Scuola, quanto lavorano i prof? Dipende…dai prof. C’è chi dice 1759 ore

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 3 Dicembre 2012 - 15:16 OLTRE 6 MESI FA
Insegnanti: quante ore lavorano all’anno? (LaPresse)

ROMA – Millesettecentocinquantanove ore l’anno. Tanto lavorano, secondo il calcolo fatto da un gruppo di insegnanti della scuola Quintino di Vona di Milano, i prof italiani. Tanto o poco, ma soprattutto, vero o falso? Il problema è proprio questo, cioè che, in realtà, sapere davvero quante ore lavorano gli insegnanti italiani è praticamente impossibile. Leggi: Insegnanti: 24 ore in cattedra, 6400 precari a casa.

Il lavoro dei prof infatti non è sottoposto a nessuno strumento di valutazione, così come il tempo che dedicano alla loro attività non è assolutamente monitorato. Una libertà, in questo caso forse un eccesso di libertà, che porta alcuni a lavorare persino più di quanto calcolato dagli insegnanti milanesi, ma altri a fare solo quello che si dice il minimo indispensabile. Una libertà che è l’altra faccia della medaglia delle basse retribuzioni di cui i prof si lamentano.

“Oggi, la scuola è complessa. E non per i compiti da correggere, o le lezioni da preparare: quelli c’erano anche ‘una volta’. Oggi, a scuola, si creano i progetti, tanti progetti. Oggi, alle medie, sei a scuola tutto giugno, e dal primo settembre. Tante vacanze? Sì, ma lavori di più. Quando? I sabati e le domeniche, per esempio. Tuo marito ti guarda basito, e solo allora capisce. Protesta, ma dai usciamo. No, non si può: sono un’insegnante… se lunedì non riporto i temi, poi chi li sente? (…) Il punto è che noi, normali, non siamo. Diversamente anomali. Trattati come liberi professionisti, pagati come operai. (…) Ci siamo presi la libertà di scrivere qualche numero. Abbiamo calcolato… quanto lavora un prof”.

Questo scrivevano Rossana Bruzzone e Maria Antonia Capizzi, in rappresentanza di un gruppo di insegnanti della scuola secondaria di I grado Quintino Di Vona, nella lettera pubblicata dal Corriere della Sera. E poi giù numeri: 18 ore settimanali di lezione frontale, cioè in classe; 306 ore l’anno per preparare le lezioni; 48 per la preparazione delle verifiche; 40 di colloqui con le famiglie ma anche 34 per la lettura delle circolari. Una sorta di minestrone di ore il cui risultato finale è appunto 1.759 ore annue, cioè 40 settimanali con luglio e agosto di ferie o 38,2 considerando 30 giorni di vacanza come la maggior parte dei lavoratori.

Ognuno può provare a giudicare e valutare: certamente pensare che l’orario di lavoro sia solo le 18 ore settimanali di lezione è fare grosso torto agli insegnanti, ma davvero servono 306 ore l’anno, ben più di un’ora al giorno, festivi e vacanze compresi, insomma un paio d’ore al giorno almeno per “preparare le lezioni”? Molta parte di queste lezioni non dovrebbe già essere nel bagaglio culturale e cognitivo di chi insegna? Di certo la suscettibilità sociale e sindacale degli insegnati è altissima: non l’hanno perdonata al governo quella di tentarte di farli lavorare due ore in più a settimana, l’hanno preso come un atto di aperta ostilità. E quando poi Monti ha detto che nella scuola c’è “corporativismo conservatore” è saltato il tappo della radicata indignazione, e anche quello della “coda di paglia” sindacale.

“I continenti vanno alla deriva quindi cambiano anche gli atlanti; Platone, Dante, Pascoli, Manzoni, Carducci ogni anno pubblicano nuovi testi; l’anno prossimo Cesare varcherà ancora il Rubicone?” Commentano con sarcasmo i lettori del Corriere che, per lo più, non condividono l’analisi fatta dalle insegnanti milanesi ironizzando soprattutto sulle ore dedicate alla preparazione delle lezioni. Ma se l’immagine del professore fannullone o che comunque lavora poco fa ormai parte, vera o falsa che sia, dell’immaginario italico, altrettanto radicata è in noi l’immagine della scuola che non funziona.

“Ma siete mai stati in una scuola italiana? Io per assemblare i testi da presentare per un modulo sulla poesia amorosa del ‘900 ho impiegato un pomeriggio di ricerche. Come potrei farlo a scuola senza computer, senza testi adeguati, senza i miei libri, i miei appunti, il mio schedario? Dimenticavo, tutto rigorosamente pagato da me e non detraibile dalle tasse”.

Parlando di professori e di scuola, mai come in questo caso la citazione latina è calzante, e se In medio stat virtus anche in questo caso, la verità sta a metà strada tra il calcolo fatto dalle prof milanesi e gli sberleffi che la Rete gli ha regalato. Nel calcolo delle due insegnanti sono inserite anche alcune voci che, per usare un eufemismo, si potrebbero definire tirate per i capelli, ma è vero che il lavoro dei professori non finisce con le 18 ore settimanali di cattedra, o almeno non dovrebbe. Non esistendo infatti nessun vincolo, nessun controllo e nessuna valutazione degli insegnanti, questi possono, quanto dotati di senno e senso del dovere, dedicare al loro lavoro anche più di quanto stimato nella lettera che ha dato il via al dibattito. Ma anche clamorosamente meno. La verità è che ogni prof lavora, più o meno, quanto ritiene necessario a suo insindacabile giudizio. Ed è proprio qui la radice, non la causa, del grande limite e zavorra della professione dell’insegnante in Italia.

Per anni nel nostro Paese si è costruito più o meno scientemente un quadro dove i professori erano assolutamente liberi da qualsivoglia valutazione del loro operato, liberi dal doversi aggiornare e con pochi se non pochissimi impegni lavorativi “certificati”. In cambio si sarebbero e si sono accontentati di stipendi ben al di sotto dei loro colleghi europei ma comunque certi e uguali per tutti. In questo confine stretto chi ha voluto, e sono stati tanti, ha lavorato molto e molto si è aggiornato. Chi non ha voluto non lo ha fatto e non ha pagato per questo nessun dazio, tanto meno in termini di carriera e stipendio.

Gli insegnanti milanesi che hanno fatto il conto lo hanno fatto certamente in buona fede ma sapranno, altrettanto certamente, che ci sono colleghi loro che lavorano meno. Sarebbe sensato quindi pagare meglio chi più lavora e meno chi dedica invece alla professione poco più delle 18 ore settimanali di cattedra. E questo lo si può fare solo a condizione che degli insegnanti venga valutato il merito, a condizioni che si creino delle differenze dove i più preparati sono premiati e e gli scansafatiche puniti. Quante ore lavorano davvero i prof? Dipende, dipende dai prof, ciascuno diverso dall’altro. E far finta che siano uguali, tutti sommersi dalle 1759 ore, non è una buona lezione.