Sinéad O’Connor: La sacerdotessa del rock che vuole ”salvare Dio dalla religione”

Pubblicato il 1 Maggio 2010 - 11:05 OLTRE 6 MESI FA

La Repubblica pubblica un’intervista alla controversa cantante irlandese Sinead O’Connor. Ne riportiamo alcuni stralci: 

“Non sono scomparsa, vivo a Dublino, sono una mamma felice”, esordisce Sinéad, che sabato sera terrà un concerto acustico al Teatro San Carlo di Napoli (poi tornerà il 22 maggio a Fabriano e l’8 luglio a Genova). “Si sa, i bambini hanno bisogno di tempo, soprattutto in età scolare. E d’altronde io non faccio dischi se non ho tra le mani le canzoni giuste, brani che siano l’esatta rappresentazione del mio pensiero e dei miei sentimenti”.

Severa e intransigente, come sempre. Ribelle e polemica, più di sempre. Della sua vita ha sempre spiattellato ogni cosa: gli abusi subiti da una madre separata e dalle suore cui fu data in custodia dopo ripetuti episodi di cleptomania adolescenziale; il rapporto conflittuale con il cattolicesimo che la portò al gesto estremo di strappare l’immagine di Giovanni Paolo II davanti alle telecamere del Saturday Night Live e a pretendere di essere ordinata sacerdote dal vescovo di un gruppo cattolico indipendente col nome di Mother Bernadette Mary; la mortificazione della femminilità col taglio di capelli; quattro figli avuti da altrettanti uomini e le contraddittorie dichiarazioni sulla propria sessualità (“Nonostante non l’abbia mai detto apertamente, sono lesbica”, dichiarò nel 2000); il disagio di convivere con una dolorosa forma di fibromialgia.

“Mi è difficile ricordare quel che è successo vent’anni fa”, dice, “non per eludere le domande, ma proprio perché non ricordo. Mi capita spesso di chiedere ad altre persone informazioni sul mio passato. Ricordo molto chiaramente che ero una fan di Barbra Streisand, che a quindici anni cantavo Evergreen dalla mattina alla sera, che poi sono stata rapita da Dylan e infine da Bob Marley, Smiths, Public Enemy, Nwa, Krs One. La mia storia nel mondo dello spettacolo è altalenante: brillante nei momenti in cui ero felice, turbolenta quando non lo ero. Il successo è comunque un trauma, soprattutto se sei sola come ero io quando arrivai da Dublino a Londra. Ero ingenua, eccitata di esibirmi a Top of the Pops, al settimo cielo quando partii per il primo tour mondiale. Ma, a ben guardare, tutto era un gran caos, poco familiare, confuso, straniante”.    eé

Negli anni Novanta, Sinéad O’Connor era la sacerdotessa del rock, l’orgoglio della musica irlandese, protagonista degli eventi top (The Wall dei Pink Floyd a Berlino, la colonna sonora de In nome del padre, la celebrazione degli Who nei due concerti alla Carnegie Hall, infine una parte nel film The butcher boy di Neil Jordan: era la Vergine Maria).

Il suo impegno di attivista, mai lasciato in secondo piano, è ora tornato prepotentemente alla ribalta. Già nel ’92, scegliendo come inno di battaglia l’aggressiva War di Bob Marley, Sinéad denunciò il fenomeno dei preti pedofili. Fu in quell’occasione che fece a pezzi l’immagine del papa gridando: “Combattete il vero nemico”. Oggi dice: “Quella canzone mi diede la forza di esprimere onestamente le mie opinioni, di combattere contro le ingiustizie che mi balzavano agli occhi, di usare la mia arte e la mia popolarità come strumento di denuncia. Lo so, ci sono musicisti di grande popolarità che nelle loro canzoni non dicono assolutamente niente, sembrano vivere sulla luna. Come si può ignorare i problemi che sono sotto gli occhi di tutti quando si fa un mestiere come il nostro?”.

Non nega le affermazioni fatte in tv a Oprah Winfrey (di essere affetta da bipolarismo e aver tentato il suicidio a 33 anni) e rincara la dose di accuse contro la chiesa cattolica in merito allo scandalo dei preti irlandesi, già lanciate attraverso la Cnn, la Nbc e diversi quotidiani come il Washington Post e l’Independent.

“Credo fermamente nei precetti del cristianesimo, nella Trinità e in Gesù Cristo”, dice, ma allo stesso tempo chiede le dimissioni di Benedetto XVI “per non aver cooperato con la commissione d’inchiesta e il ritiro dell’ambasciatore irlandese presso la Santa Sede in segno di rispetto per il popolo d’Irlanda oltraggiato dalla noncuranza dimostrata dal Vaticano nei confronti della sofferenza patita dalle vittime degli abusi sessuali perpetrati dal clero”.

Dice che questa è la sua missione, “salvare Dio dalla religione” in un mondo flagellato dalle guerre e dai reiterati scempi contro l’ambiente. “Per questo continuo a lottare”, conclude, “per la paura di non essere più in grado, un giorno, di avere un tetto, cibo e vestiti per la mia famiglia”.