Gasolio per la Victory affondata, quanti “cecati” ci vogliono per un pieno?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 16 Dicembre 2014 - 13:58 OLTRE 6 MESI FA
Massimo Carminati

Massimo Carminati

ROMA – Per rubare un po’ di benzina da una macchina, come qualsiasi poliziesco anche di terz’ordine insegna, servono almeno due persone: una che “succhi” il carburante ed una che faccia il palo, controlli cioè che non arrivi nessuno a rovinare i piani. Dalle pieghe dell’inchiesta Mafia Capitale emerge che, tra una truffa ed un appalto, un amico di Massimo Carminati si è riuscito a succhiare più o meno 11mila litri di gasolio. Facendosi, nemmeno a dirlo, pagare con soldi pubblici. E la cosa incredibile è che sono bastate meno di dieci persone.

La storia è quella che tutti o quasi i quotidiani di oggi riprendono e riguarda un filone “laterale” dell’inchiesta su Carminati e la banda che secondo l’accusa teneva in scacco Roma, Campidoglio compreso. ‘Laterale’ ma comunque attinente perché il protagonista di questa, come emerge dagli atti, è in buoni rapporti con il “guercio” e certamente lo conosce molto bene. Tanto che Carminati, cuore d’oro, s’attiva per proteggere l’amico quando questo comincia ad intuire che tira per lui una brutta aria. E il protagonista risponde al nome di Massimo Perazza, detto “il romanista”.

La truffa messa in atto da Perazza era, come è facile immaginare, un po’ più articolata rispetto al “succhio”, il furto “amatoriale” di benzina. Ma comunque semplice. Lo stratagemma si basava su una nave cisterna, la Victory I, naufragata nell’Oceano Atlantico, con alcuni componenti dell’equipaggio tuttora dispersi. Affondata quindi, ma comunque capace e bisognosa di fare il pieno. E qui entrano in gioco il romanista e gli altri indagati/arrestati che sono stati liquidati dal deposito di Augusta San Cusumano che gli ha pagato ben otto carichi di gasolio a simbolo Nato F-76, ovviamente in realtà mai consegnato all’imbarcazione adagiata sul fondo dell’oceano. Conto per la Marina: 7.4 milioni di euro di gasolio pagato e mai avuto.

Per Perazza è stato emesso un mandato di arresto (lui è tuttora irreperibile), mentre in carcere sono finiti tre uomini della Marina: il capitano di Corvetta Mario Leto e i due marescialli Sebastiano Distefano e Salvatore Mazzone. Oltre al ‘romanista’, che è amministratore della Global Chemical Broker, sono irreperibili anche Andrea D’Aloja della Abac Petroli e Lars Bohn, il rappresentante legale della O.W.Supply, la società danese vincitrice della gara di appalto con la Marina e di cui Perazza e D’Aloja erano i delegati italiani. Per tutti l’accusa è di associazione per delinquere finalizzata a falso, truffa aggravata e frode nelle pubbliche forniture. Reati commessi dal 5 aprile 2012 in poi.

Tra arrestati e latitanti, una decina di persone in tutto. Un pugno di uomini a fronte di 7 milioni e mezzo di euro ma, soprattutto, a fronte di qualcosa come 11mila 300litri di gasolio. Un vero e proprio mare di carburante, difficile quindi da far apparire o sparire, destinato ad una nave affondata.

Dieci saranno senz’altro le persone con responsabilità penali, ma oltre a queste quante altre persone ci saranno che, magari non prendendo parte alla truffa, saranno ‘semplicemente’ colpevoli di leggerezza o superficialità. Persone a cui i fatti sono sfuggiti, persone che non si sono accorte, non hanno visto quello che accadeva magari sulla scrivania accanto. E’ difficile credere che possano bastare dieci persone per fare funzionate il tutto, per fare il pieno ad un relitto non una ma otto volte, senza che nessuno noti nulla di strano, senza un sospetto. Carminati lo chiamano e lo chiamavano “er ciecato” perché da un occhio non ci vedeva più (esiti di scontro a fuoco). Quanti “ciecati” ci vogliono per far gasolio a una nave affondata? Quanti “ciecati” in un paese da 70 miliardi all’anno, se va bene, di corruzione e una cinquantina di “spreco”?