Martina Levato, non si toglie a figlio primo sorriso madre

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 17 Agosto 2015 - 12:43 OLTRE 6 MESI FA
Martina Levato, non si toglie a figlio primo sorriso madre

Martina Levato, non si toglie a figlio primo sorriso madre (foto Ansa)

ROMA – Martina Levato, la madre, e Alexander Boettcher, il padre, hanno ottime probabilità di fronte alla psichiatria e alla giustizia di non risultare buoni genitori. Martina, la madre, non ha commesso reati contro il patrimonio, furti, scippi, truffe, bancarotte…che nulla interferiscono con la funzione genitoriale. Martina, la madre, oltre che un bimbo ha concepito anche l’ossessione, il piano e il crimine di punire, cancellare, sfregiare chi con la sua sola esistenza mettesse ombra alla sua “purezza”. E in questo delirio psicotico ha coinvolto Alexander, il padre. Non sgomenta e non sconvolge quindi l’idea che il loro bambino, il loro figlio possa essere dato in adozione e non affidato a loro.

Adottabile quindi, forse, il neonato se così riterranno i giudici e i consulenti nell’interesse del bambino. Fin qui giustizia amministrata e buon senso procedono paralleli (il senso comune è altra cosa e lasciamolo perdere che questo di senso è quasi sempre in errore e non di rado in orrore).

Ma al contrario, molto al contrario, è stata fatta cosa che non andava fatta e che lascia ora sospettosi, giustamente sospettosi, nei confronti della giustizia amministrata nei Tribunali. A quel bambino, a quel neonato, a a quell’umano letteralmente appena nato è stato sottratto, negato, impedito il primo sorriso della madre, il primo sguardo della madre, la prima poppata, il primo odore. Al bambino è stato tolto quello che era suo diritto. Al bambino, non alla madre.

Ha detto chi ha così deciso in nome della giustizia che così andava fatto per “non creare aspettative” e “non pregiudicare” la decisione dei giudici che dovranno decidere “in piena libertà” sull’adottabilità o meno del bimbo. Se il neonato, è il ragionamento, avesse avuto contatti con la madre, allora si sarebbe precostituito una sorta di affidamento di fatto alla donna e si sarebbe resa impervia la decisione, eventuale e forse corretta, di dare il bambino in adozione, di darlo ad altri e non a genitori così in grado di costituire un pericolo e non una garanzia per il piccolo. Ragionamento che si può seguire nel suo svolgersi. ragionamento che non si può condividere nei suoi effetti.

Il diritto dei giudici a decidere sull’adozione o meno “in piena libertà” è nulla, polvere, fanghiglia rispetto al diritto del neonato al primo sorriso della madre. Il diritto della giustizia a decidere nell’interesse del minore ha l’obbligo di esercitarsi senza recare danno al minore, altrimenti non è diritto. E danno al minore è stato recato: gli è stata amputata senza rimedio l’esperienza irripetibile visiva, gestuale, olfattiva, nutrizionale che si ha con la donna che ti ha partorito. Un danno senza remissione e risarcimento. Un danno inflitto volutamente ignorando quel che pur la scienza in parte sa e in parte intuisce: l’univocità di quella esperienza.

Non si toglie ad un figlio il primo sorriso della madre. Non si fa. E non perché Martina Levato abbia in assoluto e comunque il diritto a tenersi quel figlio. Quel bambino potrà anche essere dato in adozione e questo potrà anche essere giusto, fatto a sua salvaguardia. Magari in adozione ai nonni. O forse anche ad altra famiglia. Ma impedire che mamma e figlio si tocchino nel primo momento della nuova vita sarà anche a termini di legge ma è scientificamente, razionalmente crudele. Il cuore non c’entra, basta la ragione a sostenerlo. La ragione, la razionale ragione che sa che ci sono infinitamente più cose in cielo, in terra e tra gli umani di quante non ve ne siano in un Codice di diritto penale o civile.