Il decentramento ha sfasciato i conti pubblici. Luca Ricolfi sulla Stampa

Pubblicato il 6 Luglio 2010 - 10:19 OLTRE 6 MESI FA

Il federalismo fiscale è davvero sinonimo di conti virtuosi? Secondo Luca Ricolfi della Stampa, sembra proprio di no. A contribuire al dissesto delle casse dello Stato, infatti, secondo il giornalista è stata proprio l’istituzione delle Regioni, primo baluardo del decentramento amministrativo voluto dai Costituenti. Perchè un ulteriore decentramento dovrebbe invertire la tendenza?

Esattamente 40 anni fa, il 6 luglio del 1970, in Lombardia, si insediava il primo Consiglio regionale, dando così avvio alla stagione del decentramento amministrativo, prevista dai padri costituenti (art. 5, 114-133) ma rimandata per quasi un quarto di secolo. Oggi, su quella stagione e sui suoi esiti ci invita a riflettere la relazione del governo, presentata al Parlamento una settimana fa, secondo i tempi dettati dalla legge sul federalismo fiscale (Legge 42, 5 maggio 2009). Perché la nascita delle Regioni e il decentramento amministrativo hanno contribuito a sfasciare i conti pubblici? E perché mai il federalismo dovrebbe essere capace di invertire la tendenza? Questi sono i due grandi interrogativi cui la relazione governativa prova a rispondere, in modo più o meno completo e convincente. La ragione di fondo per cui il decentramento amministrativo ha messo in crisi i conti pubblici è che l’aumento delle competenze degli Enti territoriali – Regioni, Province, Comuni – non si è accompagnato a un parallelo aumento della loro autonomia fiscale, sicché ogni Ente si è trovato a poter incrementare le spese senza dover pagare alcun prezzo politico in termini di inasprimento delle tasse locali. Di qui si sarebbe sviluppato «l’albero storto» della finanza pubblica italiana, con alcuni passaggi decisivi: la riforma tributaria del 1971/73, i decreti Stammati (1977/78), le cosiddette leggi Bassanini (1997/99), la riforma del titolo V della Costituzione (2001), imposta dal centro-sinistra. […]