Esodati senza speranza, precari senza cattedra. Meno lavoro e contributi

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 7 Marzo 2012 - 14:31 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Quel gran formicaio che è il Parlamento quando lavora sui decreti leggi di emendamenti e Commissioni non è riuscito a tirar fuori un ragno dal buco, il buco in cui stanno finendo gli “esodati”. Esodati, cioè lavoratori che, per scelta o costretti, avevano concordato con le rispettive aziende di andare in pensione precoce, talvolta molto precoce. Concordavano, lasciavano l’azienda, si dimettevano e aspettavano l’imminente pensione. Imminente, prossima pensione secondo il calendario che c’era prima, prima di Elsa Fornero, della sua riforma e dell’innalzamento dell’età pensionabile per tutti. Gli esodati sono così finiti in un limbo, limbo che però confina e sconfina con l’inferno: fiamma che brucia è il niente stipendio, vampata che ustiona è il niente pensione, un doppio niente che può durare molti mesi se non anni. Per gli esodati sono stati stanziati soldi ed è stata stabilita una data: tutti quelli che hanno concluso accordi di “esodo” dal lavoro verso la pensione entro il 31 dicembre 2011 potranno andare in pensione con le vecchie regole, la vecchia anzianità. Ma ci sono due problemi: i sokdi stanziati sono forse insufficienti e gli accordi di esodo vanno oltre, ce ne sono e molti di più “freschi” di quelli datati 2011. E allora molti, moltissimi esodati non saranno graziati, resteranno nel limbo-inferno. Forse centomila, forse di più come dicono i sindacati, forse di meno come calcola il governo. Comunque tanti. E non è solo questione di soldi più o meno bastanti: un limite temporale, una linea, un di qua e di là sono obbligatori e ineliminabili. Altrimenti ogni esodato a qualunque data potrebbe andare in pensione con la vecchia legge e la nuova legge finirebbe per valere per tutti, salvo eccezioni in cui rientrano tutti.

Quel formicaio un po’ impazzito che è il Parlamento quando lavora sui decreti ha provato a tirar fuori dal buco del lavoro precario niente meno che diecimila docenti precari della scuola. Primo voto in Commissione: assumiamoli tutti con i soldi di tasse aumentate sugli alcolici e sulle lotterie, 350 milioni dovrebbero bastare. Seconda Commissione che fa i conti e si accorge che aumentare ancora tasse non è gran politica né grande affare e poi ad ottobre se davvero arriva l’Iva al 23 per cento dove si va a finire? Quindi marcia indietro e non se ne parla. Anzi se ne parla ancora al mattino dopo: niente nuove tasse e niente assunzioni. Però ai docenti precari si penserà in altro modo, promesso. Il Pd ci tiene: si tratta nei fatti di annullare i tagli al personale dell’ex ministro Gelmini. Promesso ma per ora la cattedra sicura per i diecimila docenti precari non c’è.

Esodati o almeno parte di loro senza speranza, docenti precari con cattedra e speranza posticipati: sono tentativi a buon fine e con buone intenzioni del gran formicaio che non vanno a buon fine. E tanto a buon fine non possono andare per quanto si agiti il formicaio. Diminuiscono in Italia i posti di lavoro e i contributi pagati: cassa integrazione cresciuta del 49 per cento a febbraio, Pil meno 0,7 per cento nel quarto quadrimestre 2011. Se diminuiscono posti di lavoro e contributi pagati chi li paga i tentativi del formicaio? Ignazio Visco, Governatore di Bankitalia, dice e riassume: “I livelli di vita cui siamo abituati si manterranno solo se si lavora di più, in più e per più tempo, non è uno slogan è realtà”. Realtà tosta, tostissima: a lavorare “di più” il paese resiste e recalcitra, a lavorare “in più” non sa come fare e ha una fifa blu di provare a farlo, a lavorare “per più tempo” si è acconciato per legge ma soffre come un dannato.