Scala, Milano, arabi sauditi in Cda. La legge del taglione nella città dei diritti. Gasparri: “Riad non può entrare”

di Marilena D'Elia
Pubblicato il 4 Marzo 2019 - 11:32| Aggiornato il 12 Settembre 2019 OLTRE 6 MESI FA

Scala, Milano, arabi sauditi in Cda. Legge del taglione nella città dei diritti. Nella foto Ansa di Daniel Dal Zennaroil sovrintendente Alexander Pereira

Gli arabi alla Scala di Milano? Non come spettatori, ma nel consiglio di amministrazione.

Sembra fatta, in cambio di tanti soldi, naturalmente, e mezzo mondo insorge. Imbarazzante. Siamo a Milano, la città dove hanno sfilato in 250 mila contro il razzismo, per i diritti.

E i sauditi non portano certo la bandiera, quanto a diritti, donne, omosessuali, atei e spesso anche solo persone qualunque.

Altro che prima le persone: a parte lo scandalo del giornalista Jamal Kashoggi, ucciso per ordine reale perché sapeva troppo, da quelle parti mani tagliate, frustate e impiccagioni sono cronaca giornaliera.

Possibile che nessuno si sia posto il problema?  

Tra i primi a fare obiezioni è stato il sen. Maurizio Gasparri, di Forza Italia. Ha presentato una interrogazione al ministro dei Beni Culturali per sapere ‘quale sia la valutazione del Governo sulla ipotesi di ingresso del Governo dell’Arabia Saudita nel Cda del teatro alla Scala di Milano”.

Spiega Gasparri: “Pur comprendendo l’importanza della proiezione internazionale di una storica istituzione culturale italiana e l’utilità delle risorse economiche che potrebbero arrivare da Riad, suscitano perplessità iniziative non limitate ad eventuali sponsorizzazioni, ma che possano prevede la presenza di rappresentanti di un Paese che non dà alcuna garanzia sul rispetto di diritti fondamentali, nel cuore stesso della Scala, entrando nel Cda.

“Pecunia non olet, si dice dai tempi dell’antica Roma, ma non è un principio eticamente sempre condivisibile. Anche in recenti drammatiche occasioni l’Arabia Saudita ha dato pessima prova, finendo sotto accusa per vicende inquietanti.

“Non vorremmo riproporre le sequenze di un ormai vecchio ma sempre attuale film, Quinto potere, dedicato all’infiltrazione della finanza araba nei media americani.

“Qui non siamo in un film, ma in una tragica realtà. Difendere la storia e l’identità della Scala è un dovere anche del Governo italiano, benché rileviamo la irrilevanza culturale di quello attuale.

“Che dice il ministro competente di questo rischio di ‘scalata’ saudita alla Scala?”. 

 Successivamente Gasparri ha rincarato la dose: “Il governo risponda quanto prima alla mia interrogazione sulla Scala. Bisogna dire chiaramente e a tutti i livelli no alla presenza dell’Arabia Saudita nel Cda di una nostra fondamentale istituzione culturale. Quel Paese non offre garanzie sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali. Sarebbe un paradosso che a Milano marcino contro un presunto razzismo, che in Italia non c’è, e poi spalanchino le porte a chi governa secondo principi assolutistici il proprio Paese. Riad nel Cda della Scala non ci può entrare”.

L’ipotesi saudita ha scatenato le polemiche. 

L’ingresso dei sauditi nel cda della Scala era stato anticipato da Francesca Caferri su Repubblica.

L’accordo è complesso. Comprende: “due concerti targati La Scala” in terra d’Arabia”, 

“Un’accademia per formare musicisti, ballerini e cantanti in un Paese dove musica e danza sono stati a lungo banditi.

“Una donazione, ancora allo studio, che se si realizzasse farebbe della nazione più discussa degli ultimi mesi un punto di riferimento nella principale istituzione culturale italiana”.

L’accordo è stato firmato nel gennaio 2019 dal sovrintendente dala Scala Alexander Pereira con i rappresentanti del ministero della Cultura saudita,

Finora, ha rivelava Francesca Caferri, solo quella relativa alla rappresentazione in forma di concerto della Traviata e del Rigoletto nel regno nei prossimi mesi era nota.

La scelta delle opere rappresenta in sé un segno dei tempi. Come nota Francesca Caferri, ” soltanto parlare in pubblico del soggetto di uno di essi, gli amori della cortigiana Violetta, in Arabia Saudita fino a poco tempo fa sarebbe stato un biglietto certo per il carcere”.

L’annuncio ufficiale, sempre secondo Repubblica, sarà dato il 10 marzo a Riad dal principe Bader bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan Al Saud, ministro della Cultura saudita, amico e parente del principe ereditario Mohammed bin Salman, “salito all’onore delle cronache per aver acquistato — si dice per conto dell’erede al trono — il Salvator Mundi attribuito a Leonardo da Vinci per 450 milioni di dollari.

Bader bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan Al Saudi nell’occasione llustrerà al mondo la strategia culturale del regno per i prossimi anni. Alle porte di Riad è in costruzione una “città del divertimento”, che comprenderà 3 teatri dell’opera e  dove dovrebbe trovare spazio l’accademia gestita dalla Scala.

La prima mossa della trattativa che ha portato all’accordo, stando a Francesca Caferri, è stata compiuta proprio da Pereira, che “nell’estate scorsa ha ufficialmente espresso interesse per una collaborazione”.

Seconda tappa, l’invito al principe Bader di assistere alla prima della Scala la sera di Sant’Ambrogio, il 7 dicembre 2018.

“Proprio in quella sede sarebbe nata la discussione sulla terza parte dell’accordo, quella ancora in fase di studio: la donazione di più di dieci milioni di euro da parte del governo saudita alla Fondazione alla Scala.

“Un’operazione a cui Pereira sta lavorando con pazienza: anche perché lo aiuterebbe a restare, come vorrebbe, sulla poltrona di sovrintendente per altri due anni dopo la scadenza del suo mandato, prevista per il 2020. La donazione porterebbe il regno fra i soci fondatori del teatro accanto a nomi come Eni, Pirelli, Generali e Tod’s.