ROMA – Ma quale election-day, quello che vuole Silvio Berlusconi è ballare su Monti e sul suo governo. Vuole il Cavaliere una campagna elettorale da fare contro la Merkel, l’Imu e contro il governo delle tasse e dei banchieri. Per farla questa campagna elettorale gli occorre che il “governo delle tasse e dei banchieri”ci sia, stia lì come bersaglio fermo e immobile.
E l’election day? L’asserita e gridata voglia di accorpare regionali e politiche per non sottoporre il Pdl a uno stillicidio di sconfitte progressive? Solo chi non h ancora imparato a conoscere Berlusconi può credere a questo che è per metà bluff e soprattutto espediente. Farà parte, come sempre, parte integrante della sua campagna elettorale il “non ci fanno votare”, quindi gridare all’election day, ma in realtà usare le elezioni a marzo per gridare al sopruso.
Senza dimenticare, ma si dimentica spesso volentieri, che “elezioni subito” senza legge di stabilità approvata, senza quindi il tassello, l’inchiostro che porta alla ratifica del fiscal compact, senza quindi coperura del Fondo europeo salva Stati, senza quindi la Bce che garantisce e protegge non le vuole nessuno che minimamente capisca in che mondo vive, non è ipotizzabile che nessuno voglia elezioni così, né Grillo, né Berlusconi, né nessuno. Se le facessimo così le nostre elezioni, se fossero elezioni volutamente e scientemente “sfascia Europa” non è che la Merkel si innervosisce, è Obama che ci manda i marines.
Quello che in realtà l’ex premier ha in mente è una crisi di governo ora, subito. Una crisi che gli permetta di sganciarsi dal sostegno al governo Monti, ma una crisi che si tiri per le lunghe, con elezioni a marzo, anche perché a febbraio praticamente non si può.
Crisi subito e quasi tre mesi di campagna elettorale come Berlusconi ha sempre fatto: inaugurazione il giorno in cui si paga l’Imu, con promessa di abolizione, due mesi di freccette e freccione sul governo Monti nel frattempo impagliato e colonna sonora in sottofondo che intona il “non ci fanno votare”. Tempo per costruire una campagna elettorale contro un governo che è lì, di fronte agli occhi, come un nemico ben visibile. Una campagna elettorale da stremare e stressare ogni equilibrio e fondamenta, altrimenti il Pdl dal 15% di oggi non si schioda. Una campagna elettorale tale da portare il Pdl, il Berlusconi riesumato e resuscitato al 20 e passa per cento. Questo fa, farà Berlusconi, quel che ha sempre fatto, il gioco che ha sempre giocato, compresa la “carta truccata” dell’election day.
Se le cose stanno così, e così stanno, Bersani potrebbe, dovrebbe capirlo e togliere a Berlusconi almeno un bel po’ di carburante della sua propaganda. La legge di stabilità deve essere affrontata dalle Camere il 18 dicembre. Proponga il Pd di Bersani a Napolitano e ai presidenti delle Camere di anticipare l’appuntamento, sospendendo e rinunciando ad ogni altra attività. Proponga il Pd di Bersani, si faccia carico di una iniziativa parlamentare di richiesta di scioglimento delle Camere subito dopo il sì alla legge di stabilità. Tolga a Berlusconi l’argomento del “votare subito” e del “non ci fanno votare”. Tanto più che, “votando subito”, si regalano a Berlusconi due settimane in meno di campagna elettorale.
La data scelta da Berlusconi per annunciare la sua ridiscesa in campo è già da sola indicativa delle intenzioni del Cavaliere. Tra pochi, pochissimi giorni dovranno gli italiani pagare il saldo dell’Imu, e quale momento migliore per gettare le basi di una campagna elettorale che avrà tra i suoi cavalli di battaglia la promessa di cancellare la tassa sulla casa? La domanda è, ovviamente, retorica.
Colpa delle parole del ministro Corrado Passera, che ha definito il ritorno di Berlusconi una cosa non buona per il Paese, la scelta di Pdl di ritirare l’appoggio in Parlamento al governo. La scelta appare però strategica e molto meno di stomaco rispetto a quanto questo potrebbe far pensare. Berlusconi ha scelto di tornare, di ricandidarsi. Ma da uomo intelligente qual’è sa benissimo che le sue possibilità di essere eletto nuovamente premier tendono allo zero. Come è conscio del fatto che per la prima volta rischia di uscire dalle urne con le ossa rotte.
Lo sa lui come lo sanno molti tra i suoi più fidati consiglieri che a lungo hanno provato a farlo desistere dall’intenzione di ricandidarsi. L’unico modo che il cavaliere ha ora a disposizione per tentare di tornare in sella è quella di una campagna elettorale lunga, impostata su corde care e sensibili per gli italiani. Corde come le tasse, l’Imu, lo strapotere delle banche, l’Europa e la Merkel. In altre parole una campagna elettorale contro il governo Monti che è il governo “delle tasse e dei banchieri”, e che pure il Pdl ha sostenuto. Per ottenere però il risultato massimo sono decisivi il fattore tempo e la concretezza di un “nemico” da attaccare.
Sono oltretutto, le politiche a febbraio, praticamente impossibili da organizzare. Seppur i tempi tecnici, striminziti, teoricamente ci sarebbero, quello che manca è il tempo per l’approvazione della legge di stabilità e la ratifica del fiscal compact. Senza la prima, da approvare il 18 dicembre, e senza la seconda, da ratificare entro il 1 marzo, automaticamente verrebbe cancellato il rapporto del nostro Paese con il Fondo Salva Stati. In altre parole senza queste due misure quell’organismo che l’Europa ha faticosamente messo su per porre un freno alla crisi e agli spread verrebbe cancellato. Un’ipotesi che forse nemmeno l’antieuropeo Grillo si augura e un’ipotesi che appare irrealizzabile perché rigetterebbe l’Europa, e di conseguenza anche gli Stati Uniti, nel pieno della crisi. Uno scenario che nemmeno il Berlusconi che ci ha abituati a tutto potrebbe metter su.
Berlusconi invoca l’election-day: oltre alle troppe tasse un altro storico cavallo di battaglia berlusconiano in campagna elettorale è il “non ci vogliono far votare”. Ricordate quando già in passato, “vittima” di crisi di governo il cavaliere invocò il ritorno al voto e alla volontà popolare? Esattamente come allora è pronto l’ex premier a tirare fuori dalla naftalina gli slogan del passato, all’insegna di “via il governo delle tasse e largo alle decisioni del popolo”. Una musica già sentita ma sempre accattivante.
Pierluigi Bersani, forte anche dei risultati delle primarie, potrebbe, dovrebbe scombinare le carte di Berlusconi così: anticipiamo di una settimana la legge di stabilità e ratifichiamo il fiscal compact e poi tutti a casa, con il Pd e non il Pdl che chiede a Napolitano di sciogliere le Camere.
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