Terrorismo, su Facebook i gruppi al bando comunicano liberamente

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Giugno 2017 - 08:20 OLTRE 6 MESI FA
Terrorismo, su Facebook i gruppi al bando comunicano liberamente

Terrorismo, su Facebook i gruppi al bando comunicano liberamente

ROMA – L’attività di 41 organizzazioni settarie, terroristiche e contro lo Stato, su Facebook è accessibile a qualsiasi utente. In Pakistan ne possono usufruire 25 milioni di utenti attraverso una sola ricerca e un solo click. Un’inchiesta di Dawn, condotta dai giornalisti Jahanzaib Haque e Omer Bashir, ha rivelato che 41 dei 64 gruppi banditi in Pakistan sono presenti su Facebook sotto forma di centinaia di pagine, gruppi e profili utente individuali.

La loro rete, sia interconnessa che pubblica, è un mix di sette Shia e Sunni, organizzazioni terroristiche globali operanti in Pakistan, e separatisti in Kashmir, Balochistan e Sindh.

Il caso del Pakistan e del Kashmir, è solo un esempio del problema che Facebook cerca di arginare nel tentativo di governare 1.9 miliardi di utenti. Mark Zuckerberg, CEO e fondatore di Facebook, ha ammesso che prevenire che il social network venga utilizzato dai militanti e terroristi in tutto il pianeta, e distinguere tali gruppi dai movimenti di libertà legittimati, è un compito che va oltre le capacità della compagnia.

In una nota condivisa su Facebook, Zuckerberg ha detto: “Nell’ultimo anno, la complessità della questione ha superato i processi già esistenti per governare la comunità”.

Ai fini dell’inchiesta, i nomi di tutti i gruppi i gruppi vietati, inclusi gli acronimi e piccole variazioni di spelling, sono stati cercati su Facebook per scoprire pagine, gruppi e profili utente che hanno pubblicamente messo “like” a organizzazioni allontanate dal sito.

Sul social network, le più grandi sono “Ahle Sunnat Wal Jamaat” (ASWJ), con 200 pagine e gruppi, Jeay Sindh Muttahida Mahaz (JSMM), con 160, Sipah-i-Sahaba (SSP), con 148, Baloch student organization Azad (BSO-A), con 54, e infine Sipah-e-Muhammad con 45.

Altri gruppi vietati, che esistono su Facebook su una scala più ridotta, sono: Lashkar-e-Jhangvi (LeJ), Teheran-e-Taliban Pakistan (TTP), Tehreek e Taliban Swat, Tehrik-e-Nifaz-e-Shariat- Mohammadi, Jamat-ul-Ahrar, 313 Brigade, diversi gruppi  Shia e una serie di organizzazioni separatiste di Baloch.

Un esame di alcuni di questi profili utente, collegati a tali organizzazioni vietate, indicano apertamente il supporto di ideologie estremiste. Un paio di queste pagine, hanno apertamente messo “like” a gruppi collegati ad allenamenti con l’uso di armi.

Mentre alcune di queste pagine Facebook affermano di essere una rappresentanza “ufficiale” di queste organizzazioni terroristiche, altre sembrerebbero controllate da membri e sostenitori con le stesse ideologie.
Il contenuto condiviso è variabile e, nonostante post occasionali sotto forma di testo o aggiornamenti di stato, i caricamenti più comuni includono foto, video e “memes” diffuse per spiegare ed elaborare l’ideologia dell’organizzazione, fornire aggiornamenti su eventi recenti o in attività e incoraggiare il contatto privato e l’assunzione di utenti Facebook motivati dall’ideologia.

In generale, gli aggiornamenti di Facebook sono in lingua Urdu o Roman-Urdu invece  che in inglese, suggerendo che il contenuto è principalmente per l’uso locale; altre minoranze sono in Sindhi  o Balochi, indicando un pubblico di destinazione di nicchia.

La maggior parte delle pagine e dei gruppi su Facebook glorifica i leader esistenti o quelli uccisi in passato, mentre alcune organizzazioni bandite portano avanti una vera e propria  campagna per il rilascio dei loro attivisti o leader.

Negli aggiornamenti sul social network, tutti i gruppi vietati incolpano lo Stato o, nel caso di quelli focalizzati sul Kashmir, l’India. In rari casi, pagine e gruppi collegati a queste organizzazioni bannate da Facebook condividono contenuti grafici che rappresentano atti di violenza, incluse foto e video di corpi.

I gruppi più organizzati sembrerebbero avere delle cellule “ufficiali” che condividono comunicati stampa o discorsi politici, sia audio che video; tali pagine diffondono anche link da siti web, blog o account Twitter gestiti da membri con le stesse ideologie.

In generale, i contenuti includono propaganda anti-Stato o discorsi che si rivolgono con odio alle minoranze religiose e ad altri membri della società.

La maggioranza di queste pagine, gruppi o utenti indagati, sembra essere radicata in grandi centri come Karachi, Lahore, Peshwar e Quetta. Le persone che hanno pubblicamente inserito il proprio percorso educativo, vengono per la maggior parte da università governative, soprattutto in Sindh e Balochistan.

Molte delle pagine bandite  hanno utenti  e gruppi con i nomi seguiti da quelli di distretti, invitando gli utenti ad unirsi in base alla località, come nel caso dei separatisti Baloch, le divisioni includono Gwadar, Kharan, Mastung, Panjgur ecc.

Altri, come quelli settari, sono organizzati per località, come il “Nord Nazimabad” a Karachi, o usando termini come “ala degli studenti” o “ala dei giovani”.

In qualsiasi momento, i membri di queste organizzazioni bandite operanti su Facebook hanno la possibilità di spostare la comunicazione da pubblica a privata. Qualsiasi utente può entrare in contatto con altri dalle stesse ideologie e, per stabilire un contatto fuori dal social network, tutto ciò che dovrebbero fare è utilizzare gli indirizzi email o i numeri di telefono pubblici.

I risultati di questa ricerca sono solo la punta dell’iceberg, in quanto un numero  maggiore di pagine e gruppi potrebbero esistere senza utilizzare pubblicamente il nome dell’organizzazione vietata, operando in segreto.

Nel caso in cui il social network sia utilizzato per terrorismo o attività criminali, Facebook assicura di eliminare, esaminare e consegnare le informazioni alle autorità.

Sebbene il social network abbia riconosciuto la collaborazione con il Pakistan in diverse occasioni, a causa della mancanza di reale trasparenza la natura dei singoli casi è sconosciuta, così come il processo con il quale vengono fatte richieste e scambi di informazioni. E’ possibile che tali richieste siano legate a politica, blasfemia o molestie sessuali, invece che su gruppi  banditi.

I dettagli relativi alle richieste da parte del Pakistan a Facebook, fornite nei  “Rapporti sui Requisiti del Governo” dal 2013 al 2016, mostrano una notevole  tendenza al rialzo dal 2015 in poi, raggiungendo un picco di 1.002 richieste tra  luglio e dicembre 2016.

Come affermato nelle sue regole, Facebook “può accedere, conservare e condividere le informazioni degli utenti a risposta di una richiesta legale (come un mandato di ricerca, di tribunale o di comparizione)”.

Inoltre, non consente ad alcuna organizzazione ingaggiata in attività terroristiche o criminali la presenza sul sito internet. I contenuti che “esprimono supporto o lodano i leader delle stesse organizzazioni, o sono coinvolti in comportamenti violenti o criminali, sono eliminati, raccolti e consegnati alle autorità”.

Nel 2016, questo tipo di politica specifica ha portato alla rimozione o al blocco di numerosi profili utente per le critiche mosse all’India a causa  dell’uccisione del giovane “freedom fighter” del Kashmir, Burhan Wani, con il risultato di violente proteste.

Precedentemente conosciuto come SSP, l’ASWJ è stato bandito 10 anni dopo il suo predecessore, il 15 febbraio 2012. Questi gruppi sono noti per diffondere un’ideologia anti-Shia in tutto il Pakistan, attaccando spesso gruppi di minoranza.

Nonostante il divieto, l’organizzazione rimane attiva nella diffusione dell’odio e della violenza grazie all’impegno nella politica locale, che porta avanti manifestazioni e riunioni  nel tentativo di legittimare il gruppo.

Fondato nel 2000 da Shafi Burfat, il JSMM è un gruppo separatista che combatte per la separazione del Sindh dal Pakistan. Proibito il 15 marzo del 2013 per presunti legami con l’ “Indian intelligence’s Research”  e l’ “Analysis Wing (RAW)”, il JSMM si pensa sia stato coinvolto nel sabotaggio attraverso la fazione militare Sindhudesh Liberation Army.

A causa della mancanza di incidenti e di attività segnalate, subito dopo essere stata proibita, si ritiene che l’organizzazione abbia concentrato gli sforzi sul reclutamento di studenti per le proteste.
Fondata nel settembre del 1985, la SSP è riconosciuta come una delle più grandi e antiche fazioni militanti anti-Shia, in passato prendendo di mira moschee e leader Shia.

Dopo aver cambiato il nome due volte, dopo essere stata bandita per attività terroristiche nel gennaio del 2002, la fazione è attualmente conosciuta e opera sotto il nome di Ahle Sunnat Wal Jamaat.