Tra crisi e bunga bunga alla Scala il Don Giovanni “impunito”

di Maria Elena Perrero
Pubblicato il 8 Dicembre 2011 - 09:42 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il Don Giovanni della crisi è più che mai impunito: morto, torna dall’inferno per fumarsi una sigaretta e vedere gli altri sprofondare nell’Ade. Non è neppure uno stupratore: Donna Anna lo accoglie nel letto ben felice di ritrovare i piaceri non concessi dal suo Don Ottavio.

D’altra parte, sarà pure in periodo di crisi, ma questa prima è anche la prima del dopo bunga-bunga e del dopo Berlusconi. Catartica, forse, la rappresentazione. Riprodotta in scena la Scala, per i costumi Brigitte Reiffenstuel ha preso lo stesso velluto porpora delle poltrone della platea. Un gioco di specchi, letteralmente, si rompe il confine della scena. Il convitato di pietra che sbuca sul palco reale, tra Giorgio Napolitano e Mario Monti. La cameriera violata da Leporello che sfugge seminuda, in calze autoreggenti.

Non è il Bagaglino, ma la prima della Scala porta il quotidiano in scena. Un Don Giovanni libero, più che libertino. Apprezzato dal pubblico, che ha applaudito per dodici minuti. Forse meno dalla critica. E pure dal loggione si è levato un grido al direttore Daniel Barenboim: “Sei lento”.

Tanto per non discostarsi dall’uso corrente, la scena di Michael Levine è stata minimalista. La regia di Robert Carsen  benevola – al maschile, si intende.

Anche il pubblico ricorda il periodo di austerità, almeno a parole. Tutti a difendere l’abbigliamento, obbligatoriamente non dimesso. Smoking senza firma per il sindaco Giuliano Pisapia e “strausato” per il governatore Roberto Formigoni (“ha fatto dieci prime” sic!). Tanto bianco e nero  e blu per le signore. Persino le proteste sono state s0brie, nulla a confronto degli anni passati.

Forse tanto desiderio di sobrietà fa confondere la differenza da responsabilità: come Barenmboim dice di Don Giovanni “schiavo solo della volontà di sedurre”. E la regia sembra voler mostrare che la colpa è anche delle donne. Tra scena e platea non ci sono più confini. Forse neppure tra bene e male.