Con Spotify e Pandora scaricare musica è “legale”. Ma artisti guadagnano meno

Pubblicato il 29 Gennaio 2013 - 19:17| Aggiornato il 12 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

NEW YORK – In principio furono i dischi, poi le cassette, i compact disc, gli mp3. Di rivoluzioni, l’industria musicale, ne ha attraversate parecchie ma è con l’avvento dell’iTunes Store di Apple che le carte in tavola hanno cominciato a girare. E ora la trasformazione digitale si fa ancora più radicale: nell’era del download, riporta il New York Times, un numero sempre crescente di persone si affida ai servizi di streaming come Spotify, Pandora e YouTube.

Ma la rivoluzione non è solo di segno commerciale, perché le conseguenze ricadono anche sugli artisti. Se da un lato, infatti, accolgono con soddisfazione i nuovi fenomeni di fruizione “legale” della musica in streaming in un’industria sempre più messa alle strette dalla pirateria, d’altra parte non mancano le preoccupazioni per le royalty sempre più basse.

A fronte delle aziende che offrono servizi di streaming, diventate colossi multi miliardari, le royalty percepite dagli artisti sono in calo. Funziona così: su un download da 99 cent un artista in media incassa dai 7 ai 10 cent. Per i servizi di streaming, invece, gli artisti, così come gli altri attori della catena musicale, ricevono frazioni di cent ogni volta che la canzone è ascoltata. E non sono poche le perplessità in merito alla sostenibilità di un sistema così organizzato.