Roger Waters infiamma il Circo Massimo contro Donald Trump: “Restiamo umani. No ai fascismi”

di redazione Blitz
Pubblicato il 15 Luglio 2018 - 18:06 OLTRE 6 MESI FA
Roger Waters infiamma il Circo Massimo contro Donald Trump: "Restiamo umani. No ai fascismi"

Roger Waters infiamma il Circo Massimo contro Donald Trump: “Restiamo umani. No ai fascismi” (foto Ansa)

ROMA  –  Musica ma anche tanta politica. Roger Waters, nella tappa romana dello Us + Them Tour, nell’ambito della decima edizione del festival Rock In Roma, [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] ha infiammato gli animi delle 45mila persone accorse al Circo Massimo.

“Restiamo umani” l’appello lanciato dall’ex Pink Floyd subito dopo aver suonato Pigs, quando sull’impressionante schermo ad alta definizione lungo più di sessanta metri piazzato alle spalle del palco, scorrevano senza sosta le immagini del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. “Questa mattina, come è successo per ogni data del tour, abbiamo messo un post su Facebook per annunciare il concerto”, ha detto Waters dal palco. “Il primo commento è stato quello di un tizio che diceva: per favore, vieni e suona le tue canzoni. Ma non lanciare messaggi politici. Ecco, a questo tizio vorrei dire: fuck you!”, ha concluso letteralmente.

Poi il ringraziamento “a quelle persone che hanno permesso a quattro imbarcazioni cariche di migranti e dirette in Italia, di approdare, nonostante la chiusura dei porti”. La politica, però, non è rimasta confinata nei soli messaggi tra una canzone e l’altra. Tutto lo show è una lunga cronaca del dramma umanitario e della disperazione. Seguita sempre però dall’appello al recupero del senso di umanità.

“Non per noi – spiega Waters – ma per i nostri figli e per i nostri nipoti. Dobbiamo permettere anche a loro di godere delle colline toscane come del deserto dell’Afghanistan. E c’è qualcuno che vuole distruggere tutto questo”.

Il concerto si apre con l’immagine di una donna seduta, che guarda verso l’orizzonte. Dopo diversi minuti il cielo vira al rosso, annunciando qualcosa di apocalittico. E’ a questo punto che irrompe la chitarra di Speak to me/Breathe, e il boato del pubblico romano non si fa attendere. Con One of thid days e Time la tensione sale e il basso ipnotico di Waters fa ballare il Circo Massimo.

La scaletta alterna grandi classici dei Floyd a pezzi del suo ultimo lavoro, Is this the life we really want?. Da The great Gig in the Sky e Welcome to The Machine si passa a Déjà Vu, Last Refugee e la potente Picture That. Poi le luci calano, e arriva uno di quei momenti che prima dell’era degli smartphone venivano scanditi dalla luce degli accendini: Waters imbraccia l’acustica e parte l’inconfondibile intro di Whish You Where Here. Il Circo Massimo canta come una sola voce. Ed è il traino per Another Brick in the Wall Part 2, certamente uno dei pezzi più attesi.

Dopo un break di un quarto d’ora, il multiforme palco cambia. Con un fragore degno di un terremoto sembra crollare, implodere, chiudersi su se stesso. Sull’enorme schermo spuntano quattro ciminiere, che svettano verso il cielo. Di colpo le vestigia romane del Palatino si trasformano nella power station di Battersea, mentre il maiale Algie prende il volo, fermandosi lì dove richiede la copertina di Animals. Parte Dogs e Pigs segue a ruota: è il cuore politico del concerto. L’invettiva contro Trump, certo. Ma anche contro “tutti i fascismi”: vengono citati anche Le Pen, Farage e Putin. E qualcuno grida “Salvini”.

Si spengono le luci e dei laser disegnano un enorme prisma di fronte al palco. Dal fondo del Circo Massimo un raggio di luce lo attraversa, trasformandosi in un arcobaleno che abbraccia il palco. E’ l’ennesima trasformazione: ora il centro di Roma è una copertina dello studio Hipgnosis di Storm Thorgerson. Parte Brain Damage, seguita da Eclipse. La virata intimista di Mother vede spegnersi gli effetti del video-wall lasciando il palco al solo Waters con la chitarra acustica.

“Restiamo umani”, chiede ancora. E questa volta lo fa in italiano. Prima di lanciarsi nella chiusura del concerto: quella Comfortably Numb che tutti attendevano fin dall’inizio. Certo, manca Gilmour. Ma la chitarra di David Kilminster non lo fa rimpiangere.