Franco Gatti (Ricchi e poveri): “La morte di mio figlio…”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Maggio 2016 - 15:16 OLTRE 6 MESI FA
Franco Gatti (foto Ansa)

Franco Gatti (foto Ansa)

ROMA -Alcuni giorni fa l’annuncio a sorpresa: dopo 48 anni di sodalizio, 22 milioni di dischi venduti nel mondo, canzoni immortali ed epici tour all’estero, Franco Gatti abbandona i “Ricchi e poveri”.

Una notizia che ha scosso i fan in modo inimmaginabile. Trova anche lei?
«Sembra che si sia ritirato uno dei Beatles. Certo, siamo popolari, ma non avrei mai pensato una cosa simile. Non posso uscire di casa che mi fermano tutti, persone dispiaciute, e mi sento un po’ in colpa per il mio gesto. Ma che devo fare? L’ età avanza, ho 74 anni, qualche acciacco, anche il dottore mi ha consigliato di fermarmi. Ho fatto una angioplastica ed è meglio non andare in giro per il mondo. Sto bene ma non si sa mai, metti che mi sento male in Siberia, che faccio?».
La disgrazia che tre anni fa l’ ha colpita l’ avrà indebolita non poco.
«Dopo che mio figlio Alessio è mancato fa la mia vita è cambiata. Io sono diverso, sul palco prima mi prendevo in giro, scherzavo sui miei baffi, sul nasone, facevo lo scemetto. Ora non me la sento più».

Ma non crede che il lavoro possa essere uno stimolo per superare il dolore?
«No, ho bisogno di famiglia, di vita normale, di mia moglie, di mia figlia. Dopo 50 anni sulla breccia non me la sento più. C’ è un momento nella vita in cui una persona decide di fermarsi, non volevo morire sul palco. Gli altri, Angela e Angelo, sono più giovani».

Cosa le hanno detto i suoi compagni?
«Sono stati comprensivi. Sono come fratelli ormai, e sono sicuri che continueranno. Certo, magari all’ inizio invece di dieci date ne faranno cinque, ma ce la faranno. Abbiamo scritto e cantato canzoni importanti, fatte e rifatte da altri, suonate ancora oggi nelle discoteche».

Qual è la telefonata più inaspettata che ha ricevuto in questi giorni?
«Quella di Michele Maisano, di Se mi vuoi lasciareeee. Era sconcertato, non lo sentivo da decenni, siamo entrambi fan di Elvis e mi ha invitato a casa sua a cantare con lui. Molto affettuoso».

Il momento più bello della carriera dei Ricchi e Poveri qual è stato?
«Il primo vero successo, a Sanremo nel 1970. Abbiamo presentato La prima cosa bella, prima eravamo sconosciuti e cantavamo solo nei circuiti. Allora a Sanremo andavano nomi come Celentano e noi siamo arrivati secondi».

Vi ha scoperti Franco Califano, giusto?
«Lui ed Edoardo Vianello ci hanno prodotto con la loro etichetta.Dopo tanti sforzi, sono riusciti a inserirci a Sanremo all’ ultimo momento perché si è ritirato Gianni Morandi, allora hanno dato a noi la sua canzone».
Quindi dovete tutto a Morandi, Vianello e Califano.
«E a Fabrizio De Andrè: è stato lui il primissimo a credere in noi e tentare di lanciarci, ci ha segnalati alla sua casa discografica, ma non piacevamo. “Non capiscono un tubo”, ci disse, “vedrete che avrete successo comunque”. Era davvero disinteressato, una grande persona, ma con lui non è andata bene».

Perché «Ricchi e Poveri»?
«”Siete ricchi di idee e poveri di soldi”, ci disse Califano. Lo ha inventato lui il nome. Eravamo tutti figli di operai, io però ero diplomato in chimica. Nessuno era ricco».

I baffi, all’ inizio non li aveva, come è nato quello che poi sarebbe diventato il suo tratto distintivo?
«Ci siamo fermati per un po’ perché Angela era in stato interessante. Sono andato in vacanza e lì mi sono fatto crescere i baffi. Mi sono piaciuti e li ho tenuti: non ero male».

All’ inizio eravate in quattro, poi Marina Occhiena è stata allontanata per contrasti personali con Angela (si è messa con suo marito). L’ ha più sentita?
«Non ci sentivamo da anni ed è venuta al funerale di mio figlio. Mi ha fatto piacere, non si deve serbare nessun rancore, tutti sbagliano e sono cose che capitano. L’ ho sentita giorni fa dopo l’ annuncio del mio ritiro. Doveva andare alla Vita in diretta e voleva saperne di più. In questi anni siamo usciti a cena con amici e abbiamo recuperato il rapporto».

Il momento più buio dei Ricchi e Poveri?
«Direi gli anni Settanta, dopo il primo successo abbiamo avuto un calo fisiologico, abbiamo cantato pezzi non giusti ed era il periodo dei cantautori impegnati. Poi è arrivato il 1981 e con Sarà perché ti amoabbiamo conosciuto il successo, quello vero».
In Italia avete venduto 22 milioni, un risultato secondo solo ai Pooh. Forse non tutti sanno quanto siete popolari all’ estero. Ce lo può fare capire?
«Non mi piace celebrarmi, però siamo attivi in tutto l’ est Europa, l’ ex Unione sovietica per intenderci. Un po’ come Al Bano, Pupo, Toto Cutugno. E poi in Germania. Cantiamo anche per i nostri connazionali negli Stati Uniti e in Canada. Quando ancora c’ era il Muro di Berlino, una volta abbiamo chiesto ai russi come mai a loro piacesse tanto la nostra musica. “Voi portate il sole, il mare, trasmettete allegria”, ci risposero. In Russia c’ era una certa cappa di tristezza ma è un popolo coltissimo».

Un rimpianto?
«Ma no, siamo arrivati dove mai avremmo pensato. Abbiamo cantato, ballato, fatto pubblicità. Forse, se fossimo nati negli Stati Uniti o in Inghilterra e se avessimo cantato in inglese, avremmo avuto un successo ancora più ampio».

E adesso che farà?
«Non ho alcuna intenzione di girare il mondo. Ho voglia di normalità, come ho detto. Frequentare amici di vecchia data, che non fanno questo lavoro, voglio sentirmi una persona normale. Ho una moglie e una figlia che si deve laureare in giurisprudenza. Ho tantissimi interessi. L’ antiquariato, il giardinaggio, faccio trading borsistico che facevo anche con mio figlio. Ho due cani.
Uno l’ aveva trovato mio figlio, gli era saltato sul predellino del motorino sei anni fa, impaurito per i rumori di una festa. Se l’ era messo nel giubbotto e lo aveva portato a casa.Si chiama Olivia, è un Jack Russel. E poi un Cocker di quattro anni, Rudy».
Dica la verità, tra due anni saranno i 50 anni dei Ricchi e Poveri e farete una grande reunion.
«Non si sa mai nella vita. Ho detto ad Angela e Angelo che qualcosa più in là faremo. Io sarò sempre un Ricco e Povero: ho avuto tanta soddisfazione oltre ogni aspettativa, ma ora basta così».