Niente sequestro delle fonti dei giornalisti: la sentenza della Corte di Strasburgo

Pubblicato il 30 Giugno 2012 - 13:15 OLTRE 6 MESI FA

Rotativa  STRASBURGO (FRANCIA) – I giudici europei della Corte europea dei diritti dell’uomo, con una sentenza  del 28 giugno hanno stabilito che la pubblicazione integrale delle trascrizioni di intercettazioni telefoniche e di documenti coperti da segreto istruttorio rientra nel diritto del giornalista a pubblicare notizie di interesse generale. La sentenza, fa notare Marina Castellaneta sul Sole 24Ore, è un evidente rafforzamento del diritto di cronaca e della libertà con cui i cronisti possono affrontare le indagini giudiziarie e il loro svilupparsi ed è una garanzia per di tutela delle relative fonti di informazione.

Ora le autorità nazionali non potranno più sequestrare supporti informatici e documenti del giornalista né procedere a perquisizione “massicce” e spettacolari nella redazione e nell’abitazione con il solo obiettivo di scoprire la fonte del reporter.

L’indicazione si inserisce in un dibattito sempre acceso in materia di intercettazioni e contribuisce a rafforzare la tutela delle fonti dei giornalisti. Maria Castellaneta spiega che “la Corte di Strasburgo, ha precisato che non è un semplice privilegio concesso al cronista, ma è un diritto indispensabile alla libertà di stampa affinché la collettività sia informata su questioni scottanti. Con precisi limiti per le autorità inquirenti che non possono intervenire con mezzi invasivi utili a scoprire l’autore di fughe di notizie. Anche perché, per la Corte, nel bilanciamento dei vari interessi in gioco, è prioritaria la tutela della libertà di stampa, essenziale in una società democratica”.

Alla Corte europea si erano rivolti alcuni giornalisti francesi che su ‘Le Point’ e ‘L’Équipe’ avevano pubblicato notizie su un’inchiesta relativa all’uso del doping nel ciclismo. Di qui l’apertura dell’indagine: gli inquirenti volevano scoprire chi aveva trasmesso documenti ai giornalisti e avevano così ordinato la perquisizione e il sequestro di materiale cartaceo e informatico disponendo anche intercettazioni telefoniche delle utenze dei giornalisti.

Secondo la Corte, si è trattato di una violazione della Convenzione europea che nell’articolo 10 assicura il diritto alla libertà di espressione “È vero – riconosce la Corte Europea dei diritti dell’uomo – che i giornalisti nell’esercizio di questo diritto, non hanno un piena e totale libertà di agire, hanno precise responsabilità e devono tener conto del diritto alla presunzione d’innocenza, ma le autorità inquirenti non possono intervenire violando il diritto dei reporter a tutelare le proprie fonti”.

Le indagini, fra l’altro, non hanno determinato l’individuazione delle fonti: per la Corte però, è bastata l’adozione di misure nei confronti dei giornalisti a produrre un chiaro effetto limitativo del diritto alla libertà di stampa.

La tutela delle fonti – osserva Strasburgo – non è un semplice privilegio da accordare a seconda della liceità o dell’illiceità della fonte, ma un elemento essenziale della libertà di stampa. Tanto più che le perquisizioni nel giornale erano state svolte in modo ‘spettacolare’ incidendo sugli altri reporter presenti in redazione. In pratica, gli interventi dell’autorità giudiziaria sono stati percepiti «come una minaccia potenziale per il libero svolgimento della professione”.

La condanna alla Francia, ha portato anche al pagamento di circa 45 mila euro di spese processuali. Ad aver fatto ricorso erano stati cinque giornalisti.