Isola di Pitcarin, Londra ai discendenti del Bounty: “Costate troppo”. Ma è mistero

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 15 Luglio 2014 - 13:33 OLTRE 6 MESI FA
Isola di Pitcarin, Londra ai discendenti del Bounty: "Costate troppo". Ma è mistero

La mappa dell’isola di Pitcarin

PITCAIRN – “Ritornate in patria, ca…!!!”. Prendendo in prestito il vocabolario dell’ormai celebre comandante De Falco, attualissimo nei giorni della rimozione della Concordia dall’isola del Giglio, si potrebbe sintetizzare così l’iniziativa del governo di Sua Maestà che a circa due secoli di distanza, vorrebbe riportare a casa i discendenti degli ammutinati del Bounty. E non per un afflato di patriottismo o per volontà di mettere la parola fine ad una delle pagine più famose della storia della marina, ma per una tanto semplice quanto prosaica questione di soldi. Mantenere nella sperduta isola di Pitcairn, dove gli uomini del Bounty si rifugiarono nel 1790, la piccola comunità che da questi discende, costa infatti troppo. Anche se, sbirciando i bilanci dell’isola, si scopre che Londra spende in verità poco per la remota comunità isolana: nel periodo marzo 2011 – marzo 2012, dalla Gran Bretagna, sono arrivati aiuti per 2 milioni e mezzo di sterline, non esattamente quel che si definisce un’enormità.

“La Gran Bretagna – scrive Enrico Franceschini su Repubblica – vorrebbe riportare a casa gli ammutinati del Bounty. Ma loro non vogliono andarsene: restano ribelli e insofferenti alla disciplina di Londra oggi, come lo erano più di due secoli fa. Naturalmente gli ammutinati non sono più gli stessi del 1790, quando la saga che ha generato decine di film telefilm, libri e documentari ebbe inizio: la rivolta a bordo di un vascello della Marina militare inglese, il crudele comandante e i suoi fidi abbandonati in mezzo al Pacifico su una scialuppa, e il resto dell’equipaggio che vaga per l’oceano in cerca di una nuova patria. Chi ha visto la pellicola più famosa della serie, quella con Marlon Brando nella parte di Christian Fletcher, l’ufficiale a capo dei ribelli, sa come andò a finire: dopo avere rapito un pugno di donne a Tahiti, gli ammutinati gettarono l’ancora davanti alla sperduta isola di Pitcairn, un guscio di roccia e cespugli a 3500 miglia dalla Nuova Zelanda, e vi si stabilirono per sempre, dopo aver bruciato il Bounty, sperando di non essere mai ritrovati dalla severa giustizia del Regno Unito. Non furono ritrovati”.

Clicca qui per scaricare e leggere il Pdf del documento inglese sull’isola di Pitcarin.

Pitcairn è un’isola che definire sperduta è leggermente eufemistico e, a contribuire al suo isolamento, ci ha pensato anche la sorte. La posizione dell’isola era stata infatti tracciata in modo errato, posizionandola circa a 200 miglia di distanza dalla sua reale collocazione. Questo, unito alla sua distanza da qualsiasi terra emersa, ha fatto sì che restasse pressoché sconosciuta. L’isola ha una superficie di 88 ettari ed è abitata da una cinquantina di persone. Presenta un costa rocciosa alta e poveri ancoraggi. Sull’isola c’è un piccolo porto con un frangiflutti e una darsena per due lance utilizzate per trasferire i passeggeri e le merci. I visitatori sono rari e il suo collegamento regolare con il resto del mondo è la barca postale, la MV Claymore II, che visita solo una volta ogni tre mesi Pitcairn. L’isola gode di un clima tropicale ed ha un terreno particolarmente fertile, oltre che delle acque cristalline pressoché incontaminate.

La popolazione dell’isola, che nel momento di massima espansione arrivava a contare 260 unità, conta oggi appena 49 residenti. Persone che vivono quasi esclusivamente grazie ai sussidi britannici e neozelandesi, che entrambi i paesi hanno ridotto e minacciano ora di sospendere del tutto perché, sostengono, costa troppi soldi mantenere i servizi essenziali (acqua, medicinali, corrente elettrica) da tanto lontano per così poca gente. Per questo Londra, duecentoventiquattro anni dopo l’ammutinamento, ha proposto ai discendenti degli ammutinati del Bounty di tornare a casa.

Loro però rifiutano di andarsene: in Inghilterra o da qualsiasi altra parte. E rifiutano praticamente di comunicare: il sindaco o presunto tale dell’isola, richiesto da vari giornali inglesi e americani di spiegare le sue ragioni, non si prende nemmeno la briga di rispondere.

Vista la distanza dal resto del mondo e la poetica vicinanza con gli “avventurieri” del ‘700 è però lecito immaginare che la realtà dei fatti possa essere almeno leggermente diversa e, infatti, oltre all’idea di riportare a casa gli ammutinati, circolano anche altre proposte per il futuro di Pitcairn: richiamare gli isolani emigrati per rafforzare la comunità locale (non ci pensano nemmeno). Costruire sull’isola un aeroporto per aprirla al turismo internazionale (ci vorrebbero anni e non è chiaro se i turisti avrebbero voglia di visitarla). Ampliare il piccolo porto locale e farne un regolare scalo per le rotte delle navi commerciali (gli aerei cargo le hanno in gran parte sostituite sulle rotte che passano da Pitcairn).