Iva, se il caffè va a 85 centesimi. Prezzi: tentazione boomerang di arrotondare

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 7 Settembre 2011 - 15:05 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il maxiemendamento su cui il Governo ha posto la fiducia, e che quindi verrà verosimilmente licenziato dal Senato già in serata, prevede l’aumento di un punto percentuale dell’Iva. Aumento che riguarderà solo l’aliquota ordinaria, che passerà dal 20 al 21%, mentre altre due aliquote, definite ridotte, rimarranno al 4 e al 10% ciascuna. Ma quali categorie di beni e prodotti saranno interessate dall’aumento? Molte, ma non tutte, attenzione agli aumenti ingiustificati dunque. E come si comporteranno i commercianti, che già si lamentano per la novità, saranno tentati di arrotondare i prezzi, come fecero con il passaggio dalla lira all’euro, per assorbire l’aumento? Il dubbio, visti i precedenti, è legittimo, ma questa volta, con i consumi in calo, “approfittare” della situazione potrebbe rivelarsi un boomerang.

Le categorie merceologiche interessate dall’aumento, che dovrebbe portare nelle case dello Stato circa 4 miliardi di euro, sono, come detto, molte ma non tutte. La nuova aliquota del 21% scatterà sull’abbigliamento e sulle calzature, sui mobili e sugli elettrodomestici, sui trasporti, sulle comunicazioni e sul tempo libero, ma non sui beni di prima necessità su cui gravano le altre due aliquote, quelle ridotte. In pratica l’aumento riguarderà vini e spumanti doc, caffè e cioccolato, cd e videogiochi, auto e moto, vestiti e scarpe, televisori ed elettrodomestici, tappeti e parrucchiere ed alcune tipologie di gioielli e di barche. Ma non toccherà invece pane, pasta, frutta e verdura, giornali, bollette ed alberghi. Attenzione quindi, se troverete il pacco di pasta più caro, vorrà dire che il commerciante che lo vende vi sta truffando. Così come le zucchine o, peggio, la bolletta della luce. Aumenti di questi beni non sono imputabili all’innalzamento dell’aliquota Iva. Consumatore avvisato…

 

Molti altri saranno però i beni toccati dalla nuova imposta, e su questi non è chiaro quale sarà il comportamento dei commercianti: aumenteranno davvero i prezzi, o preferiranno un basso profilo che non intacchi i consumi? Certo è che, sul dichiarato, dovranno versare più denaro al fisco. Ma questo denaro lo metteranno di tasca loro o lo faranno gravare sui consumatori? La domanda sembra sciocca ma non lo è. Facciamo l’esempio della tazzina di caffè: oggi costa 80 centesimi (costo medio), con l’aumento dell’Iva il costo salirebbe a 0.808. A questo punto di fronte al commerciante che il caffè vende si aprono due possibilità: o mettere di tasca propria gli 0,008 centesimi in più, o portare la tazzina in questione ad 85 centesimi, arrotondando per eccesso, visto che non è fattibile nella realtà un costo di 0,808 euro. L’abitudine, l’indole, quel qualcosa che nel passaggio lira – euro fece scegliere ai commercianti la strada dell’arrotondamento per eccesso, molto per eccesso, farebbe supporre che la tazzina di caffè costerà domani 85 centesimi. Ma oggi la realtà è differente, i consumi non brillano e, cosa più importante, la fiducia nel futuro dei consumatori è bassina. Si compra e si spende non solo in base a quanti soldi hai in tasca, ma a quanti pensi di averne domani. E oggi la crisi si fa sentire, c’è incertezza rispetto al futuro e tutto questo fa sì che, potenzialmente, di fronte ad una raffica di aumenti, di fronte ai commercianti che “colgono l’occasione”, i consumatori possano scegliere di non comprare. Non è una supposizione, è una costante dell’economia: i consumatori “reggono” l’inflazione in tempi di espansione economica, altrimenti “il cavallo non beve”. Ovvio è che questa sarebbe una tragedia non solo e non tanto per i commercianti, ma per tutto il sistema paese. Saranno però i commercianti, e non solo sulla tazzina di caffè, che dovranno scegliere se e come aumentare i prezzi per adeguarsi alla nuova aliquota, ed aumenti incontrollati ed ingiustificati, come quelli che ci furono nel passaggio alla moneta unica, non sarebbero assorbiti oggi come allora con semplicemente maledicendo di nuovo e comprando lo stesso.