Marco Travaglio: “Il popolo del web è una bella merda”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Marzo 2013 - 19:11| Aggiornato il 17 Ottobre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Marco Travaglio contro il popolo del web“. Chi l’avrebbe detto. Forse perché è innervosito da chi l’ha definito “l’Emilio Fede di Beppe Grillo”, forse è logorato dalla quotidiana esposizione a valanghe di commentatori sul sito del Fatto quotidiano, sul suo blog e sulla sua pagina Facebook (circa 1.300.000 fan), ma il giustizialista più “pop” del giornalismo italiano non ne può più. Così chiude un post dal titolo “Ma voi, oltre a scrivere, ogni tanto vi leggete?”:

Perché, parafrasando un celebre titolo di “Cuore” sul mitico “uomo della strada”, è ora di riconoscere che molte volte anche il mitico “popolo del web” è una bella merda.

Si riferisce allo storico settimanale di satira Cuore, che alla fine della prima Repubblica fece questo titolo:

«L’uomo della strada è una bella merda». Con il sommario che recita: «Servile coi nuovi potenti, sciacallo coi vecchi padroni, l’homo insultans si sta affermando in tutto il paese, parlamento compreso. Come riconoscerlo? Si muove in branco per aggredire gli isolati e ha riflessi lentissimi: in genere si accorge di esser governato da cialtroni disonesti dopo averli votati per mezzo secolo».

Così Travaglio argomenta la sua esasperazione verso i commenti che riceve ai suoi articoli:

Più leggo certi commenti sulla mia pagina Facebook e sul mio blog, più mi viene voglia di chiuderli e di dare ragione a chi paragona i social network alle pareti dei cessi pubblici. C’è chi viene qui solo per insultare (cari cerebrolesi, nessuno vi obbliga a leggermi). C’è chi viene qui e nemmeno legge quello che scrivo (l’altro giorno ho ringraziato chi è venuto a vedere il mio recital a Firenze, e un minuto dopo c’era già qualcuno che polemizzava: “Perché non vieni a Firenze?”).

Poi ci sono i miei preferiti: i berlusconiani del Pdl, del Pd, di 5Stelle, di Sel, della Juventus, del Milan, dell’Inter, della Roma, dell’Acquapozzillo (ormai sono dappertutto): pretendono che io dia sempre ragione a loro, al loro partito e alla loro squadra, altrimenti significa che appartengo a un’altra squadra e non sono indipendente (l’idea che io possa pensare liberamente quel cazzo che voglio senza che nessuno me lo ordini nemmeno li sfiora, perché pensano che tutti gli altri siano come loro).

Altri pretendono addirittura di dirmi quello che devo scrivere, e quando, e con quali parole: e se non lo faccio subito sono un venduto, un servo eccetera […] Altri ancora confondono il parlare di Tizio (bene, o male, o parlarne e basta) con lo sposare Tizio o l’esserne addirittura servi o pagati (ieri ho pubblicizzato un libro distribuito dal Fatto con i ritratti degli eletti del Movimento Cinque Stelle, realizzato dalla redazione del nostro giornale, non da me, e tanto è bastato ad alcuni decerebrati per scambiare un lavoro giornalistico, senz’averne letta una riga, per un manifesto propagandistico, e dedurne che allora Travaglio è come Emilio Fede. Ma certo, come no: infatti, com’è noto, sono stipendiato da Grillo).

Mi scuso con le tante persone sensate e raziocinanti che leggono e commentano, anche perché rischiano di essere ormai sopraffatte e silenziate da chi, profittando dell’anonimato e dell’alto numero di frequentatori della pagina e del blog, vomita scemenze in libertà (ma, prima di scriverle, vi leggete?). Credo che il solo sistema per riportare un po’ di luce in questo manicomio sia di isolare i dementi e i disturbatori, evitando di rispondere ai loro messaggi e lasciandoli cuocere nel loro brodo, fino a esaurimento. Vediamo chi si stufa prima.