Alessandra Moretti, l’ascesa e il crollo più veloci dell’est

di Emiliano Condò
Pubblicato il 3 Giugno 2015 - 15:28 OLTRE 6 MESI FA
Alessandra Moretti, l'ascesa e il crollo più veloci dell'est

Alessandra Moretti, l’ascesa e il crollo più veloci dell’est

ROMA – Fino all’anno del signore 2012 Alessandra Moretti era poco più che una illustre sconosciuta. Se si esclude forse Vicenza dove la giovane Dem faceva il vicesindaco. Tre anni dopo Alessandra Moretti è il simbolo del flop: candidata governatore in Veneto porta a casa il 22% dei voti. Viene più che doppiata da Luca Zaia. Soprattutto raccoglie in Regione il peggior risultato della storia del Partito Democratico in un momento in cui lo stesso partito a livello nazionale non è certo ai minimi termini.  In soli tre anni Moretti completa un ciclo: parte come politica locale e si ritrova a sedere, come consigliere di un’opposizione tutto sommato trascurabile, in un posto che più locale non si può: un consiglio regionale.

Ma in quegli stessi tre anni, Moretti ha fatto un po’ di tutto: un’ascesa politica vertiginosa l’ha portata ad essere nel giro di pochi mesi portavoce di Pier Luigi Bersani, deputata, eurodeputata, candidata governatrice. Poi la caduta, pesante e dolorosa. Condita dalla rete che infierisce, da pubblicità piene di sarcasmo, da esponenti dell’opposizione a Renzi che la eleggono a simbolo del renzismo riflesso che fallisce.

Eppure, fino a pochi mesi fa, i segnali erano tutti tranne che quelli della caduta. Dal 2012 a maggio Moretti sembrava essere l’emblema della “sinistra nuova”. Giovane, donna, sorridente. Poche “chiacchiere” su lavoro e altri temi di solito cari alla sinistra, tanta tv. I suoi primi passi nella politica nazionale Moretti li aveva iniziati a muovere qualche anno prima. In posti periferici, occupandosi di scuola. Nel 2012 c’è il primo salto di qualità: Pier Luigi Bersani allora segretario col sogno di diventare premier la sceglie come portavoce. Moretti diventa emanazione del verbo di Bersani soprattutto sui social. A dicembre Bersani vince le primarie. La Moretti si fa immortalare insieme a segretario e altri portavoce mentre saluta la folla con il pugno chiuso. Soprattutto si guadagna un posto nel listino bloccato: significa elezione sicura alla Camera dei Deputati. Solo che le elezioni non vanno benissimo. Come sintetizzerà Bersani: “Siamo arrivati primi ma non abbiamo vinto”.

Bersani, in quel momento, sente la pressione di Matteo Renzi. I rapporti sono tesi, e Moretti trova il modo di dire la sua sul premier: “Assomiglia a Berlusconi, fa la primadonna, è egocentrico e pure maschilista. Ha una corte di donne, ama essere al centro dell’ attenzione. E ha pure quel modo di parlare così strano…”.

Viene da pensare che una che dice certe cose mai potrà sostenere Renzi. E invece quando nel Pd cambia tutto Moretti segue la corrente. Renzi stravince le primarie, si prende prima il partito poi il governo. E allora Moretti viene folgorata sulla via di Firenze: da bersaniana ortodossa si fa renziana pura. Dopo qualche mese diventa capolista del Pd alle Europee nella circoscrizione Nord-Orientale, quella che comprende anche il Veneto. Stavolta le elezioni vanno più che bene, e Moretti si trova catapultata a Strasburgo-Bruxelles. Ma non si ferma.

Quel 37% preso dal Pd in Veneto (frutto di quel 41% Nazionale) ingolosisce. Renzi inizia a pensare che il Veneto si può espugnare. Che è un po’ come quando Forza Italia si prese Bologna: serve un miracolo. La persona scelta per tentare il miracolo è ancora una volta lei: Alessandra Moretti. Allora via dall’europarlamento, si torna a casa. La missione è quasi impossibile ma in quel momento il Pd ebbro di voti pensa di poterci almeno provare.

Qui qualcosa si inceppa. Perché Moretti, fuori dai listini bloccati e dalla posizione di capolista si trova a dover fare politica sul territorio. Il Veneto non è Vicenza e Luca Zaia, piaccia o no, è un signore che in Veneto ha governato con un suo modello preciso che ai veneti piace. Moretti si trova catapultata in un territorio non esattamente amichevole. E iniziano a piovere gaffe improbabili.  Il 21 gennaio 2015 va a fare campagna elettorale a Treviso. Entra in un bar, arringa la folla, fa un toccante discorso sui bambini da proteggere. A tre metri da lei c’è un bambino che gioca con le slot machine. Lei non se ne accorge: il bimbo finisce nel filmato.

Prima, il 18 novembre, concede un’intervista al Corriere della Sera. Sempre in video. Spiega che lei, politica ladylike è “bravissima in tutto“. Se lo dice da sola. Dice (sic)  che lei è quella che “più di tutti può mettere in difficoltà Luca Zaia”. Per non farsi mancare nulla dice anche di essere bella. Non dice di essere umile, sarà per la prossima volta.

Quando Flavio Tosi rompe con la Lega e si candida contro Zaia il Pd pensa davvero di potercela fare. Solo che Moretti non sfonda. Le urne senza paracadute non sono mai state il suo forte. Ricorda il Giornale che nel 2007 Moretti  prese lo 0,5% con la sua lista Under 35 alle provinciali di Vicenza, e che non andò meglio alle Comunali del 2008, dove a sostegno della lista civica di Achille Variati l’avvocatessa portò a casa 195 voti.

Allora la mossa della disperazione è uno spot con Matteo Renzi. I due sono in macchina. Chiacchierano, mentre scorre il paesaggio Veneto. Moretti snocciola ricordi, ma guida lui, Renzi. Un modo come un altro per far passare ai veneti un messaggio che suona più o meno così: “Votate lei ma guido io, tranquilli se la pensate inadeguata sono io quello che ha il volante”. Non basta. Anche perché Moretti nel frattempo trova il modo di far infuriare prima i gay firmando una petizione a favore della famiglia tradizionale e poi i cattolici firmando la petizione contraria, quella pro gay.

Arriva il 31 maggio. I veneti votano. Moretti crolla. Resta una foto. Quella di fine campagna elettorale. Ci sono cinque donne, quella al centro è lei. Le altre sono quattro che ce l’hanno fatta: Roberta Pinotti, Marianna Madia, Maria Elena Boschi, Deborah Serracchiani.