Abolire il canone Rai e altre follie. Tutte le scemenze per andare a caccia di voti

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 7 Gennaio 2018 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
CANONE-RAI

La vecchia bolletta del Canone Rai

ROMA – “Si resta un po’ sconsolati”, scrive Giuseppe Turani nel suo articolo Demagogia Pd su Uomini & Business. “L’Italia ha un problema gigantesco, il suo immenso debito pubblico, ma su come ridurlo nessuno fa proposte. Anzi, tutti lanciano idee per aumentarlo ancora di più. E pensare che il momento esatto sarebbe questo: oggi il nostro paese cresce circa tre volte più in fretta della media degli ultimi vent’anni”.

La campagna elettorale è appena cominciata e già le scemenze fioccano. L’ultima sembra sia l’ideona di Matteo Renzi di abolire il canone Rai, che lo stesso, peraltro, aveva reso più che obbligatorio, inserendolo nella bolletta della luce.

Protestare e indignarsi serve, certo. In questo caso persino il ministro Calenda ha alzato la voce: sarebbe una presa in giro. Ma chi volesse protestare farà bene a tenersi qualche aggettivo da parte: da qui al 4 marzo di scemenze ne verranno proposte un’infinità.

Ad esempio il candidato 5 stelle Di Maio ha spiegato che scopo ultimo del reddito di cittadinanza (la cretinata più grossa di tutte, la balena della categoria) è quello di ottenere che nessuno abbia bisogno dello stesso reddito di cittadinanza. Tradotto in italiano comprensibile a tutti, questo significa che scopo ultimo del reddito di cittadinanza è la piena occupazione: almeno tre secoli di illustri economisti di ogni tendenza si stanno rotolando nelle loro tombe.

Ma torniamo a Renzi. Il canone RAI andrebbe abolito (sembra)  perché è una brutta tassa, antipatica. E su questo si può convenire. Ma fra le 100 tasse italiane di brutto non c’è solo il canone Rai. Molte altre sono orribili e anche inutili. Su 100 tasse almeno 80 forniscono allo Stato un gettito ridicolo o irrilevante. Abolirle con un tratto di penna sarebbe un’opera meritoria e utile a rendere la vita dei cittadini e delle imprese meno complicata.

Ma non si fa, benché tutti sappiamo che la situazione è questa. Perché?

Perché ognuna di quelle tasse risponde a qualche astruso criterio di giustizia sociale: farle sparire vorrebbe dire esporsi alla critica devastante del popolo. E quindi non si fa, regalando lavoro ai commercialisti. Solo sotto elezioni i partiti in lizza propongono di abolire qualcosa: in genere le tasse più antipatiche.

Ma questo non è governare. E’ semplice caccia al voto. In queste cose Berlusconi è un maestro (è stato il primo a dare il via) e quindi aspettiamo con calma di sentire come risponderà.

Si resta, comunque, un po’ sconsolati. L’Italia ha un problema gigantesco, il suo immenso debito pubblico, ma su come ridurlo nessuno fa proposte. Anzi, tutti lanciano idee per aumentarlo ancora di più.

E pensare che il momento esatto sarebbe questo: oggi il nostro paese cresce circa tre volte più in fretta della media degli ultimi vent’anni. Rubo allora uno slogan alle amiche femministe: se non ora, quando?