Un Grillino sindaco di Roma. Il primo giorno, poi marziano alla Flaiano

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 28 Febbraio 2013 - 15:10| Aggiornato il 16 Agosto 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un grillino sindaco di Roma. E’ questo l’incubo che agita le notti, e a questo punto anche i giorni, del Pd romano e nazionale. Il 28,7% dei consensi raccolti dai democratici è dal loro punto di vista drammaticamente vicino al 27,3% portato a casa da Grillo. Sono i dati del voto del 24/25 febbraio nella Capitale, numeri freschi, umori elettorali che montano. E le elezioni del nuovo primo cittadino di Roma sono dietro l’angolo, già a fine maggio. La corsa al Campidoglio rischia di diventare l’ennesima vittoria che non si poteva non centrare e che invece è sfuggita. Ma anche un grillino sindaco corre dei rischi, come quello di essere fagocitato dalla complessità di Roma e di diventare una sorta di novello signor Kunt.

Dopo la batosta delle politiche, e la parziale consolazione per la vittoria di Nicola Zingaretti alle regionali, l’attenzione del Pd capitolino e non solo è già rivolta al prossimo appuntamento elettorale: l’elezione del nuovo sindaco di Roma. Un obiettivo anche questo, come le politiche e le regionali, che il Pd era almeno sulla carta convinto di centrare senza difficoltà.

L’amministrazione Alemanno, sindaco uscente, viene percepita dai romani, compresi quelli che votarono Alemanno alle precedenti elezioni, come una delle peggiori di sempre. E anche se l’attuale sindaco non ha certo le capacità di recupero di Silvio Berlusconi, il risultato del centrodestra alle politiche lo rende un avversario meno insignificante di quanto ci si aspettasse. Ma come le politiche insegnano il vero antagonista, quello che il Partito Democratico fingeva, o forse peggio davvero non vedeva sino ad una settimana fa, era ed è il Movimento di Beppe Grillo.

 Nicola Zingaretti è stato eletto è vero con oltre il 40% dei consensi presidente della Regione Lazio. E il secondo classificato, Francesco Storace, era il candidato del centrodestra. Ma le preferenze ottenute dalle singole liste disegnano un quadro diverso e più complesso: anche alla Regione la coalizione capeggiata dal Pd è in affanno rispetto ai voti andati al candidato Zingaretti. Insomma alla Regione è andata perché il candidato Zingaretti era forte più della sua coalizione e il candidato Storace era debole come al sua coalizione. Ma che succede se al Comune a maggio il Pd capeggia una coalizione debole e appoggia un candidato per nulla forte?

Percentuali e numeri  riportano alla mente il caso Parma con il centrosinistra che non riesce a strappare una vittoria al primo turno e che al ballottaggio si ritrova a dover battagliare, perdendo, con un grillino. Nonostante la notoria vena autolesionistica del centrosinistra italiano non è infatti Alemanno a rappresentare una preoccupazione. Lui o chi per lui candidato del centrodestra non rappresenterebbe certo un pericolo, soprattutto al ballottaggio. Ma se a superare il primo turno fosse un candidato grillino la storia poterebbe essere diversa, e molto. Potrebbe succedere a Roma, niente meno che a Roma, che al ballottaggio va il candidato debole della coalizione di centro sinistra contro il candidato di M5S. E che un po’ di elettori di centro, di destra o di nulla, dovendo scegliere tra i due rimasti, preferiscano il grillino sindaco al sindaco targato Pd.

Obiettivo principe dovrebbe essere allora per Pd e soci quello di riuscire a vincere al primo turno. Impresa considerata alla portata prima delle politiche e impresa che ora appare più complessa ma, in ogni caso, impresa che avrebbe bisogno per essere realizzata di un campione, di un candidato, in grado di compierla. Candidature ufficiali ancora non ci sono. I grillini hanno stilato una lista di una trentina di papabili e tra questi sceglieranno il loro candidato. Gianni Alemanno si sente candidato in pectore ma sono molte le voci che chiedono le primarie anche per il centrodestra. Primarie che si faranno invece di certo per il centrosinistra con il Pd che, ad oggi, ancora non ha deciso su chi puntare. Uno dei nomi più gettonati è quello di David Sassoli, seguito da Umberto Marroni e i renziani Paolo Gentiloni e Patrizia Prestipino, e accompagnato dai rumors che vorrebbero candidata l’attuale direttore del Tg3 Bianca Berlinguer. Molti nomi, forse troppi, che testimoniano tutte le divisioni che agitano il Pd.

Nomi soprattutto che non sembrano però avere le caratteristiche del “campione” e nomi che non appaiono forti di fronte anche all’elettorato grillino. Soluzione potrebbe forse essere la candidatura di Ignazio Marino, nome relativamente “lontano” dalla politica come esclusivo mestiere. Marino potrebbe apparire più “società civile” di molti altri. Basterebbe a rendere se non più a portata l’obiettivo primo turno almeno meno complesso il passaggio del ballottaggio? Per ora il Pd non risponde, neanche a se stesso. Si macera, si dilania, si divide. Prepara l’appuntamento delle primarie sperando che l’acqua santa delle primarie benedica e rende invulnerabile il suo candidato. A proposito di candidati a sindaco di Roma c’è poi anche Alfio Marchini, una versione locale del “polo di centro”, una sorta di Montezemolo in riva al Tevere. Se il Pd fa le primarie non è escluso che Marchini vi partecipi. Marchini o no, il rischio primarie per il Pd è il solito che si corre quando troppi galli a cantare…non si fa mai giorno.

Come insegna il risultato, o almeno come dovrebbe insegnare il risultato di queste politiche, la possibilità di un prossimo sindaco di Roma grillino non è affatto da scartare. E se Pizzarotti a Parma, una volta messo di fronte all’amministrazione vera di una città ha riconosciuto e conosciuto tutte le difficoltà dell’opera, è facile immaginare che un sindaco di Roma alieno come potrebbe esserne uno targato M5S correrebbe il rischio di fare la fine dell’alieno di Flaiano. Quel signor Kunt proveniente da Marte che, appena messo piede sulla Terra, diviene oggetto di attenzione generale ma che, in appena un paio di settimane, finisce a fare il giurato in concorsi di bellezza. Travolto e fagocitato dalla complessità di un mondo come quello romano, capace di normalizzare qualsiasi cosa, esattamente come potrebbe essere fagocitato un sindaco “inesperto” dalla complessità e dall’enormità dell’amministrazione capitolina. Un grillino a Roma, sindaco il primo giorno, poi marziano alla Flaiano. Che sia questa la strada, una delle “astuzie della storia” per piallare prima o poi a normalità anche e perfino i Grillo e i Casaleggio?