Il giornalista Luigi Forni è morto, fu vice direttore della Nazione, napoletano a Londra, devoto a San Gennaro

Il giornalista Luigi Forni è morto, fu vice direttore della Nazione, corrispondente, un napoletano devoto a San Gennaro, trapiantato a Londra, il ricordo di una amicizia durata mezzo secolo

di Marco Benedetto
Pubblicato il 13 Novembre 2022 - 09:02 OLTRE 6 MESI FA
Il giornalista Luigi Forni è morto, fu vice direttore della Nazione, napoletano a Londra, devoto a San Gennaro

Il giornalista Luigi Forni è morto, fu vice direttore della Nazione, napoletano a Londra, devoto a San Gennaro

Il giornalista Luigi Forni è morto a 92 anni, chiudendo una vita umana e professionale molto soddisfacente.

Nato nel 1930  Napoli da una famiglia di orafi, conseguì un master in una università Americana, esordì sul Mattino a Napoli e poi a Roma, fu corrispondente della Nazione di Firenze da Bonn e da Londra, fu vice direttore della Nazione (essendo direttore il grande Tino Neirotti)), e corrispondente da Londra per i quotidiani locali del Gruppo Espresso. Scrisse vari libri basati sulla sua esperienza in Germania.

Per tutta la  vita fu devoto di San Gennaro, al punto di litigare con sorelle e cognati per portarsi a Londra una statua di San Gennaro in argento a grandezza quasi naturale.

La sua morte mi ha colpito, come accade raramente se non per persone che hanno avuto un posto speciale nella tua vita. Lo ho conosciuto esattamente 50 anni fa, quando arrivai a Londra da Genova come terzo redattore dell’ufficio di corrispondenza londinese dell’Ansa, l’agenzia di stampa italiana. Avevo 27 anni e i corrispondenti italiani, un po’ spocchiosi in quei tempi, non mi degnavano di uno sguardi di sbieco. I miei due colleghi dell’Ansa pensarono solo a intimidirmi perché facevo troppe notizie, ancora frenetico dopo gli anni genovesi, fra rapimenti, terrorismo, naufragi e alluvioni.

Luigi Forni, con una semplicità e naturalezza tutte sue, mi accolse come fossimo stati compagni di scuola. Aveva 42 anni, era nel pieno della vita, girava per Londra con una Mercedes spider chiara, al cui volante sempre lo ricorderò.

Aveva un ufficio nella sede del Daily Mail, cosa che arricchiva le sue fonti. Ma il sabato era dedicato a Federico, il maggiore dei due figli, che all’epoca aveva 5 anni. Il figlio più piccolo, Gilberto, restava con la madre. La nostra meta fissa era una hamburgheria in Fulham Road. Fu una sorpresa un sabato vedere entrare Jacqueline Kennedy e i figli. Restammo impressionati da una coincidenza un po’ macabra. La vedova del presidente americano andò a sedersi non a un tavolo a al bancone appoggiato al muro di fondo del locale, decorato con pagine incorniciate del New York Times. La pagina davanti alla quale sedette era proprio quella dell’attentato di Dallas.

Nel ristorante capitava che spesso ci accudisse un cameriere nigeriano. Forni gli parlava in italiano. “Hanno a imparà”, diceva.

Parlando italiano con decisione, riuscì una volta a entrare nel cortile del ministero degli esteri inglese. Una 127 verdolina aveva sostituito la Mercedes. Forni arrivò alla sbarra del ministero, abbassò il vetro e alla guardia disse con voce molto autoritaria: “Devo entrare”. E quello si toccò la visiera, disse ossequioso. “Yes, sir” e alzò la sbarra.
Era un mondo che oggi non c’è più, forse. Ma questo lo dicono sempre i vecchi.

Ma i racconti di Forni dei suoi anni giovanili (mai si vantava della laurea americana) sono spassosi per me ancora oggi.

Siamo negli anni ’50 a Napoli, la coda per diventare giornalista al Mattino era lunga anche allora. Fu istituita la figura di pre-praticante in prova. Nessun contratto l’ha mai prevista, ma funzionava.

Nasce un bambino al capo cronista Rosario Manfellotto, padre di Bruno, poi mio collega all’Espresso. I cronisti del Mattino si tassarono e regalarono al potentissimo superiore un vasino da notte colmo di cioccolatini.
Qualche anno dopo, assunto al Mattino, è trasferito alla redazione romana.

All’epoca gli articoli dei corrispondenti esteri di Mattino e Gazzetta del Popolo di Torino venivano scambiati fra i due giornali. Un giorno Forni porta a pranzi una ragazza che lavorava all’ambasciata tedesca. Fatal combinazione, a un tavolo vicino siedono il direttore della Gazzetta, Ugo Zatterin, e il capo della redazione romana del Mattino. Forni, che non conosceva una parola di tedesco, disse alla ragazza di parlargli nella sua lingua. Lui rispondeva con dei sonori Ja e Jawhol.

Passa un po’ di tempo e si pone il problema di rimpiazzare il corrispondente da Bonn, allora capitale della Germania Ovest. Zatterin, grande persona, destinato alla notorietà per i suoi duetti con Gianno Granzotto nella Rai a un solo canale, ricordò Forni e il suo tedesco. Così Forni diventò corrispondente da Bonn. Anni dopo, diventato io amico di Zatterin, mi divertii un bel po’ a fare incontrare di nuovo Forni con Zatterin, raccontando a quest’ultimo l’intera vicenda.

A Bonn Forni prese moglie, Irmegard, sua compagna devota e paziente per quasi 60 anni, che gli è stata accanto fino alla fine, fino agli ultimi dolorosi giorni dell’agonia.