Se Berlusconi vince gli euro (pei) scappano: lui si assegna il 35% e un “voilà!”

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 30 Gennaio 2013 - 15:07| Aggiornato il 14 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il commissario europeo Olli Rehn ha comunicato all’Italia e al mondo che l’Europa si augura che dalle urne esca un governo con cui Silvio Berlusconi non abbia nulla a che fare. Angelino Alfano, il segretario del Pdl, insieme ad altri alti esponenti della sua coalizione si è immediatamente indignato. Qualcuno, Renato Brunetta, ha persino chiesto le dimissioni del commissario europeo. Il Cavaliere, invece, ha seraficamente sorriso: “Più mi attaccano da Bruxelles e più guadagno consensi”. Nonostante l’indignazione pidiellina non ha effettivamente senso indignarsi per dichiarazioni come quelle di Rehn nell’Europa della moneta unica e della libera circolazione di interessi e destini tutti tra loro legati. Ciò non toglie che l’uscita verbale del commissario rischia paradossalmente di fare un favore al Cavaliere da tempo già in groppa al cavallo del sentimento anti europeo e nazionalista che anche nel nostro Paese serpeggia.

“Vinceremo le elezioni, vedrai – avrebbe detto Berlusconi ad un suo candidato – e ti dico pure con che percentuali: il Pdl arriverà al 25%, la Lega attorno al 5%, La Destra di Strorace e Fratelli d’Italia totalizzeranno il 3%, il resto delle frattaglie un altro 2%. Totale 35% et voilà, abbiamo vinto”. Nonostante l’agitazione e l’indignazione dei suoi colonnelli il Cavaliere ha preso benissimo le dichiarazioni di Olli Rehn. “Nell’autunno 2011 il governo di Berlusconi ha deciso di non rispettare più gli impegni. Il risultato è stato il prosciugarsi dei finanziamenti al paese”. Una bocciatura senza appello quella espressa dall’Europa per bocca del suo commissario nei confronti del Cavaliere. Una bocciatura che segue quella del partito popolare europeo che già da tempo ha formalizzato il suo appoggio a Mario Monti chiudendo al porta a Berlusconi, e una bocciatura che avrebbe ragionevolmente pesato su molti leader conservatori europei e sulle loro campagne elettorali ma che il Cavaliere è invece già pronto a sfruttare a suo vantaggio. Per i suoi elettori, per gli elettori che Berlusconi cerca “non rispettare gli impegni europei” è titolo di merito, medaglia al valore e promessa gradita.

Non ha infatti mai fatto mistero l’ex premier del suo scarso sentimento europeo, soprattutto quando questo paga in termini di voti. E in periodo di crisi, dove le tasse vengono raccontate come imposte dall’Europa e non dalla necessità di coprire spese e debiti nazionali, dove la Germania è non solo la responsabile della politica incentrata sull’austerità ma tout court  descritta come la regina cattiva e crudele dell’euro, tradurre una bocciatura europea in uno spot elettorale non è poi cosa assai complessa. Ci ha messo poco, anzi pochissimo il Cavaliere: “Con noi al governo la musica cambierà, e io cerco il consenso degli italiani, non quello della signor Merkel”, ha prontamente raccolto il sempreverde Silvio. Il Tricolore di Forza Italia contro Merkel la Grimilde.

Che la bocciatura potesse trasformarsi in spot è invece sfuggito ai colleghi di partito del Cavaliere, il segretario Alfano e l’ex ministro Brunetta in primis ma non solo, che subito si sono indignati, hanno protestato, hanno chiesto le dimissioni di Rehn, hanno parlato di inopportune e inammissibili ingerenze. Tutto mentre lui, Silvio, si fregava le mani. Così come non l’ha capito il commissario Rehn che con l’augurarsi pubblicamente che Berlusconi non torni a palazzo Chigi, rischia proprio di averlo aiutato in quella che sino a pochi giorni fa sembrava un’impresa impossibile. Non l’ha capito Rehn forse perché lontano dalla realtà italiana. Mentre non l’hanno capito Alfano e colleghi perché irrimediabilmente legati ad un mondo antico. Come ci si può infatti stupire e peggio ancora indignare se nell’Europa che condivide la moneta, le regole, i mercati, nell’Europa senza frontiere dove persone e merci circolano liberamente anche le idee godono della stessa libertà? Non si può.

Come noi italiani ci interessiamo delle elezioni francesi tifando per Hollande o per Sarkozy, come ci interessiamo di quello che accade a Berlino perché questo influenzerà tutto il continente, come guardiamo trepidanti alle elezioni greche per sapere cosa sarà dell’euro, allo stesso modo anche francesi, tedeschi, greci ed europei in genere guardano a quello che accade in Italia. Se l’Italia fallisse, o decidesse di lasciare l’euro, o se anche solo tornasse quel che era nel 2011, un debitore inaffidabile per i suoi creditori, sarebbe  scelte e  fatti ovviamente non solo del nostro Paese, ma avvenimenti che avrebbero conseguenze sulla vita di tutti i cittadini dell’Unione. Giustamente quindi l’Europa ha una sua idea, una sua posizione e altrettanto saggiamente la esprime.

Berlusconi non rispettò gli impegni, e avete visto le conseguenze, se tornasse al governo sarebbe un fuggi fuggi generale in Europa e addio credito al vostro Paese. Questo ha in sostanza detto Rehn a nome dell’Europa. Ha detto che il Cavaliere non è affidabile, e che quindi l’Europa non è disposta a dargli credito. Nulla di cui indignarsi in un panorama dove singoli stati e unione sono legati a doppio filo. Se Berlusconi torna, gli euro (pei) scappano. Non solo gli Olli Rehn e le Merkel, anche e soprattutto gli euro, cioè i soldi che con Berlusconi vincente in Italia nessuno li metterebbe più. Avete presente quei 100 miliardi di investimento e risparmio piovuti di nuovo dall’estero per acquisto di titoli di Stato, tornati dopo la grande fuga del 2011? Bene, scapperebbero di nuovo.