Mélenchon, il Vendola francese: il suo 15% anti Sarkozy azzoppa Hollande

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 3 Aprile 2012 - 16:05 OLTRE 6 MESI FA

Jean-Luc Melenchon

PARIGI – È successo in Italia, è successo negli Stati Uniti ed è successo e potrebbe di nuovo succedere in Francia. Cosa? Che la sinistra perda le elezioni per colpa della sinistra. Sembra ma non è un gioco di parole. Oltralpe, il candidato socialista all’Eliseo, Francois Hollande, non deve infatti solo guardarsi dal rivale Nicolas Sarkozy, ma anche da Jean-Luc Mélenchon, leader del Front de Gauche, il fronte di sinistra. Melenchon non ha probabilmente nessuna possibilità di divenire presidente, ma è comunque accreditato di un 15% dei consensi. Hollande dovrà quindi tenerne conto aprendo a delle sue richieste, e rischiando così di scontentare potenziali elettori moderati, oppure ignorandolo, perdendo però dei voti che si sposterebbero più a sinistra. In entrambi i casi a sorriderne sarà il presidente uscente.

Il barcamenarsi tra posizioni più o meno moderate e posizioni più o meno estreme non è solo un problema della sinistra e non è solo frutto dei sistemi maggioritari. Trovare infatti il punto di equilibrio, la conciliazione tra le diverse aspirazioni, è parte integrante del lavoro della politica. Ma la sinistra non solo italiana sembra avere una vera e propria vocazione per sfaldarsi e fare guerra a se stessa sempre in prossimità delle tornate elettorali. Sintomo questo forse più di una voglia di misurare la propria forza che di trovare politiche in grado di conciliare i diversi sentimenti.

Così come noi avevamo ieri Fausto Bertinotti ed oggi Nichi Vendola, in Francia hanno Jean-Luc Melenchon, ex benzinaio, ex trotzkista, ex membro del partito socialista, ex ministro e ora leader degli “indignados” transalpini. Le similitudini tra il nostro Vendola e il loro Melenchon non sono poche e può essere divertente tracciare un parallelo. Entrambi attirano le simpatie di categorie eterogenee (giovani, casalinghe, impiegati, intellettuali, operai, ceti medi) che hanno in comune l’impoverimento e il declassamento nell’Europa della crisi e dei tagli alla spesa pubblica e l’indignazione contro quelle categorie che non pagano mai: ricchi, evasori fiscali, banchieri, finanzieri. Entrambi storcono il naso all’idea di andare in pensione sempre più tardi e entrambi dubitano dell’Europa troppo al servizio dell’economia. Entrambi riuniscono nel loro ideale elettorato rivoluzionari e comunisti, ecologisti delusi e nostalgici sessantottini, arrabbiati e disperati sottratti all’area del non voto.

Da noi prima delle politiche manca ancora (forse) circa un anno. Vendola, Bersani e Di Pietro sono ancora buoni amici quindi, anche se qualche scaramuccia dovuta alle amministrative c’è stata. Per ora però l’ideale coalizione per le prossime elezioni si professa unita. In Francia invece le elezioni sono alle porte: a fine aprile il primo turno e ad inizio maggio il ballottaggio, e la sfida è aperta.

Melenchon, come detto, viene accreditato di un 15% dei consensi, non poco. E ovviamente punta molto sull’eccessiva moderazione di Hollande. Il candidato socialista all’Eliseo avrà quindi bisogno del “collega” sia per il ballottaggio sia per le elezioni politiche che si terranno a giugno. Quale sarà il prezzo che Hollande dovrà pagare è ancora materia di dibattito a Parigi, ma di certo non sarà un appoggio gratuito. Rischia anzi di essere un prezzo salatissimo: la rielezione di Sarkozy. L’attuale presidente, dato per spacciato nei sondaggi sino a poche settimane fa, è infatti ora in risalita. E la conseguenza di una lotta intestina alla sinistra potrebbe essere quello, paradossale ma già vista, di regalare la vittoria all’avversario “vero”, cioè al candidato conservatore. In fondo, se i francesi sono i nostri cugini, qualche tratto comune dobbiamo pur averlo.