Ladri di soldi pubblici in galera: 0,4% in Italia. In Europa dieci volte di più

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 10 Dicembre 2014 - 13:53 OLTRE 6 MESI FA
Corruzione? Mai in prigione

Video del Ros dei carabinieri tratto dall’operazione “Mondo di Mezzo”

ROMA – Nell’ultima classifica prodotta in materia, l’Italia si è piazzata alla pari con Senegal e Swaziland per quanto riguarda il tasso di corruzione percepita. Buon ultima, insieme alla Grecia, tra i Paesi dell’Unione Europea. Eppure nel nostro Paese appena lo 0,4% della popolazione carceraria è composta da detenuti con condanne per corruzione e per reati finanziari da “colletti bianchi”. Zero virgola, a fronte di una media europea del 4%. In media in Europa se rubi soldi pubblici si va in galera dieci volte di più che in Italia. sarà per questo che in media in Europa di soldi pubblici ne rubano meno?

Due cifre, quella della corruzione e quella dei detenuti per reati finanziari, in evidente contraddizione tra loro. Evidente ma solo apparente. Perché la contraddizione esisterebbe se questo tipo di reati fosse scoperto e perseguito efficacemente o se, all’opposto, gli italiani fossero particolarmente sensibili e vedessero corruzione anche là dove non c’è. Ma né la prima né la seconda delle ipotesi rispondono a verità.

La verità è che, in Italia, chi ruba soldi pubblici mai o quasi finisce in prigione. Specie quando al posto del piede di porco per mettere le mani sul malloppo vengono usate mazzette e tangenti. Come ha tra le righe ricordato anche il premier Matteo Renzi nel videomessaggio in cui annunciava le nuove misure in arrivo sul fronte anticorruzione, sono appena “257 i detenuti con pene passate in giudicato per” questo tipo di reati. L’ex sindaco di Firenze ha definito questa cifra “inaccettabile”, inaccettabile a fronte di una popolazione carceraria di circa 50mila persone.

E allora, tra le novità promesse da Renzi, pene minime più alte; prescrizione più lunga; sequestro dei beni più semplice e certezza di scontare la condanna “sino all’ultimo giorno e all’ultimo centesimo”. Così che “anche se patteggi – per usare le parole del premier – un po’ di carcere lo fai”. Ma come ha riconosciuto e sottolineato Renzi, le norme sono inutili senza una “rivoluzione culturale”. Insomma più galera e meno bottino garantito per chi ruba soldi pubblici. Dovrebbe essere legge già da domani, già dal prossimo Consiglio dei ministri. Un po’ chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Un po’ però anche chiuderla dopo che tutti finora, di riffa o di raffa l’hanno lasciata aperta. Determinado appunto quella situazione di fatto per cui chi ruba soldi pubblici, politici, amministratori, manager, funzionari, imprenditori, professionisti, operai, impiegati, medici, infermieri, avvocati…di galera ne fa poca o nulla.

Amara ma vera considerazione perché, come è assolutamente vero che le pene inflitte a corrotti e corruttori italiani sono evidentemente troppo lievi, è altrettanto vero che la corruzione troppo poco è considerata nel sentire comune del nostro Paese un delitto. Non è però solo una questione di corruzione, ma di cultura della legalità. Cultura sconosciuta o quasi ad una buona fetta di italiani.

E non solo a quelli considerati e definiti “casta”, ma a tutti, commercianti e lavoratori dipendenti compresi. Mancanza di cultura che fa da terreno di coltura per la corruzione, sostrato dove corrotti e corruttori possono muoversi senza vergogna, e quindi senza quel freno sociale che è l’accettazione o meno da parte degli altri, e soprattutto con buona certezza di non essere denunciati.

Le cronache dell’inchiesta “Mondo di Mezzo” ne sono un ottimo esempio. E non tanto per il monte di reati che ne sono emersi, ma per il modus operandi dell’organizzazione. Dalle conversazioni intercettate non emerge infatti mai nemmeno una lontano eco di paura quando bisogna “avvicinare” il politico di turno: l’ipotesi che questo, come si dice a Roma, “chiami le guardie” non viene nemmeno presa in considerazione.

Il rischio massimo è che l’uomo puntato non accetti. Tutto qui. Purtroppo la questione ha i contorni tipici del cane che si morde la coda: senza norme più dure ci sarà sempre poca paura, ma senza condanna sociale ci sarà comunque accettazione nonostante le norme. Difficile immaginare paesi dove, per una colf pagata in nero 20 anni prima, si bruciano carriere politiche e si rischia, concretamente, il carcere. Da noi, al massimo, sarà colpa di amicizie e collaborazioni sbagliate. Comunque il governo ha promesso: per chi ruba soldi pubblici mai più “patteggiamento” e subito fuori senza galera e mai più tira e molla nel restituire il bottino, confisca immediata dei beni. Meglio di niente, si vedrà al prossimo consiglio dei ministri se c’è un po’ di meglio o si tornerà al niente.