MILANO – L’arancione tenta di diventare verde, ma rischia di diventare un arancione sbiadito. Stiamo parlando del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, del sua vittoria “arancione” e della sua Area C. Quell’area di Milano compresa dai bastioni che, soppiantando l’Ecopass di morattiana memoria, da lunedì prossimo sarà a pagamento. Si pagherà per accedervi in auto. E pagherà sia chi ci andrà a fare shopping, sia chi vi accederà per andare in ufficio. E persino chi ci andrà perché ci abita. Sconti per i lavoratori, forse. Elasticità per i residenti, probabile. Ma tutti pagheranno, questo è certo. E non è giusto. O meglio, non è giusto alle condizioni a cui i milanesi dovranno sottostare dalla prossima settimana.
Che si debba migliorare la qualità dell’aria di Milano, che si debba abbattere lo smog in una delle città che registra più casi di malattie da inquinamento di tutta Europa è chiaro a tutti ed è un obiettivo condivisibile e giusto. Che Pisapia si sia speso in campagna elettorale anche a favore del verde e dell’ecologia sostenendo la necessità di riforme sul tema, raccogliendo il consenso di molti elettori con lui concordi, è altrettanto vero. Ma oggi sono quelli stessi che lo hanno votato i primi a protestare per l’Area C, quella soggetta alla congestion charge, la tassa sul traffico. Non sono però gli unici a protestare. La battaglia contro l’Area C riunisce diverse forme di protesta, da quelle un po’ opportunistiche dell’opposizione a quella del portafogli, quella cioè di chi in un momento di crisi non vuole nuove tasse punto e basta. Ma parte della protesta nasce anche da chi, oltre ad aver votato Pisapia, vuole più verde ed è persino disposto a pagare. Ma se si paga, bisogna pagare per qualcosa, ed il limite dell’Area C, il limite che la rende ingiusta, è qui. Si paga, residenti compresi, ma non si avrà nessun beneficio. I soldi che entreranno serviranno a far quadrare il bilancio comunale.
Città europee, vedi Londra, che hanno limitato l’accesso ai loro centri alle auto ce ne sono. Milano non sarà un caso unico quindi. Ma, se si impone a tutti di pagare, lavoratori e residenti compresi, bisogna offrire a questi cittadini delle alternative. La metropolitana di Milano, se pur infinitamente migliore di quella Roma, non è certo all’altezza di quella di Londra. Per non paralare poi di autobus e tram. Se il centro o una qualsiasi altra zona viene limitata alle auto, chi ci deve andare non per piacere ma per lavoro o perché ci abita, deve avere la garanzia di poterci arrivare comodamente e rapidamente. Ma con il varo dell’Area C non sono previste nuove linee di metro o di autobus, non sono previsti nuovi parcheggi gratuiti da cui accedere ai mezzi pubblici il cui biglietto, tra l’altro, è appena salito da un euro ad un euro e mezzo. Nulla di tutto ciò, appena qualche corsa in più e qualche linea allungata. Troppo poco a fronte dei 5 euro chiesti a chi entrerà tra i Bastioni di Milano.
In quella che da lunedì prossimo sarà ufficialmente l’Area C (anche se le multe non scatteranno sino a marzo), la cittadella che è il centro di Milano, entrano 500 mila persone al giorno, 300 mila di questi sono lavoratori, il 40 per cento di chi ha un’occupazione in città. Il 20 per cento arriva in auto, tradotto circa 100 mila macchine al giorno. E il balzello, il biglietto, il ticket o qualsiasi nome gli si voglia dare, ha l’obiettivo di ridurre di 31/38 mila le macchine e i furgoni che entrano in centro. Il deterrente è forte: 5 euro. Per tutti, senza distinzione. Esentati solo i veicoli superecologici, elettrici, a gpl e a metano, le moto e gli scooter. Si prevedono di incassare 30/35 milioni di euro che probabilmente non saranno destinati a nuovi e migliori servizi ma a mettere una pezza al bilancio comunale. L’Area C sarà a pagamento dal lunedì al venerdì, dalle 7 e mezza del mattino alle 7 e mezza di sera.
Vista la moltitudine delle proteste correttivi sono allo studio e probabili: i confini per chi abita in centro, ad esempio, potrebbero e dovrebbero riaprirsi con un paio d’ore d’anticipo, o forse più, così da permettere a chi lavora all’esterno un rientro in casa senza dover pagare l’ingresso. E poi una sorta di Telepass per facilitare il versamento del ticket. Ci sarà poi un periodo di due mesi per mettersi in regola con i pagamenti e le registrazioni. Tutte migliorie e aggiustamenti in divenire che però non cambiano la natura ingiusta del provvedimento. Per renderlo giusto bisognerebbe offrire come detto alternative di trasporto. Magari pedonalizzare tutto il centro e creare anche dei giardini nuovi con mezzi pubblici puntuali, numerosi, puliti, capillari e non sovraffollatti. Allora si potrebbero chiedere anche 100 euro invece di 5 a chi vuol prendere la macchina senza concedere nessuna esenzione. E non ci sarebbero proteste.