Grillo a Genova ha “perso il tocco”. Scudi umani no guardie, ma come li sceglie?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 15 Ottobre 2014 - 13:06 OLTRE 6 MESI FA
Beppe Grillo a Genova (Foto Ansa)

Beppe Grillo a Genova (Foto Ansa)

GENOVA – “Hai perso il tocco, Beppe Grillo. Che peccato, sei già ieri”. Che la visita del leader pentastellato alla sua Genova alluvionata non fosse stato un successo né un bagno di folla per l’ex comico è un dato abbastanza netto. Un dato saltato immediatamente agli occhi di tutti, tranne forse del diretto interessato, e sintetizzato come spesso accade in maniera brillante da Massimo Gramellini nel suo Buongiorno su La Stampa. Quello che non tutti hanno però forse notato è la compagnia con cui Grillo a Genova si è presentato.

Una compagnia che Gramellini definisce “scorta arrogante, da mandarino della nuova casta”. Una compagnia che le voci ufficiali di M5S smentiscono essere formata da guardie del corpo di mestiere e ruolo. Una compagnia si lascia intendere formata solo da militanti, volontari, amici, magari in eccesso di zelo. Una compagnia che di sicuro faceva da frangi flutti e anche da corazza e ariete a Beppe Grillo in strada. Una compagnia nella quale Il Secolo XIX quotidiano di Genova ha colto e riconosciuto un signore con sulle spalle un po’ di spaccio e po’ di assalto ultra. Una compagnia quella che ha accompagnato Grillo che chiama una domanda: ma come se li sceglie? Ha perso il tocco anche qui?

Grillo si è presentato a Genova circondato da un gruppetto di energumeni che Marco Imarisio, sul Corriere della Sera, descrive come “quattro armadi che si comportano come se dovessero dimostrare di essere l’anello di congiunzione tra i Sopranos e la nazionale di body building lituana”. Immagine efficace, ma che non rende giustizia al quartetto quanto la lettura della biografia e della fedina penale di almeno uno di questi “angeli di Grillo”.

Il leader del Movimento 5 stelle, racconta il Secolo XIX che di Genova è il quotidiano e i genovesi conosce, è arrivato nel quartiere di Sant’Ilario a bordo di uno scooter, e si è fatto scortare da un ultras del Genoa, Daniele Tizzanini. Quest’ultimo ha alle spalle ha una condanna per un’aggressione compiuta con altri ultras del Genoa a un pullman di tifosi del Verona. Ma soprattutto una condanna per spaccio di droga. Era il 2002 quando venne arrestato insieme a due persone con 300 grammi di cocaina. A fine giugno si filmò insieme a un amico durante un’aggressione al portinaio del Secolo XIX per un articolo non gradito.

Grillo dal suo blog, solo dopo le polemiche, ha detto e scritto che quelle persone non erano la sua scorta. Diverso il parere di tutti quelli che a Genova il comico hanno incrociato e che, senza ombra di dubbio, hanno identificato in quelle quattro persone la scorta di Grillo.

Sarà probabilmente vero che il leader pentastellato non ha ingaggiato i quattro e soprattutto Tizzanini come bodyguard, ma è innegabile che questi, di fatto, quel compito hanno assolto. Col beneplacito, magari involontario, di Grillo stesso che per Genova si è lasciato scortare.

E se ovviamente non può essere Grillo il responsabile dei precedenti penali di Tizzanini o di altri “amici” del Movimento, si può probabilmente in questo caso parlare di “scorta a sua insaputa”.

Ironia a parte però, il dato umano, pessimo, così come il dato sociale e politico, cioè la contestazione, segnalano inequivocabilmente che a Genova, a Grillo, qualcosa è successo. E’ successo che la gente, quella a cui il leader pentastellato ama rivolgersi e a cui rivendica di appartenere, lo percepisce ormai come un Renzi qualsiasi (e per Grillo non esiste probabilmente critica più dura, anzi insulto peggiore); ed è successo che Grillo non ha fatto nulla per colmare quella distanza e anzi, consapevole o no, ha delegato ad un ultras pregiudicato il compito di mantenere quella distanza. Perché, come succede? Grossa e buona domanda. Diciamo che se uno si esercita, si affina e si specializza a mandare “a ‘fanculo” sempre e comunque il resto del mondo poi alla lunga si scorda di smettere, gli capita sempre più spesso di venire a contatto, di attirare, di essere circondato da quelli che solo “a ‘fanculo” sanno dire e pensare. Un po’ la legge del cane e del padrone, vale anche per il caro leader e il militante invaghito: prima o poi tendono ad assomigliarsi.