Befera, quello delle tasse: 5000 in meno al mese. Che brivido tagliargli la paga

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 10 Aprile 2014 - 14:10 OLTRE 6 MESI FA

stipendiROMA – Attilio Befera, capo dell’agenzia delle Entrate; Alessandro Pansa, capo della polizia e Daniele Franco, Ragioniere generale dello Stato. Cosa accomuna costoro? In primis lo stipendio, ricco. Ed “in secundis” per dirla con Totò, la prospettiva di vederselo tagliato, presto. Sono infatti Befera, Pansa e Franco tra i 50 superdirigenti pubblici che cadranno sotto la tagliola annunciata dal premier Renzi. Tagliola che prevede che nessun dipendente e stipendiato pubblico possa guadagnare più del presidente della Repubblica, ovvero 238 mila euro annui. Mentre il tetto precedente, legato allo stipendio del primo presidente di Cassazione, arrivava a quota 302 mila.

Attilio Befera, quello delle tasse. Il capo di quelli delle tasse. L’idea che gli taglino lo stipendio, che sfilino dalle sue tasche ben 65 mila euro l’anno, a leggerla genera emozione insieme rozza e genuina. Rozzo e insieme genuino è il “ben gli sta” che viene in mente a tutti noi. Sì, proprio a tutti noi. Sia che si sia di quelli che le tasse le pagano soffrendo però le angherie di una burocrazia fiscale che meriterebbe il taglio delle retribuzioni e anche d’altro… Sia che si sia di quelli che le tasse le evadono e quindi strillano come e più che le pagassero. Sia come sia, “quello” delle tasse, il capo delle tasse non solo non ci fa nessuna simpatia, ci fa anzi fregare le mani di soddisfazione l’idea che gli levino cinquemila al mese dal robusto stipendio.

Il brivido di compiacimento alla notizia non ha tempo e modo di domandarsi se poi il taglio avverrà davvero. Tanto meno di chiedersi quale sia mai la “giusta” retribuzione per attività complesse e di enorme responsabilità. Il brivido di compiacimento ha dietro e sotto di sé una fornace, una pentola vulcanica, una camera magmatica che bolle e ribolle da tempo: non se ne può più di alti guadagni e bassi risultati, di alti costi pubblici e servizi pubblici nani. Non se ne può più da tento tempo che è diventato uno sbrigativo non se ne può più delle alte retribuzioni a prescindere. A prescindere di quanto siano davvero alte e in Italia in molti luoghi della Pubblica Amministrazione lo sono. Un’eruzione di “non se ne può più” che Matteo Renzi non argina, anzi lascia che scorra.

Come scrive Paolo Baroni su La Stampa, “i nuovi arrivati sanno già che staranno a stecchetto, tant’è che il nuovo segretario generale di palazzo Chigi, Mauro Bonaretti, nominato da Renzi nemmeno venti giorni fa, non sa ancora di preciso quanto guadagnerà. E la voce ‘compensi connessi all’assunzione della carica’ sul sito del governo risulta ‘in aggiornamento’. Al Tesoro, invece, il nuovo capo di gabinetto di Padoan, Roberto Garofoli, ha subito rinunciato a qualsiasi indennità: si fa bastare lo stipendio di magistrato del Consiglio di Stato, mentre a palazzo Chigi in qualità di segretario generale beneficiava di una ‘aggiunta’ di 47mila euro. In bianco, come in tanti altri dicasteri, per ora anche i compensi del vice capo gabinetto Alessandro Tonetti, dei tre capi del legislativo (Simi, Sica e Quadri) e del nuovo capo della segreteria tecnica, Fabrizio Pagani. Tutti gli altri, i ‘vecchi’, aspettano il taglia-stipendi renziano e fanno due conti partendo dal fatto che il premier ha deciso che nessun dirigente pubblico potrà guadagnare più del presidente della Repubblica”.

Taglia stipendi che non colpirà solo i superdirigenti, ma tutte le retribuzioni sopra i 70 mila euro e che porterà quindi uno sgravio consistente per le casse pubbliche.

Vale la pena sbirciare i profili di alcuni di quelli che vedranno dimagrire la loro busta paga.

E come non cominciare da Befera allora, l’uomo delle tasse, il nemico giurato degli evasori e dell’evasione, ma anche il capo di quei burocrati che ti torturano anche se le tasse le paghi? Il capo delle Agenzie delle entrate guadagna oggi 302.900 euro, ben 65mila più di Giorgio Napolitano. E non c’è dubbio che possa vivere serenamente anche con qualche migliaio di euro in meno. Ma Befera è anche l’uomo dei contestati blitz, come quello a Cortina che, stando alle cronache degli ultimi giorni, hanno fruttato in termini di recupero dell’evasione delle cifre tutt’altro che simboliche. Chissà che effetto farà questo taglio, oggi, nelle valli venete che ricevettero il blitz. È probabile che qualcuno sorriderà.

Tocca poi a Pansa, il capo della Polizia, che sinora ha guadagnato 301.344 annui. Anche lui più di Napolitano. Si tagliano i commissariati, non c’è la benzina per le auto ed è quindi giusto che anche gli emolumenti del capo subiscano una cura dimagrante. Anche in questo caso non è difficile immaginare qualche ricco pregiudicato ridersela dal suo yacht.

Ed infine Franco, meritevole di menzione non tanto per il suo ruolo nella struttura dello Stato ma per la triste sorte capitatagli, se l’aggettivo “triste” si può usare in casi come questo. Il Ragioniere generale dello Stato guadagna oggi 303.353 annui. Beato lui, certo. Ma di cure dimagranti lo stipendio di Franco già ne aveva subite. Il suo predecessore guadagnava in ben 259.000 euro in più, cioè 562.000 euro annui. Franco è diventato Ragioniere generale nemmeno un anno fa, a maggio del 2013, a 60 anni. Approdato all’incarico quindi al termine di una lunga carriera. Una lunga carriera in cui certamente, oltre gli obiettivi professionali, Franco avrà pensato allo stipendio che avrebbe avuto salendo i gradini della gerarchia. Arrivato al vertice però zac, meno 259.000 euro. Passa un anno e zac, via altri 65.000. Farà un pensiero alla pensione?

In tutto questo, sarebbe interessante sapere cosa ne pensa l’inquilino del Quirinale. Anche se, in fondo, stando allo stipendio che ha, non deve certo essere uno dei dirigenti più importanti di questo Paese.