Gigi D’Alessio e la gavetta: “I matrimoni, i boss, Carosone”

Pubblicato il 24 Marzo 2012 - 12:52 OLTRE 6 MESI FA

Gigi D'Alessio e Anna Tatangelo (Lapresse)

ROMA – Gigi D’Alessio apre la sua casa e i suoi ricordi al Fatto quotidiano. Conserva la maglia dell’Argentina ’86, una delle prime cose che mostra al giornalista: “Me l’ha data Diego. A Napoli ci sono tre divinità: San Gennaro, Maradona e D’Alessio”.

Il cantante napoletano racconta la gavetta professionale e la sua vita a tutto tondo: “Allegri mi mandò un sms nell’intervallo di Lecce-Milan. Dice che gli porto fortuna. Il Milan era sotto 3-0. Tornai a casa. Il Milan vinse 4-3”.

Parla pure di politica: “A volte penso di essere più comunista io di tanti altri. Di politica capisco poco. Casini mi adora, Rutelli mi chiama ‘Gigetto’, Fini mi chiede di tenerlo sotto braccio così fa bella figura. A Bossi ho regalato una chitarra. I Ciampi – e Papa Wojtyla – l’incontro più bello. E la signora Bertinotti. E Orlando. E Santoro: in privato mi ha detto che mi stima. Dovevo salire su una torre per far scendere dei disoccupati, all’interno del suo programma”.

A Napoli ha suonato per il candidato sindaco del Pdl Lettieri: “Mio fratello Pietro aveva un tumore. La malattia che si è portata via i miei genitori. Mi è rimasta solo la sorella. Chiamai Berlusconi per avere i suoi medici. Era a un “G” non so cosa in Tunisia, mi aiutò in ogni modo. Poi, il mercoledì delle elezioni 2011, a mezzanotte mi telefona. Ero a casa con Anna (Tatangelo, nda): ‘Gigi, sto nella merda’, aiuta-mi’. Avrei suonato per lui anche mentre faceva il bidet. Un amico. Purtroppo Pietro, dopo un anno e mezzo di cure, è morto lo stesso”.

Poi parla di Milano: ” Rimasi in hotel fino alle 20. La Lega mi insultava, la sinistra mi minacciava. Sai che c’è? Andate tutti ‘affanculo. E son tornato a Napoli”.

Su De Magistris azzarda: “Si vende bene, è simpatico, ma ha fatto poco. Gli avrei regalato Sanremo se avessi vinto, ma credo si vergogni a incontrarmi”.

Sulla musica per i boss racconta ancora: “Era il ’92. Il mio collaboratore, Vincenzo D’Agostino, ritenne di sottoporre una canzone a Giuliano. Lui la lesse e impose di cambiare una parola. La cambiai. Fine del nostro unico incontro….Dal ‘92 al ’96 facevo fino a 13 matrimoni al giorno. A Napoli le donne si sposano per scegliersi il cantante. Per la comunione di mia figlia chiamai Dalla, per mio figlio vorrei Pazzini. Ho suonato anche per qualche boss. Come Carosone, Cocciante, D’Angelo. Spesso non mi pagavano: un bacio e via. Alla camorra ho regalato un mucchio di canzoni: ero obbligato. Se dicevo ‘no’ chi mi proteggeva? Anche i giornalisti ci vanno. E al mattino ricevono il cachemire”