Divorzio, il miraggio di un anno: oggi sono 3, in Europa è immediato

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 2 Aprile 2014 - 12:54 OLTRE 6 MESI FA
Un giovane Marco Pannella manifesta a favore del divorzio (foto Lapresse)

Un giovane Marco Pannella manifesta a favore del divorzio (foto Lapresse)

ROMA – Divorzio breve, proviamoci ancora. Arriva alla Camera la proposta, l’ennesima, per tentare di dare una svecchiata alla legislazione italiana in tema di divorzio. In tanti ci hanno provato, tutti hanno fallito, almeno sinora. Nonostante i non felici precedenti una proposta bipartisan approderà a Montecitorio con l’intento di ridurre i tempi che i coniugi che non vogliono più essere tali devono aspettare per veder formalizzare la fine del loro rapporto.

In Europa, almeno in caso di separazione consensuale, il divorzio è quasi ovunque automatico. In Italia, in ogni caso, bisogna attendere tre anni. Un lasso di tempo retaggio di una cultura ostentatamente cattolica che, nella pratica, non ha senso alcuno: non favorisce la riconciliazione, non aiuta gli eventuali figli e, in più, spesso si traduce in un costo per la giustizia.

Invece degli attuali tre anni, la proposta bipartisan targata Pd e Fi, propone di ridurre a 12 mesi il tempo da attendere per diventare ufficialmente ex. Mesi che si ridurrebbero a 9 in assenza di figli minori. Con un calcolo dei tempi che, a differenza di quanto avviene oggi, non sarebbe più fatto dal momento in cui i divorziandi si presentano in tribunale davanti ad un giudice, ma da quando presentano la domanda. A confezionare e firmare la proposta, Alessandra Moretti del Pd e Luca D’Alessandro di Fi.

La Moretti, che prima che parlamentare è avvocato, spiega: “Come avvocato mi occupo anche di diritto di famiglia, e so che la lunghezza dei tempi spesso esaspera il conflitto tra i coniugi, a tutto danno dei figli e dello stesso sistema giudiziario”.

Per non essere in qualche modo da meno anche la politica italiana si sta concedendo tempi biblici per riformare la legislazione sul divorzio varata oltre 40 anni fa e appena rivista circa un quarto di secolo fa. Di ‘divorzio breve’ si parla quasi ogni anno e, ad ogni legislatura, compare una qualche proposta che poi, puntualmente viene lasciata ammuffire su qualche scrivania sino ad essere rinviata a data da destinarsi e poi dimenticata.

Le cose vanno diversamente nel resto d’Europa, e non solo nei paesi nordici o anglosassoni che hanno una cultura in materia differente, paesi che non essendo rigidamente cattolici non hanno conservato retaggio dell’idiosincrasia della chiesa di Roma nei confronti del divorzio. Va diversamente anche in Spagna e Portogallo.

A Madrid il divorzio è immediato in caso di consensualità dei coniugi mentre, in caso di richiesta presentata da solo una delle parti, è necessario il pronunciamento di un giudice. Situazione simile a Lisbona dove il divorzio consensuale, oltre ad essere immediato, necessita solo di un atto amministrativo. Anche nel paese di Cristiano Ronaldo, in caso di non consensualità, la parola finale spetta ad un giudice.

E divorzio automatico che esiste anche in Svezia, Finlandia, Inghilterra, Francia e Germania. Ovviamente con regole diverse da paese a paese ma regole che, in nessun caso, prevedono l’attesa di tre anni tra la separazione (sancita dal giudice) e il divorzio vero e proprio.

Una diversità, quella tra la legislazione italiana e il resto d’Europa, che ha radici e ragioni antiche. Radici e ragioni che però, laddove il peso politico del Vaticano è meno sentito, sono state superate anche dai paesi tradizionalmente cattolici. E radici che risalgono addirittura al 1563 e al Concilio di Trento. In quella sede si confrontarono sul tema, e su molto altro, le chiese riformate che ammettevano la fine del matrimonio e la chiesa di Roma che lo considerava un vincolo indissolubile. Chiesa di Roma che risolse la questione con un anatema, anatema contro chi voleva ammettere la possibilità di sciogliere il vincolo matrimoniale. Un anatema che, evidentemente, a quasi 5 secoli di distanza pesa ancora sui nostri legislatori.

Anche quest’ultima proposta troverà infatti non pochi oppositori. Oppositori all’interno del Parlamento, con il M5S che ha la sua proposta così come il Psi, Sel, Ncd, Fi e Pd, che ne ha addirittura due. Sintomo evidente delle differenti vedute presenti anche all’interno dei partiti della Moretti e di D’Alessandro che comunque si dicono fiduciosi: “Ce la possiamo fare a portare il testo in Aula entro fine maggio”.