Lista Falciani, in Italia carta straccia. E’ reato pure avercela

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 10 Febbraio 2015 - 14:19 OLTRE 6 MESI FA
Lista Falciani, in Italia carta straccia. E' reato pure avercela

Totò nel film I due colonnelli (foto Wikipedia)

ROMA – “Ci si pulisca il culo!”, rispondeva Totò all’ufficiale tedesco che gli chiedeva di aprire il fuoco su dei civili inermi, riferendosi alla ‘carta bianca’ che la camicia bruna rivendicava di aver avuto dal comando militare. E più o meno la stessa risposta potrebbero dare gli eventuali evasori, magari totali e per milioni di euro, ai finanzieri che gli contestassero un reato sventolando la famosa ma in Italia inutile lista Falciani. La lista infatti nel nostro Paese è carta straccia. E quindi, per quanto colorita, la risposta di Antonio De Curtis nel film ‘I due colonnelli‘ è probabilmente la più adatta a descrive la fine che quella lista in Italia può fare.

Milioni di euro, tanto hanno recuperato i paesi che hanno pizzicato i loro cittadini allergici al fisco grazie alla lista di clienti della banca Hsbc rubata dall’ex impiegato Hervé Falciani. Le autorità inglesi, tanto per dire, hanno scoperto che 3.600 nomi, su 5 mila di cittadini britannici presenti nell’elenco, non erano in regola con il fisco, riuscendo a recuperare 135 milioni di euro di imposte arretrate. In Spagna, andando avanti, si è raccolto molto di più: 220 milioni, un vero record anche rispetto ai 188 milioni recuperati da Parigi.

E in Italia? Una prima inchiesta era già stata avviata dalla procura di Torino nel 2010. Dal capoluogo piemontese le carte sono state poi trasmesse ad altre 120 procure e, secondo la Guardia di Finanza, a fronte di 5.439 nominativi di italiani segnalati ai suoi reparti, sono stati conclusi 3.276 interventi ispettivi, con la constatazione di elementi positivi di reddito non dichiarati per quasi 742 milioni di euro e per 4,5 milioni di iva. Tanti, sì, ma recuperati davvero solo 30, e nessun rinvio a giudizio. Una miseria in realtà.

Questo perché la lista Falciani da noi non vale. E’ esattamente così: quella lista, visto che è stata sottratta in modo fraudolento alla banca svizzera, non vale come prova nei tribunali italiani. E prima di qualsiasi obiezione da parte del lettore, nemmeno ottenerla tramite rogatoria da uno stato estero, come ad esempio la Francia, monda la lista dal suo peccato originale. E’ stata rubata e quindi non vale. E se non bastasse, chi ne è in possesso rischia sino a 6 anni di carcere, 7 se pubblico ufficiale. Finanziere avvisato…

Un eccesso di garantismo, è evidente. E non solo perché così si perde dal punto di vista economico, non riuscendo a recuperare nulla o quasi dell’evaso, ma perché si finisce con l’avere una legislazione sbilanciata dalla parte dei colpevoli. Come spiega Paolo Baroni su La Stampa, “l’articolo 240 del codice penale è molto chiaro: i dati contenuti in liste ottenute illegalmente non sono utilizzabili come elemento di prova”. E questo anche in funzione del scandalo Telecom-Pirelli, “dal 2006 – continua Baroni – in seguito al citato scandalo sulle intercettazioni abusive e il dossieraggio illegale praticato dalla security del gruppo, i documenti riservati ottenuti per via illegale per legge non si possono utilizzare”. E anzi, vanno anche distrutti.

Con un sostanziale buco nell’acqua si risolse infatti anche il precedente di Vaduz. In quel caso, era il 2008, 390 nomi per 1.3 miliardi di euro. E se non bastassero le garanzie per gli evasori, dobbiamo aggiungere la spada di Damocle della prescrizione. Una spada che tra l’altro le nuove norme che il governo si appresta a varare in materia rischiano di far cadere molto più velocemente di quanto sino ad ora accaduto. Oggi i termini per gli accertamenti fiscali di tipo penale sono infatti di 8 anni. Ma nella legge delega sul tavolo del Consiglio dei Ministri i termini siano dimezzati e scendono a 4 anni.

L’Agenzia delle Entrate, informalmente, nelle scorse settimane ha fatto presente che con la sforbiciata dei termini di prescrizione si sarebbero creati grossi problemi alle indagini, ma le sue proteste sono rimaste inascoltate. Ed oltre alla vicenda della lista Falciani che riferisce di depositi datati 2006, c’è poi un problema più generale, di prospettiva, visto che in questo modo si complica in maniera esponenziale la vita ai magistrati chiamati ad indagare sugli evasori fiscali. E come l’ex ministro Vincenzo Visco ha segnalato, non solo sarebbe molto più complicato istruire i processi, ma questo cambiamento rischia di provocare una perdita di gettito davvero ingente, una perdita sia immediata e poi permanente di molti miliardi in quanto verrebbero vanificati moltissimi accertamenti.

A non farci sentire il Paese di Bengodi degli evasori, che comunque rimaniamo se paragonati a luoghi alieni come la Germania, capace di usare di servizi segreti per stanare i grandi evasori, o il Belgio, che ha addirittura minacciato di emettere mandati d’arresto internazionali per i vertici della banca elvetica, l’accordo appena concluso con la Svizzera. Accordo in virtù del quale lo scambio d’informazioni tra le banche di Berna ed il fisco italiano sarà semplice e legale e perché è stato introdotto il reato di autoriciclaggio. Certo, questo vale per il futuro…