Greci: imbroglio bis all’Europa. L’Italia Grillo/ Berlusconi invece…

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 25 Giugno 2012 - 15:33 OLTRE 6 MESI FA

Mario Monti e Angela Merkel (LaPresse)

ROMA – La Grecia ha barato sugli impegni presi. Doveva tagliare i dipendenti pubblici e invece ne ha assunti 70 mila. Gente poco seria, loro. E noi? Noi italiani ci possiamo considerare più affidabili? Un Paese il cui l’ex premier ripete ormai frequentemente che uscire dall’euro “non è una bestemmia”, dove il leader della forza politica più nuova e in ascesa, Beppe Grillo, propone di non pagare più il debito pubblico, dove la sinistra non riesce a mandar giù i tagli alla spesa pubblica (compresi quelli agli sprechi) e dove più o meno tutti i partiti cullano l’idea di mandare a casa non tanto Mario Monti quanto qualunque governo per fare invece l’unica cosa che sanno fare e cioè campagna elettorale perpetua. Un paese che cova elezioni anticipate a novembre può essere considerato affidabile, serio e non “furbo”? La domanda è retorica.

Che i greci abbiano “imbrogliato” sugli statali, non rispettando gli impegni presi con la Troika in cambio dei (cospicui ed essenziali per la sopravvivenza di Atene) prestiti lo raccontano due rapporti, uno greco e uno della Troika stessa, pubblicati da un settimanale greco. Per noi nulla di simile, ancora non abbiamo fatto i “furbi” su nulla di concreto ma l’atteggiamento generale della nostra classe dirigente non depone certo a fare del ruolo di “persone serie”.

Silvio Berlusconi, mandato a casa per la gravità della crisi in cui l’Italia che governava da circa 20 anni si trovava e trova, dopo un iniziale sostegno al governo tecnico “sponsorizzato” anche da Europa e Fmi, ha rispolverato toni e temi da campagna elettorale demagogico / populista. I voti del Pdl è vero al momento non mancano al governo, ma il loro (ex) leader dopo un periodo di silenzio è tornato, riscoprendosi anti moneta unica. La fine di questa legislatura arriverà tra poco meno di un anno ma sono in molti, nel Pdl in primis, ad accarezzare l’idea di elezioni anticipate. E così, con il cavaliere in testa, le dichiarazioni di diversi esponenti politici hanno assunto il tono tipico della campagna elettorale. Tono che mal si accompagna agli impegni che abbiamo preso con i nostri partner europei e con la serietà in generale. Certo, a differenza di Atene i nostri impegni non prevedono in cambio prestiti miliardari. Ma nonostante questo smentirli significa comunque dimostrarsi poco seri. E l’idea, avanzata in almeno un paio di occasioni da Berlusconi di uscire dall’euro, è certamente un venir meno agli impegni. Soprattutto se a ventilarla è non l’avventore di un bar ma l’ex premier. Fosse solo Berlusconi, il fatto è che Berlusconi fa così perché a un bel pezzo di paese piace sentir dire: “Ce la stampiamo noi da soli la moneta e la Merkel, se non le piace, se ne vada lei dall’euro con tutta la Germania”.

Se però il Cavaliere fosse solo con un bel pezzo d’Italia, ma pur sempre un pezzo, l’altra parte dell’Italia potrebbe a buon titolo dire ed affermare “è lui che è poco serio, ma noi siamo interlocutori diversi”. Ma Berlusconi è tutt’altro che solo. Beppe Grillo,  leader del Movimento5Stelle, accreditato di un risultato a doppia cifra alle prossime politiche e vero vincitore delle ultime amministrative, non è da meno: “Non paghiamo il debito pubblico” è una delle sue innovative proposte. L’euro? Si può uscire.

Sarà che in fondo in parte pescano nella stesso elettorato (un voto su quattro arriva a 5 Stelle dai delusi del Pdl), sarà per la vena populista che li accomuna, ma Berlusconi e Grillo in questo caso non sembrano affatto distanti come li si dipingeva, o almeno come il genovese amava dipingersi lontano dal brianzolo. Berlusconi più Grillo e anche più Di Pietro e Maroni e quel che resta di Bossi e anche Ferrero e quel che fu Rifondazione Comunista: tutti dubbiosi o francamente contrari all’euro. Altro che un pezzo di paese, sono mattoni e mattoncini che tutti insieme fanno un gran castello.

Ma non è tutto, perché anche se su altri fronti, il centro sinistra non è da meno. Pierluigi Bersani ha voluto osservare: “Con l’ex premier che vuol cacciare la Germania dall’euro e il secondo partito nei sondaggi che predica di non pagare il debito, chi li presta i soldi all’Italia?”. Ha dimenticato però che anche il Pd… L’idea di elezioni in autunno comincia ad essere accarezzata anche a Botteghe Oscure, tanto è vero che lo stesso Monti ha usato lo spauracchio delle elezioni anticipate anche per ottenere qualcosa in cambio dalla Merkel. Per la serie o mi concedi qualche riforma e un allentamento al rigore o in Italia io salto. E poi la difficoltà del centrosinistra a digerire la politica dei tagli e i continui no alla spending review, il più fresco è arrivato dalla Camusso, segretario Cgil secondo la quale non c’è un euro da risparmiare nel Pubblico impiego e nella Sanità. Passato, apparentemente è bene ricordarlo, il momento più nero della crisi, e mandato a casa Berlusconi, anche per il Pd l’appoggio al governo Monti si fa sempre meno scontato, soprattutto in vista delle elezioni che si avvicinano.

Scrive Antonio Polito sul Corriere della Sera di domenica 24 giugno: “Il Parlamento votò la fiducia al governo Monti esattamente per questo, per impedire il commissariamento internazionale dell’Italia, questa è la sua missione e la sua ragion d’essere. In sette mesi abbiamo evitato la tragedia greca, ma non l’abbiamo ancora scongiurata. Che senso ha allora proporsi di far cadere il governo adesso? Perché mai una crisi politica e una campagna elettorale dovrebbero spingere qualche fondo estero a ricomprare titoli italiani? Forse perché si sentirebbero rassicurati dal ritorno al governo di una destra che ipotizza di uscire dall’ euro? O di una sinistra che promette meno rigore?

In questi sette mesi ad Atene è stato fatto cadere un governo di unità nazionale solo per andare due volte alle urne e ritrovarsi con un governo di unità nazionale che dovrà fare le stesse cose. L’unico modo di tornare alla normalità dei governi politici è uscire presto dall’anormalità della situazione finanziaria. Nelle condizioni attuali, basta un’asta del Tesoro che va male e rischiamo di trovarci un funzionario del Fondo Monetario a governare l’Italia. Invece il mondo politico sembra un gioioso parco di divertimenti: c’è chi gioca a fare Peròn, chi gioca a fare le primarie e chi gioca a fare il Watergate.

Tutti si lamentano col governo accusandolo di aver imposto troppi sacrifici ottenendo poco, e a nessuno viene il dubbio che invece si sia fatto troppo poco (speriamo non troppo tardi). La lettera della Bce di undici mesi fa, tanto per dirne una, chiedeva tagli di spesa nel pubblico impiego, ‘se necessario riducendo gli stipendi’. Il governo tecnico non l’ha fatto. Lo farebbe un governo politico? La stessa lettera suggeriva l’abolizione delle Province. Quelli che vogliono far cadere Monti si propongono di accelerarla? La vendita del patrimonio immobiliare pubblico è stata appena avviata. Chi chiede le elezioni si impegna a vendere anche Enel, Eni e Finmeccanica? O magari la Rai?

Quando George Bush varò il piano per salvare le banche dopo il crac della Lehman Brothers, Obama e McCain sospesero la campagna elettorale e corsero a Washington per sostenere l’amministrazione in carica. Forse bisognerebbe che Monti inviti una sera i leader politici italiani nella war room del Tesoro e mostri a loro e agli italiani, possibilmente in diretta tv, come stanno veramente le cose. Poi, chi vuole, gli voti la sfiducia”. E probabile è che, se questa diretta tv si facesse, potremmo dire con rinnovato vigore “italiani-greci, una faccia, una razza”.