ruolo di una corretta informazione, che ripristini la verità sul contenuto e sugli effetti dei provvedimenti emessi. Un tale dovere spetta, oltre che agli organi associativi, anzitutto ai dirigenti degli uffici giudiziari, i quali, fra l’altro, devono assumersi la responsabilità di tutelare la professionalità degli appartenenti al proprio ufficio, a fronte degli attacchi denigratori diffusi sui mezzi di informazione, anche al fine di prevenire l’esposizione individuale dei magistrati e scoraggiare le tentazioni di protagonismo, soprattutto in situazioni di particolare delicatezza e allarme sociale”.

Parole alle quali ha risposto così Franco Siddi, segretario della Fnsi, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, presente al congresso dell’Anm.

“L’attenzione pubblica sulle inchieste esercitata dall’informazione rappresenta un contributo fondamentale per l’esercizio di una buona giustizia a garanzia dei cittadini, della legalità e della qualità della vita comunitaria. La relazione del presidente Rodolfo Sabelli al Congresso dell’Anm, Associazione Nazionale dei Magistrati, non nasconde le problematiche aperte nel rapporto tra giustizia e mass media ed evidenzia la centralità delle regole deontologiche a cui debbono attenersi da un lato i giudici e dall’altro i giornalisti. Si tratta di un equilibrio complesso ma indispensabile perché il potere giudiziario e la funzione dell’informazione devono sempre corrispondere a criteri di indipendenza, di autonomia, di garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini.

Di questioni aperte ce ne sono tante, dai processi mediatici in televisione, al segreto professionale dei giornalisti, alla diffusione di atti giudiziari, per concludere da parte nostra che il rispetto delle reciproche autonomie rimane essenziale. Certamente, le critiche ai processi paralleli in tv avanzate dal presidente Sabelli introducono un elemento di riflessione supplementare che richiama l’esigenza di non confondere l’infotainment con l’informazione. L’attenzione dei media, quando non dettata da interessi estranei, è comunque un faro che aiuta a dipanare zone d’ombra e anche a evitare clamorosi errori.

In ogni caso su certe forme di spettacolarizzazione di diversi processi, la riflessione deve riguardare tutte le componenti che vi prendono parte, talvolta anche magistrati, come lo stesso presidente, ahimè, ha criticamente osservato.

Quanto alle intercettazioni o atti di inchiesta pubblicati dai giornali si tratta invece di chiarire la diversità di ruolo e funzione tra giudici e giornalisti. Se questi ultimi pubblicano atti “coperti”, significa o che i muri del segreto sono caduti o che qualche custode li ha aperti. Il giornalista che ne ha poi la disponibilità, riconoscendone l’interesse pubblico secondo i criteri deontologici del proprio diritto dovere di informare con completezza la pubblica opinione, ne dà conto correttamente ai cittadini lettori o radio-video ascoltatori.

Sicuramente l’individuazione dell’udienza filtro e l’introduzione di rigorosi termini brevi del segreto giudiziario sono elementi di convergenza che Anm e Fnsi hanno registrato più volte, anche nel corso di audizioni parlamentari rimaste senza esito legislativo.
Il riconoscimento perciò del “fondamentale ruolo di una corretta informazione” fatto dal presidente Sabelli ha bisogno di un rapporto altrettanto corretto con le fonti e rispettoso delle reciproche funzioni, che hanno bisogno di essere assolutamente caratterizzate dai principi dell’autonomia e dell’indipendenza”.