Temiamo di restar senza cibo (46%). Ma coltiviamo cemento (+ 166%), da mangiare?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 25 Luglio 2012 - 15:17 OLTRE 6 MESI FA
LaPresse

ROMA – Il 46% degli italiani teme che la produzione di cibo non sia sufficiente a soddisfare la domanda. Teme cioè che dai campi e dagli allevamenti non venga e quindi non ci sia abbastanza cibo per tutti. Nonostante questa evidentemente diffusa convinzione però, nel nostro Paese, il cemento continua a farla da padrone rubando sempre più spazio ai terreni agricoli. Con grande consenso di fatto dei cittadini che accettano, anzi molto spesso reclamano, quando addirittura non fanno da soli, la trasformazione dei campi in cemento. Strano paese che siamo: temiamo di restar senza mangiare e ci comportiamo come fossimo pronti a mangiar cemento. Proprio così, visto che siamo il terzo Paese Ue e il quinto al mondo per deficit di suolo agricolo.

La paura che il cibo sia poco rispetto alla domanda non è solo italiana e non è affatto una paura infondata. Visto il continuo aumentare su scala planetaria della popolazione umana è abbastanza evidente che la produzione alimentare, agricola e non, dovrà nei prossimi anni aumentare di pari passo. La Cina, ad esempio, per non trovarsi impreparata e per essere in grado di sfamare il suo miliardo e passa di abitanti, da alcuni anni sta comprando vasti appezzamenti di terra da coltivare, soprattutto nell’Africa sub sahariana. Una politica, quella cinese, volta a garantire l’autosostentamento al suo popolo. Noi, in Italia, importiamo già il 20% del nostro fabbisogno e, mentre la popolazione aumenta, ancor di più aumenta il cemento che ci circonda: dal 1950 ad oggi, tanto per dare un’idea, mentre la popolazione è aumentata del 28%, la cementificazione è lievitata del 166%. Evidentemente non seguendo esigenze abitative.

Non solo noi italiani temiamo per la produzione di cibo, anche se noi, probabilmente a ragion veduta, siamo un po’ più preoccupati dei nostri vicini europei. Se infatti 46 italiani su 100 sono preoccupati, un filo più sereni sono gli altri abitanti dell’Ue dove “solo” 43 su 100 hanno qualche preoccupazione in merito. La palma dei più preoccupati non spetta però a noi, ma ai greci: 94% di loro temono per l’approvvigionamento alimentare. Continuando con i numeri forniti da un’indagine della Coldiretti, ben l’84% degli italiani ritiene che in Europa si dovrebbe produrre più cibo per essere meno dipendenti dalle importazioni. Dato che mal si concilia però con il proliferare del cemento di cui il nostro Paese è oggetto e soggetto.

Evidentemente il mattone rende di più, costruire case e altro è più remunerativo che piantare carote e curare l’insalata. Un vecchio capo indiano diceva “solo quando avrete ucciso l’ultimo bisonte, prosciugato l’ultimo fiume e tagliato l’ultimo albero vi renderete conto che l’oro non si può mangiare”, ecco, non siamo a questo punto ma la direzione sembra quella.

Al nostro Paese mancano 49 milioni di ettari per coprire i consumi della propria popolazione in termini di cibo mentre fibre tessili e biocarburanti avrebbero bisogno di 61 milioni di ettari di terreni agricoli. Cifre fornite dal ministero per le Politiche Agricole eppure, dal 1995 al 2009, i Comuni italiani hanno rilasciato complessivamente permessi per costruire 3,8 miliardi di metri cubi. E la zona a maggior tasso di cementificazione è la pianura Padana, ovvero l’aerea agricola più vasta e produttiva del nostro Paese.

“Ogni giorno 100 ettari di terreno vanno persi, negli ultimi 40 anni parliamo di una superficie di circa 5 milioni. Siamo passati da un totale di aree coltivate di 18 milioni di ettari a meno di 13” ha detto il ministro delle Politiche Agricole Mario Catania. Con questi numeri fanno bene, quei 46 italiani su 100, ad essere preoccupati. L’oro non si mangia, ma nemmeno il cemento.