Amy Winehouse e quelle morti “maledette” a 27 anni

Pubblicato il 23 Luglio 2011 - 20:25 OLTRE 6 MESI FA

Amy Winehouse (Foto LaPresse)

ROMA – Può esserci solo un’umana rabbia nel dover constatare che la morte prematura della povera Amy Winehouse era prevista. Trovata morta in casa. Dopo un disastro esistenziale da brividi. Anche lei a 27 anni (28 li avrebbe compiuti a settembre), l’età degli angeli maledetti, la stessa di Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin. Già, Janis: era dai tempi della sua disperata parabola che non si vedeva un talento femminile così grande, un personaggio con un carisma così imponente, una ragazza bianca che cantava come se fosse cresciuta a Memphis, immergendo in una stilosissima salsa british la grande tradizione di Aretha, Ruth Brown, Dinah Washington.

E fa rabbia pensare che l’ultima sua apparizione pubblica, a Belgrado, sia stata un penoso disastro: ubriaca e strafatta è salita sul palco barcollante e farfugliante, senza riuscire a cantare neanche una nota in modo decente. Fischiata, umiliata nel mondo attraverso gli impietosi filmati di Internet. L’inevitabile annullamento della tournee europea, era attesa anche a Lucca, si è rivelato, purtroppo, il tragico prologo a una fine annunciata.

La carriera di Amy è durata pochi anni: due album, “Frank”, del 2003, promettentissimo esordio, e “Back to Black” del 2006, il disco dell’esplosione, lo squillante annuncio di una predestinata. Certo a pensare ora che il suo grande hit sia stato “Rehab”, dove lei risponde ”no, no, no…” ai genitori che la vorrebbero far disintossicare fa venire i brividi. Fino a che è stata in grado, Amy Winheouse era un’interprete strepitosa anche dal vivo: non aveva una grande estensione e non indulgeva nelle acrobazie un po’ gratuite delle sue colleghe più celebri.

Ma andava all’essenza delle emozioni, come le grandi della musica black, conosceva bene i segreti della melodia, dei sottintesi, cantava benissimo le ballad, vedi “Love is a Loosing Game”, aveva un suo stile, anche se figlio diretto di una tradizione. E “Back to Back” è un disco con arrangiamenti e suoni perfetti. Non a caso la Winehouse ha creato qualcosa più di un trend, ha favorito la rinascita di una sorta di nuova versione della Cool Generation inglese dei tardi anni ’80, quella degli Style Council, Working Week, i primi Everything but the Girl.

Molto presto però Amy è diventata la protagonista assoluto del gossip tossico, come se volesse trasferire nel mondo del pop gli incubi chimici di “Trainspotting”: il suo disastroso matrimonio con Blake Fielder-Civil, fatto di botte, overdose, ricoveri, persino la galera per lui, il divorzio e, in ultimo, la denuncia per stalking nei confronti dell’ex marito da parte della sua nuova compagna, è un po’ l’emblema di una deriva autodistruttiva che le ha distrutto la vita.

Era un obiettivo privilegiato di paparazzi e specialisti del gossip, il suo lento suicidio è avvenuto in pubblico, sotto gli occhi del mondo. Niente e nessuno è riuscito a fermare questo disastro: resta solo una pietà profonda nel dover raccontare che un talento così speciale se ne sia andato in un modo così triste.