Piero Ottone, la figlia racconta: è morto da genovese, guardando il mare, come Garibaldi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Aprile 2017 - 06:13 OLTRE 6 MESI FA
Piero Ottone, la figlia racconta: è morto da genovese, guardando il mare, come Garibaldi

Piero Ottone, la figlia racconta: è morto da genovese, guardando il mare, come Garibaldi

Piero Ottone è morto guardando il mare fin quasi all’ultimo istante, come Garibaldi, come il Principe di Salina, la morte che tanti genovesi sognano. Bettina Bush Mignanego, sua figlia, ha raccontato al Secolo XIX come ha vissuto gli ultimi mesi uno dei più grandi giornalisti italiani di tutti i tempi, morto la vigilia di Pasqua a 4 mesi dai 93 anni di età a Camogli all’estremo opposto dell’arco del Golfo di Genova rispetto a dove è nato, Sampierdarena, nel 1924 cuore della crescita industriale italiana, oggi irriconoscibile suburra latino americana.

«Negli ultimi tempi non usciva più. Gli ho chiesto se avesse nostalgia del mare, la sua passione più grande. Mi ha guardato e mi ha detto: no, perché ho un bel ricordo».

Ottone (Pier Leone Mignanego, nome de plume Piero Ottone), aveva sentito la fine avvicinarsi passo dopo passo, superata la soglia dei 90 anni. Aveva tenuto duro fino all’ultimo, guidando la macchina, sua grande passione, fino in Danimarca (dove è nata la moglie Hanne) e ritorno. Poi ha sentito che ci stava mollando, come dicono a Genova. Nel dicembre 2016 aveva smesso di scrivere, annunciandolo ai suoi lettori del Venerdì di Repubblica.

Ricorda Bettina:

«Di recente papà è stato ricoverato per otto giorni alla clinica Montallegro, a Genova. Ma lui sentiva che si stava spegnendo e voleva a tutti i costi tornare a casa. D’accordo con i medici l’abbiamo accontentato. Nei momenti di lucidità usciva fuori la sua tempra decisionista. Era abituato a decidere e difendeva fieramente le sue idee. Una sera mi ha chiamata: “Bettina, Bettina”. Mi sono seduta accanto al letto e gli ho preso la mano: dimmi, papà. Un paio di minuti di silenzio poi: “il colloquio è finito”, mi ha detto».

Da quando era rientrato dalla clinica, racconta Bettina, «stava nella camera che, in passato, era stata di mamma, affacciata sul mare. Non ha mai smesso di guardarlo. Di godersi i tramonti di Camogli. Il mare, la sua passione infinita. Appena poteva si faceva un viaggio in barca a vela. Era il suo modo per ricaricarsi. Tanti anni fa lo cercavano per farlo ministro. Ma non c’erano ancora i cellulari e non riuscirono a rintracciarlo. Telefonavano in un porto e lui era già in un altro. “Meno male”, mi confessò, “sarebbe stato imbarazzante dire no”».

Non verrà celebrato nessun funerale, precisa Bettina al Secolo XIX, per sua espressa volontà: «Detestava andare ai funerali, anche a quelli di amici carissimi. Odiava le formalità». Sarà cremato, come aveva chiesto. «Come era suo desiderio vorremmo far disperdere le ceneri in mare. A Camogli».