Reputazione online. Immagine “sporca” in rete? Ripulire costa 10mila euro

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 29 Ottobre 2012 - 13:05 OLTRE 6 MESI FA
Reputazione online, i chirurghi che ti ritoccano l’immagine digitale

ROMA – Siamo disposti a fare esercizi che ci sfiancano, siamo disposti a fare diete che sembrano punitive e siamo disposti persino ad affrontare il bisturi per migliorare la nostra immagine. Ma nel mondo di oggi l’immagine fisica non è l’unica che abbiamo, ne abbiamo anche una online, digitale. E anche per questa esistono palestre, dietologi e chirurghi pronti a migliorarla.

La reputazione online, (leggi: Gli “spazzini” del web per salvare la “e-reputazione”) l’immagine di ognuno di noi che la rete rimanda è importante forse persino di più della nostra immagine fisica. Un bel corpo infatti ci aiuta a sentirci probabilmente più sicuri e meglio con noi stessi e, forse, anche in qualche occasione sociale ma, una reputazione digitale buona è per noi una sorta di biglietto da visita universale. Su internet possono cercare informazioni su di noi nuovi partner e nuovi amici appena conosciuti, ma anche colleghi, datori di lavoro e, cosa più importante, attraverso la nostra immagine web spesso ci presentiamo anche a persone che non conosciamo ancora.

Non solo, l’immagine digitale supera persino quella fisica perché non è esclusiva dei singoli. Anche società e compagnie, band musicali e squadre di calcio ne possiedono una. E devono stare bene attenti che sia buona.

Per ripulire, o per mantenere in “forma” un’immagine digitale, esistono società specializzate e veri e propri professionisti del settore. Al posto degli allenatori ci sono gli ingegneri informatici, al posto dei dietologi gli esperti di comunicazione e al posto dei chirurghi gli avvocati. Non è infatti semplice curare una cattiva reputazione digitale e, come per la chirurgia estetica, i più esperti riconoscono una reputazione vera da una ritoccata.

Se in origine a preoccuparsi della propria reputazione digitale sono stati, comprensibilmente, personaggi pubblici e grandi aziende, magari subito dopo uno scandalo che li vedeva coinvolti, ora questa preoccupazione ha raggiunto quasi chiunque. A preoccuparsi infatti della propria immagine digitale è anche il genitore che teme che i propri figli scoprano, attraverso internet, qualcosa d’imbarazzante sul loro conto. Ma anche i giovani che cercano un impiego e che vogliono apparire come dei “bravi ragazzi” a dei potenziali datori di lavoro. In altre parole, il problema dell’immagine digitale, sta diventando un problema di massa. E un problema così sentito che, non molti giorni fa, dal Canada c’è arrivata la notizia di Amanda Todd, un’adolescente suicidatasi perché in rete erano apparse delle sue foto osé.

“Prima venivano da noi solo persone che avevano subito incidenti mediatici: diffamazione, vecchie notizie ancora accessibili. Ora viene anche chi coglie il valore di una buona notorietà in termini professionali — spiega Andrea Barchiesi, Ceo di Reputation Manager al Corriere della Sera —. C’è poi chi, licenziato per una ubriacatura documentata in rete, teme di non trovare un nuovo impiego, chi ha paura per il figlio perché i compagni di scuola potrebbero mostrargli su Google contenuti spiacevoli sul papà. Il mestiere consiste non solo nell’abilità di pulire la reputazione, mandando nella quarta pagina di Google i contenuti negativi — continua —. Si tratta di costruire una nuova identità digitale. Preferisco parlare di ingegneria reputazionale: noi progettiamo l’identità di una persona”.

Per progettare questa identità serve un vero e proprio lavoro di squadra: esperti di comunicazione che individuano le criticità e decidono dove intervenire, ingegneri informatici che traducono in linguaggio elettronico le indicazioni degli esperti e, infine, avvocati che entrano in gioco la dove gli altri non possono intervenire. Un lavoro complesso, così complesso che in alcuni casi lascia delle “cicatrici”.

“Gli indizi sono molti — racconta Matteo Flora, fondatore di The Fool, start-up dedicata all’online reputation management — ma nessuno probatorio. Per esempio la presenza di numerosissimi articoli e profili ‘elogiativi’ su decine di siti web, magari con date tutte molto recenti, o la differenza nella quantità di notizie prima e dopo uno scandalo”.

Proprio come per la chirurgia estetica questi indizi aumentano insieme alla misura dell’intervento. Ma le similitudini con la chirurgia estetica non si esauriscono però nelle cicatrici, continuano invece anche sul fronte economico. Ripulirsi la reputazione online non è affatto a buon mercato. Per farlo occorrono almeno diecimila euro, più o meno come un seno nuovo.