Bersani o Renzi: è referendum. In Parlamento,alle primarie, ai seggi

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 15 Aprile 2013 - 15:43| Aggiornato il 16 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L’un contro l’altro armati. Che sia questa la definizione più calzante per descrivere Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi è ormai chiaro. Chi dal duello uscirà vincitore è invece un assoluto punto interrogativo. Il rischio, per il centrosinistra, che ci siano due sconfitti è grande e, quel che è certo, è che ogni scadenza e fatto politico dell’immediato futuro sarà il luogo e avrà la forma di un referendum per mezza e più Italia: Bersani o Renzi, Renzi o Bersani? L’elezione del capo dello Stato, la formazione o no di un governo, quale tipo di governo, le eventuali elezioni anticipate, le relative primarie del Pd, il rischio di scissione di quel partito, la natura stessa del centro sinistra italiano: tutto è e sempre più sarà un referendum tra la linea del segretario e quella del giovane sindaco. Referendum d’opinioni, di primarie e di leadership che, certamente, vedranno uno tra Renzi e Bersani uscir vincitore. Mors tua…e alla fine ne resterà solo uno. A vedersela con Berlusconi e non è detto che il vincitore del “referendum” sarà poi anche colui che vincerà le elezioni vere e proprie.

Bersani “cerca l’insulto” e Renzi è un “qualunquista”. I toni pacati del post primarie e dell’ultima campagna elettorale sono ormai roba vecchia. Con sempre maggiore frequenza i due campioni del Pd hanno cominciato ad affilare le armi e soprattutto sembrano aver definitivamente messo da parte il fioretto. La pace pre-voto, che dopo la sconfitta, non priva di polemiche, dell’ex sindaco nelle votazione per la scelta del candidato premier, aveva in qualche modo fatto coesistere il “nuovo” col “vecchio”, è ormai alle spalle.

C’è ormai molto di personale nel contrasto politico tra i due. Renzi che si dichiara disgustato dagli “intrallazzini”, insomma molto peggio Bersani della vecchia guardia e onore delle armi a D’Alema. Bersani che “sto zitto per il bene del partito” gridato in pubblico, Bersani che “una roba così non l’avrei accettata neanche da mio padre”. Renzi che “peccato che gli interessi personali, i destini personali di uno…”. Bersani che “di qualunquismo ne abbiamo già troppo”. Renzi che smonta le candidature al quirinale di Franco marini e Anna Finocchiaro, il primo perché bocciato appena ieri dagli elettori, la seconda perché tutta nomenklatura e niente cambiamento e anche perché afflitta dall’immagine della scorta che le porta il carrello Ikea. Bersani che con al Quirinale un Marini o una Finocchiaro può sperare di avere l’incarico pieno a formare un governo e quindi andare alle camere e quindi, anche se bocciato, andare alle elezioni come premier uscente e quindi continuare a essere il leader. Renzi che vuole elezioni per portare a quelle elezioni altra offerta politica, un’alleanza guidata da se stesso che possa “mandare in pensione Berlusconi”. Tutti quelli che hanno nella vita o fino a ieri votato in varie e diverse forme centro sinistra saranno chiamati a pronunciarsi in questo referendum.

Acquisito che, come ha ricordato Renzi “Bersani ha vinto le primarie ma non le elezioni” e, con la prospettiva assai prossima di un ritorno alle urne, le due visioni del segretario e del sindaco sono andate sempre più divaricandosi. Le divergenze da politiche sono ormai anche personali e umane, come testimonia la reazione di Anna Finocchiaro: “Non ha le qualità umane – riferendosi al sindaco di Firenze – indispensabili per essere un vero dirigente politico e un uomo di Stato”. Differenze tra bersaniani e renziani che si stanno trasformando in uno scontro all’insegna del mors tua vita mea. Una radicalizzazione che rischia di fare una vittima eccellente: il centrosinistra.

“Qualcuno di noi, di noi non di loro, mi ha detto – ha commentato Bersani riferendosi a Renzi – ‘ci vuole dignità’. Io una frase così non l’avrei accettata neanche da mio padre. Per il bene del partito sto zitto. Perché l’arroganza umilia chi ce l’ha”. Ha risposto così il segretario Pd all’accusa di essersi fatto umiliare dal Movimento 5 Stelle, in particolare, durante la recita streaming ,da Roberta Lombardi (“Mi sembra di stare a ballarò…”).

Di scontri, e anche di personalismi, in politica ce ne sono sempre stati ma, si assiste nel Pd di oggi, a quella che sta diventando una battaglia all’ultimo sangue. Come ricorda Claudio Tito su Repubblica, anche la Dc dei “tempi d’oro” ha vissuto spaccature e divisioni legate a programmi ma anche a persone. Spaccature che però facevano sempre salva la tenuta e la fortuna del partito e che anteponevano questa ai destini personali dei campioni di turno.

Quello a cui si assiste oggi nel Pd è invece uno scontro dove “fare prigionieri non conta”, e questo anche perché i destini politici di Renzi e Bersani sono ormai indissolubilmente legati all’esito di questo duello. Le prossime primarie, le prossime elezioni, almeno per quello che riguarda il Pd, si trasformeranno in un referendum pro o contro Renzi, pro o contro Bersani. Dove certamente le idee e i programmi avranno il loro peso ma dove, soprattutto, si confronteranno e scontreranno due visioni del mondo e della politica e dove saranno, uno di fronte all’altro, due uomini che semplicemente non si stimano.

Ogni giorno ormai, un fronte o l’altro, il segretario o il sindaco, i renziani o i bersaniani lanciano il loro attacco. Ieri era stato Renzi a ribadire che secondo lui si deve far presto e che Franco Marini e Anna Finocchiaro sono inadatti come candidati alla presidenza della Repubblica. La replica di oggi è arrivata per bocca, anzi via tweet, dalla senatrice democratica che ha definito il sindaco di Firenze miserabile, o meglio, autore di un attacco miserabile, e inadatto ad essere un leader e un uomo delle istituzioni. Il terreno di confronto è per ora l’elezione del prossimo inquilino del Quirinale, il prossimo sarà la data delle elezioni.

Un programma di guerra che riempirà le cronache politiche delle prossime settimane e mesi e, un programma che preoccupa non poco chi il centrosinistra solitamente vota. Non tanto “gli addetti ai lavori” presi ormai nella lotta, quanto i loro elettori che, tra la contrazioni dei consensi grillini, e lo scontro casalingo tra Bersani e Renzi, temono possa spuntarla alla fine favorire il più classico dei terzi incomodi: Silvio Berlusconi.