De Magistris fa peggio di Berlusconi: “Io eletto, si dimettano i giudici”

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 26 Settembre 2014 - 13:59 OLTRE 6 MESI FA
De Magistris bacia le reliquie di San Gennaro

De Magistris bacia le reliquie di San Gennaro

NAPOLI –Si raccontava, si è raccontato come il nemico e l’alternativa ai “politici”. Io sono la giustizia che non guarda in faccia a nessuno era il racconto che Luigi De Magistris per anni ha fatto di se stesso, ci ha ftto sopra anche una campagna elettorale, ci è diventato sindaco raccontandola così. Poi, da quando la giustizia  lo ha condannato con sentenza di primo grado, sparge lacrime indignate sulla giustizia che non lo ha rispettato e risparmiato in quanto…politico. Luigi De Magistris colpito da sentenza avversa fa come un Previti, un Berlusconi, un Penati. Fa come un politico, dichiara la sentenza “politica” e quindi persecutoria. E quindi da non rispettare. Che pena lo spettacolo del suo concionare sulla “sentenza vergogna” e il suo “se mi sospendono farò il sindaco nelle strade”. Triste spettacolo di un uomo tutt’altro che “verticale” come avrebbe detto Sandro Pertini.

Tutti, proprio tutti, dal presidente del Senato Pietro Grasso e giù fino all’amico politico Marco Travaglio, lo invitano, lo pressano a dimettersi da sindaco. Dimettersi perché c’è una legge, la Severino, che dice che dopo sentenza così si deve fare. Dimettersi perché un sindaco non può essere condannato per abuso d’ufficio e quindi per aver imbrogliato le carte da pubblico ufficiale. Ma De Magistris no, lui fa insieme l’azzeccargabugli che contesta l’interpretazione della legge  (proprio come ha fatto Berlusconi dinanzi alla stessa legge), lo gnorri che la legge ignora e, quel che è peggio, la vittima di un complotto.

Senza esitazioni e senza misura rovescia la frittata: “Si dimettano i giudici che hanno emesso la sentenza”. Fantastico, l’uomo che voleva sentenze per tutti, inchiodare tutti a sentenze, da Prodi  a Mastella passando per l’intera Forza Italia, ora dichiara che la sentenza, se riguarda lui, se tocca se stesso, non vale. Non vale, non si applica ed è sentenza schifezza perché De Magistris è l’unico giudice, tribunale e giustizia. Why not si chiamava la più nota delle sue inchieste quando era magistrato, why not, cioè perché no?  Già, perché no, perché mai De Magistris non dovrebbe dimettersi da sindaco lo sa solo lui.

“La legge è uguale per tutti”, recita il motto che campeggia in tutte le aule di tribunale d’Italia. E chi meglio di un magistrato, che in quelle aule lavora e passa buona parte del suo tempo, dovrebbe saperlo? Apparentemente nessuno, ma non è questo evidentemente il caso di Luigi De Magistris, ex magistrato ora sindaco di Napoli che, condannato in primo grado, twitta “non mollo”. Eppure la legge, quella uguale per tutti, prevede per casi come questo la sospensione dell’incarico.

Ma andiamo per gradi. Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi, il consulente informatico cui si affidò l’attuale sindaco di Napoli quando da magistrato conduceva l’inchiesta Why Not, sono stati condannati in primo grado ad un anno e tre mesi. Condannati per abuso d’ufficio per aver violato la legge Boato, legge che stabilisce che per avere un tabulato telefonico di un parlamentare occorre l’autorizzazione del Parlamento. Condannati cioè per aver intercettato senza autorizzazione una serie di parlamentari. E nel processo si sono costituiti come parti civili Romano Prodi, Francesco Rutelli, Sandro Gozi, Clemente Mastella, Giancarlo Pittelli, Antonio Gentile. Tutti parlamentari. Anzi, fu proprio l’avvocato Pittelli, allora di Forza Italia, a presentare denuncia alla Procura di Roma depositando le carte della inchiesta Why Not di De Magistris.

La condanna, per non scontentare i garantisti, va ricordato non essere definitiva. De Magistris ha poi già annunciato che presenterà appello e, ad onor del vero, come riconosce e sottolinea Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa, “la sentenza è tutt’altro che granitica, sia a livello di prove che di configurazione del reato, tanto che la Procura aveva chiesto l’assoluzione, quindi non è esclusa” una futura assoluzione.

Ma, ad oggi ed al netto di queste considerazioni, Luigi De Magistris è un condannato. Un condannato che non andrà in prigione, esiste la sospensione per condizionale, e che non è per ora nemmeno interdetto dai pubblici uffici. Ma esiste una legge, relativamente recente, che riguarda tutti i condannati, compresi quelli di primo grado. Ed è quella legge che non solo i magistrati ma anche i sassi ormai conoscono: la legge Severino, quella che ha fatto decadere Silvio Berlusconi da senatore. Alzi la mano chi non ne ha mai sentito parlare.

“Il testo normativo non lascia dubbi di sorta: l’articolo 11 prevede per il sindaco che viene condannato, anche con sentenza non definitiva del reato di cui all’articolo 323 C.P. (abuso d’ufficio), la sospensione d’ufficio dalla carica”.  Non lascia spazio a dubbi od interpretazioni il presidente della Giunta delle elezioni delle immunità parlamentari del Senato, Dario Stefàno, il parlamentare che ha guidato i lavori di prima applicazione della legge Severino nel caso che ha riguardato la decadenza da senatore di Berlusconi, nell’interpretazione del caso De Magistris.

La sospensione – prosegue –  può durare al massimo 18 mesi. Quali precedenti possiamo richiamare il decreto del prefetto di Brindisi del marzo 2014, con cui è stato sospeso il sindaco di Fasano, ma anche quello del prefetto di Latina del 31 ottobre 2013, che aveva sospeso il Presidente della Provincia di Latina”. “Altra questione – conclude – è la vicenda dell’eventuale pena interdittiva ai pubblici uffici, che segue una logica del tutto diversa. Due piani differenti che vengono confusi. Ma la norma è chiara”.

Ma chiara non appare al diretto interessato che, all’indomani della sentenza, ha riunito il suo staff a Palazzo San Giacomo per esaminare le ripercussioni politiche e soprattutto giudiziarie della decisione dei suoi ex colleghi . Incontro da cui è stato partorito il cinguettio: “Non mollo, resisto”.

La questione giuridica è ora nella mani del prefetto, cui la legge attribuisce il potere di accertare l’esistenza della “causa di sospensione”. Gli avvocati del sindaco stanno ragionando e potrebbero opporsi al prefetto con un ricorso al Tar. La sospensione “congelerebbe” De Magistris, ma non farebbe cadere la giunta, che resterebbe in vita, seppur “decapitata”.