20 anni fa moriva Freddy Mercury, che resta una “vergogna” per Zanzibar

ROMA – Nessuno è profeta in patria, neanche da morto: Freddy Mercury, per esempio, è considerato una vergogna a Zanzibar, dove è nato. Tra i vicoli di Stone Town, dove il piccolo Farrock Bulsara è cresciuto, c’è sempre qualcuno pronto a raccontare aneddoti anche improbabili, a vendere souvenir e mostrare i luoghi della presenza di colui che incendiò il Live Aid e che vendette milioni di dischi. Ma per le autorità, per il buon nome della grande isola della Tanzania, il suo nome è impronunciabile.

Le sue colpe? Essersi dichiarato omosessuale ed essere morto di Aids. Troppo per un’isola al 90% musulmana osservante. Qui l’omosessualità è un reato. E sebbene, in nome de turismo, si chiuda un occhio su bikini e shorts, su visite alle moschee a capo scoperto, anche a 20 anni dalla scomparsa dalla sua scomparsa, Freddy Mercury è un paria. Figlio di una famiglia Parsi, lasciò presto la casa di Kenyatta Street, per trasferirsi con la famiglia in India. Credenziali esotiche perfette per la futura icona del pop e della cultura gay mondiale. Non per Zanzibar, madre ingrata e gelosa del suo successo.

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